Madagascar, cresce la tensione per le elezioni “Rimandiamole”: l’appello contro Rajoelina

di claudia
Andry Rajoelina

Sale la tensione in Madagascar in vista delle elezioni presidenziali previste tra una settimana. Mentre il presidente uscente Andry Rajoelina, 49 anni, amico di Francia e Cina, prosegue i suoi comizi spostandosi in elicottero da una regione all’altra della grande isola-nazione (la terrificante rete stradale non glielo consentirebbe), crescono i malumori nella piazza e nei ranghi dell’opposizione (divisa come non mai).

La campagna elettorale è stata segnata da manifestazioni di protesta represse con il pugno duro dalle forze di polizia, e due esponenti di spicco dei partiti di opposizione hanno subito attentati che li hanno feriti su cui la magistratura non è ancora riuscita a a fare piena luce.

Nella giornata di ieri, visto l’aumento della conflittualità nel Paese e per timore che il voto possa esacerbare la rabbia popolare, alle prese con una sempre più difficile situazione socio-economica, la presidente dell’Assemblea nazionale, ovvero del Parlamento, ha chiesto la sospensione del processo elettorale, a meno di sette giorni dal primo turno delle elezioni.

Christine Razanamahasoa, nella sua dichiarazione letta alla stampa, sostiene che “le elezioni attuali non sarebbero né libere, né trasparenti, né accettate da tutti”, quindi devono essere annullate.

L’annuncio – che certifica la rottura insanabile tra la presidente del’Assemblea e l’attuale governo – fa eco alla richiesta di annullare le elezioni firmata da quasi 60 organizzazioni della società civile e sindacati, e giunge al termine di una mediazione durata diversi giorni, con in coinvolgimenti di diversi attori della scena malgascia.

Numerosi osservatori internazionali riferiscono di una crescente situazione di tensione nel Paese, in particolare nella capitale Antanarivo. Ad alimentare la rabbia della piazza: il pauroso tasso di disoccupazione, l’impennata dei prezzi dei beni di prima necessità, la corruzione dilagante nella pubblica amministrazione, e la sempre più pressante repressione adottata dalle autorità contro le voci scomode della stampa, della politica, della società civile.

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