Urne aperte in Madagascar per una controversa elezione presidenziale

di claudia
Andry Rajoelina

di Céline Camoin

Soltanto tre candidati sono de facto in gara per l’elezione presidenziale di oggi in Madagascar: il capo di Stato uscente Andry Rajoelina (nella foto), diretto verso una vittoria scontata se sarà convalidato il controverso processo elettorale, l’attuale presidente dell’Unione africana di judo, Siteny Randrianasoloniaiko, ritenuto un avversario di facciata, e il pressoché sconosciuto Sendrison Daniela Randeranirina.

Atri 10 candidati, tra cui figure di peso della politica malgascia come gli ex presidenti Marc Ravalomanana e Hery Rajaonarimampianina, hanno creato un’inedita coalizione che si oppone allo svolgimento delle elezioni e chiede alla popolazione di non recarsi alle urne.

Le tensioni pre-elettorali registrate finora fanno temere a chi sta sul posto una deriva, logica conseguenza, verso un esito violento di questa spinosa marcia quasi forzata verso le elezioni.

Nel mirino dei promotori del fronte anti-elezione, troviamo tra l’altro la Commissione elettorale (Ceni), ritenuta impreparata, un registro di elettori che una missione di verifica ha dichiarato inadatto e irregolare, e l’Alta corte costituzionale, ritenuta troppo parziale a favore di chi gestisce il Paese, ovvero il clan Rajoelina e la sua rete di affaristi. Eletto nel 2007 sindaco della capitale, e salito sul trono presidenziale nel 2009 con un golpe contro Ravalomanana, Rajoelina ha un background nel business che non ha mai abbandonato. I suoi detrattori lo accusano di coprire loschi traffici attraverso società che agiscono nel riciclaggio. Uno dei suoi più fedeli consiglieri è l’uomo d’affari Mamy Ravatomanga, uno dei più ricchi del Paese.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata “la scoperta che nel 2014, il presidente Andry Nirina Rajoelina, classe ’74, ha acquisito la nazionalità francese per naturalizzazione mentre era ancora presidente della Transizione. Tuttavia, l’articolo 42 del Codice della nazionalità malgascia sancisce che : “L’adulto malgascio che acquisisce volontariamente una nazionalità straniera perde la nazionalità malgascia”; ciò significa che dal momento in cui è soddisfatta la condizione dell’articolo 42, vale a dire la richiesta volontaria di un’altra nazionalità da parte di un adulto malgascio, egli cessa di essere malgascio, indipendentemente dal fatto che la nazionalità malgascia gli sarebbe stata attribuita alla sua nascita o se era stato acquisito durante la sua esistenza”, spiega da Antananrivo una fonte della società civile che conosce bene la realtà politica del proprio Paese. “pertanto, non solo non avrebbe dovuto candidarsi alla magistratura suprema nel 2018, ma l’Alta Corte Costituzionale avrebbe dovuto respingere la sua candidatura sia nel 2018 che nel 2023”, precisa la fonte di InfoAfrica, che preferisce mantenere l’anonimato per motivi di sicurezza.

L’opposizione denuncia infatti forti pressioni da parte di chi ha il potere per mettere a tacere le voci dissidenti. Diversi attori politici hanno dovuto scegliere l’esilio, a fonte di minacce di arresti e di altro tipo.

Rolland Hubert Rasoamaharo, detto Lola, dirigeva il quotidiano indipendente La Gazette de la Grande Ile, che le autorità hanno fatto chiudere. Lola è finito in carcere. Era stato il suo giornale a far trapelare pubblicamente i primi dubbi sulla cittadinanza di Rajoelina. A marzo scorso, il direttore è stato ufficialmente imputato per tentativo di estorsione di denaro, diffamazione, minacce e illazione.

La ricercatrice in scienze politiche Christiane Rafidinarivo, in un articolo su le Grand Continent, afferma che “il mandato del presidente Rajoelina dal 2019 al 2023 è caratterizzato dalla repressione ricorrente di manifestazioni in luoghi pubblici: manifestazioni, riunioni, incontri, eventi politici. Le autorizzazioni concesse sono rare e spesso all’ultimo minuto. Quelli che hanno luogo in luoghi privati, in particolare appartenenti agli stessi partiti politici e che non necessitano di autorizzazione, vengono spesso impediti o dispersi. Questo regime di “non autorizzazione” arbitraria di fatto si irrigidisce nel periodo pre-elettorale, poi elettorale, diventando la regola per decreto, mentre autorizzazioni formali e informali vengono concesse alle manifestazioni del candidato Andry Rajoelina. Ciò è regolarmente documentato dai media nonostante la censura che prevale nei media pubblici sulle manifestazioni dell’opposizione, soprattutto in questo periodo elettorale.

Nei cinque anni dell’ultimo mandato di Rajoelina non sono mancati scandali di corruzione, ultimo dei quali ha coinvolto la direttrice di gabinetto presidenziale, Romy Voos Andrianarisoa, arrestata a Londra nel caso Gemfields. La società mineraria l’ha denunciata, insieme a suoi ‘soci’, per tentativo di corruzione.

La situazione economico-sociale per la maggioranza dei malgasci è lungi dall’essere soddisfacente. Come riferiscono le nostre fonti sul posto, i black out sono quasi quotidiani. Le aziende o piccole attività che non hanno un proprio generatore non riescono a lavorare in un’ottica di sviluppo. Il Madagascar è uno dei cinque paesi più poveri del mondo.

Il tasso di crescita macroeconomica, di circa il 4%, è considerato un successo per il presidente, ma dati della Banca mondiale del 2022 indicano un tasso di povertà del 75%. L’indice di sviluppo umano 2022 colloca il Paese al 173° posto su 191 Paesi.

Secondo fonti di Rfi, che pubblica un bilancio piuttosto negativo degli ultimi cinque anni, persino il settore del turismo stenta a ripartire, con un numero di visitatori ancora inferiore del 25% rispetto al 2019. Il settore economico e industriale sta soffrendo. La maggior parte dei progetti infrastrutturali realizzati non sono investimenti positivi per il Paese. Il rilascio dei permessi minerari è fermo. Il settore della vaniglia, in crisi. Nessuno dei due grandi progetti di produzione di energia idroelettrica, in cantiere da otto anni, è ancora iniziato, nonostante i diversi annunci fatti in tal senso. Uno di questi due progetti di dighe è addirittura completamente fermo da tre mesi: il consorzio di sviluppo (Neho) ha chiesto la risoluzione del contratto di concessione, dopo infinite rinegoziazioni tariffarie da parte dello Stato.

Oggi quasi 11 milioni di aventi diritto sono convocati alle urne. La prima sfida riguarderà la partecipazione al voto. Tra l’opposizione, c’è chi denuncia già manovre per un voto ‘pilotato’. Il tasso di partecipazione sarà un vero ago della bilancia.

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