Senegal: pace, giustizia e amnistia, un’equazione forzata

di Valentina Milani

Di Céline Camoin

Com’è possibile che un capo ribelle condannato in contumacia soltanto due mesi fa all’ergastolo per una strage, sia stato – e lo si è appreso soltanto nei giorni scorsi – il capo negoziatore di colloqui di pace, fino alla firma di un accordo, ottenendo persino il plauso delle autorità. È probabilmente, come commenta il giornale senegalese Le Quotidien, il prezzo da pagare per la pace.

Stiamo parlando infatti di Senegal e del decennale conflitto a bassa intensità nella regione meridionale della Casamance. E di Cesar Atout Badiat (anche scritto Atoute Badiatte, o Badiate), capo di una delle due principali fazioni ribelli, quella considerata meno radicale, che a nome di cosiddetto “Comitato provvisorio delle ali politiche e combattenti del Mfdc” è stato protagonista, pochi giorni fa, della firma di un trattato di cessate il fuoco e di pace raggiunto a Bissau.

Lo stesso Badiat era stato condannato all’ergastolo ai primi di giugno dalla giustizia senegalese nell0ambito del processo per la strage di Boffa Bayotte. Processato in contumacia, il leader dei ribelli è stato condannato per associazione a delinquere, partecipazione a un movimento insurrezionale, omicidio e complicità nell’assassinio. Così come i coimputati giornalista René Bassène e Oumar Ampoi Bodian, presentato come membro del movimento indipendentista.

“Con la firma di un accordo di pace, lo Stato e il Movimento delle forze democratiche di Casamance (Mfdc) hanno capito che tutte le guerre finiscono attorno a un tavolo. Firmatario dell’accordo a nome delle fazioni unificate della ribellione, il generale è braccato dalla giustizia. È oggetto di un mandato d’arresto emesso dal giudice della Camera Penale dell’Alta Corte di Ziguinchor, nell’ambito delle uccisioni di Boffa-Bayotte”, sottolinea le Quotidien. Secondo questa lettura quindi, sarebbe stata proprio la condanna l’esca per costringere Badiat a scendere a patti per porre fine alla ribellione nella ricca regione granaio del Paese.

D’altro canto, il fatto di aver negoziato con il governo, e di aver raggiunto un’intesa, dimostra bene che il capo ribelle era ben in contatto con le autorità, e che probabilmente beneficerà di un’amnistia, o di una sospensione della pena.

Infatti, come evidenzia il giornale, lo Stato ha promesso di fornire tutte le garanzie necessarie per la sicurezza dei combattenti che depongono le armi.

La strage nelle foreste di Boffa Bayotte, in Casamance, avvenuta nel 2018, quando quattordici taglialegna sono stati brutalmente assassinati. L’Mfdc non ha mai rivendicato l’uccisione e ha sempre respinto le accuse.

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