Conflitto Israele-Hamas, perché l’Africa si divide?

di claudia

di Claudia Volonterio

La guerra tra Hamas e Israele, che si sta consumando da poco più di una settimana in Medio Oriente, ha visto reazioni polarizzate da parte dei Paesi africani, a sostegno di uno o dell’altro. I governanti del continente non hanno assunto una posizione unica ma si sono schierati in diverso modo. Alcuni apertamente a sostegno di Israele, come Zambia, Ghana e Repubblica Democratica del Congo, altri a favore della causa palestinese, come Sudafrica, Marocco e Algeria. Ma perché un continente che ha subito il peso del colonialismo e storicamente più allineato a sostegno della causa palestinese, è ora diviso?

A pochi giorni dallo scoppio della guerra tra Hamas e Israele, l’Africa è divisa e schierata su fronti opposti. Nel continente si susseguono accesi dibattiti sul conflitto. Nel Nord Africa predomina una posizione nettamente filo palestinese retta da stati come Algeria e Tunisia. Più complessa e cauta la posizione del Marocco che – spiega la medesima fonte- si sta muovendo verso rapporti diplomatici con Israele a seguito degli Accordi di Abramo. Il Paese ha espresso preoccupazione per la situazione a Gaza e ha chiesto l’immediata cessazione della violenza.

Kenya, Zambia, Ghana e Repubblica Democratica del Congo sono tra le altre nazioni africane che si sono allineate alla posizione di Israele. Una polarizzazione che fa discutere i Paesi africani divisi su questo conflitto.

A questo proposito il media Al Jazeera ha pubblicato di recente un interessante editoriale in merito, facendo emergere le motivazioni profonde alla base di queste divisioni. “Perché un continente che per secoli ha subito le peggiori devastazioni del colonialismo e del razzismo e che storicamente, per la maggior parte, ha sostenuto la Palestina, è ora diviso?”. Da questo interrogativo parte una riflessione che tocca diversi piani, sociali, politici ed economici.

Le motivazioni dietro al posizionamento a sostegno di uno o dell’altro hanno a che fare sia con ragioni storiche, sia con gli interessi (economici e politici) che ciascun Paese africano ha nei confronti di Israele o con il movimento palestinese. L’allineamento con Israele riguarda, secondo gli esperti, con gli aiuti economici, tecnologici, militari e commerciali che Tel Aviv ha intercorso negli ultimi anni con alcuni Paesi del continente.

Se la maggioranza dei Paesi africani dopo aver raggiunto l’indipendenza negli anni Sessanta non si sintonizzò particolarmente con il nuovo stato d’Israele, simpatizzando piuttosto con la causa dei palestinesi “sradicati dalle loro terre e dalle loro case nel 1948” – spiega Al Jazeera – oggi la situazione è nettamente cambiata.

Quasi la totalità dei paesi africani – 44 su 54 – riconosce lo stato di Israele e quasi 30 hanno aperto ambasciate o consolati a Tel Aviv. Israele si è rivelato un punto di riferimento importante nel ambito agricolo per alcuni paesi del continente, alle prese con la siccità e fenomeni climatici estremi e carestie. “Alla base di alcuni accordi tra paesi africani e Tel Aviv ci sono anche interessi commerciali e di sicurezza” sottolinea Alhadji Bouba Nouhou, docente all’Università di Bordeaux. “I paesi africani stanno reagendo in base ai loro interessi”, ha commentato a Semafor il dottor Xavier Ichani, ricercatore di relazioni internazionali, conflitti e studi strategici presso la Kenyatta University di Nairobi.

Tra le motivazioni politiche, il media Semafor mette in luce la solidarietà a Israele di Kenya e Ghana a ragione della loro alleanza con gli Stati Uniti. La posizione del Kenya, sottolinea la stessa fonte, è molto netta. Il presidente Ruto ha chiesto alla comunità internazionale di agire contro “gli autori, gli organizzatori, i finanziatori, gli sponsor, i sostenitori e i facilitatori” di quelli che ha descritto come atti criminali di terrorismo.

L’Algeria è stata uno dei principali critici di Israele. Secondo Zine Labidine Ghebouli, ricercatrice del Consiglio Europeo per le Relazioni Estere (ECFR), questo posizionamento dell’Algeria risale a fatti storici come la Dichiarazione di Indipendenza Palestinese del 1988 ad Algeri e alla storia dell’Algeria sotto il colonialismo francese.

Uno dei Paesi africani più nettamente schierati a favore della causa palestinese all’indomani del conflitto è, secondo Al Jazeera, il Sudafrica. Le motivazioni trovano traccia nella storia. Dopo l’apartheid il Paese arcobaleno ha sostenuto più di altri nel continente la lotta della Palestina. Basti pensare a Nelson Mandela che ha sempre sottolineato “parallelismi tra la lotta dei neri sudafricani contro il dominio bianco e quella dei palestinesi contro l’occupazione israeliana”. Paragone poi portato avanti anni dopo da gruppi a favore dei diritti umani. A sostegno di questa presa di posizione, proprio sabato, riporta Al Jazeera, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha ribadito in una dichiarazione il sostegno storico del suo Paese alla causa dei palestinesi definendola una “giusta lotta”, mostrandosi con una kefiah sulle spalle di fronte a una folla di persone che sventolava piccole bandiere palestinesi.

Il Sudafrica si proposto inoltre nei giorni scorsi come mediatore nel conflitto tra Israele e i movimenti palestinesi. Cyril Ramaphosa ha invocato un cessate il fuoco immediato e ha detto che il suo Paese può attingere “alla propria esperienza” nella risoluzione dei conflitti in Africa e non solo. ll presidente sudafricano ha detto che le atrocità contro i civili sono profondamente preoccupanti e ha chiesto l’apertura immediata e incondizionata di corridoi umanitari per raggiungere le persone bisognose.

In molti in Africa, anche chi non si è schierato nettamente, chiedono ora un cessate il fuoco e un dialogo tra le parti, sostenuti da Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione Africana: “Il Presidente lancia un appello urgente ad entrambe le parti affinché pongano fine alle ostilità militari e ritornino, senza condizioni, al tavolo dei negoziati.”

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