Senegal: conflitto in Casamance, a un passo dalla fine?

di claudia

L’esercito senegalese ha annunciato ieri di aver preso il controllo di cinque residue basi ribelli appartenenti al Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc) nel sud-ovest del Paese, lungo il confine con la Guinea-Bissau, segnando un nuovo passo avanti nella risoluzione del conflitto in Casamance.

“Le operazioni in corso hanno permesso la conquista delle basi dell’Mfdc al confine sud-occidentale, principalmente ad Ahinga, Badem, Bagam, Bouniack e Djileor”, ha annunciato il colonnello Souleymane Kandé, comandante nell’area di intervento.
“L’obiettivo principale di questa operazione era creare le condizioni perché la popolazione potesse tornare in sicurezza nel proprio territorio d’origine”, ha aggiunto un funzionario dell’esercito senegalese. Le sue parole sono state riportate da diversi siti di informazione senegalesi.
L’operazione ha lasciato feriti due soldati, un ufficiale che ha calpestato una mina antiuomo e un soldato colpito da arma da fuoco.

Kandé ha detto che nelle ultime settimane erano state intensificate le operazioni per controllare meglio il confine con la Guinea Bissau, in particolare la foresta Bayottes, utilizzata dai ribelli come base. “Diversi abusi sono stati commessi contro la popolazione in questa zona. Le bande armate, con atti di estorsione, cercano semplicemente di garantire il diritto esclusivo di sfruttare le risorse forestali”, ha aggiunto.

Le azioni sistematiche e mirate contro i ribelli, da parte dell’esercito senegalese, si sono intensificate a partire da fine gennaio. A febbraio sono state prese quattro basi storiche del movimento indipendentista. Obiettivi dichiarati da Dakar: neutralizzare gli elementi armati che si stanno rifugiando nell’area, consentire il ritorno degli sfollati per insicurezza e combattere le attività illegali delle bande armate. La neutralizzazione delle bande armate procede in parallelo con le operazioni di sminamento.

Il conflitto in Casamance si trascina dal 1982 tra il governo di Dakar e il Mfdc, che rivendica l’indipendenza di quella regione, separata dal resto del Paese dal vicino Gambia, e che storicamente si dichiara abbandonata dall’esecutivo centrale.
A differenza del più arido nord, il sud del Senegal ha terre fertili ed è molto ricco di risorse forestali: non a caso il traffico illegale di legname, negli ultimi anni, è stato la principale fonte di reddito per i ribelli, come documentato tra l’altro da un recente rapporto dell’organizzazione inglese Environmental Investigation Agency (Eia).
La Casamance è anche ricca di attrattive turistiche, grazie alle sue spiagge e foreste, e sebbene la ribellione indipendentista abbia limitato questo potenziale economico, è riuscita nei momenti di relativa calma, a trarre profitto da questa vocazione.

La crisi in Casamance ha causato negli anni centinaia di morti e costretto decine di migliaia di persone a trasferirsi o a cercare rifugio nei Paesi confinanti, Guinea Bissau e Gambia.
In passato il Gambia ha alimentato il conflitto, sostenendo le forze indipendentiste. Con la caduta di Yahya Jammeh e l’elezione di Adama Barrow, le dinamiche sono cambiate e Dakar ha potuto contare sull’appoggio concreto di Banjul. Un cambiamento simile si è prodotto anche in Guinea Bissau, in virtù delle buone relazioni tra il presidente Macky Sall e l’omologo guineano Umaro Sissoco Embaló.

Ufficialmente Macky Sall avrebbe provato a rilanciare in varie occasioni, da quando è salito al potere nel 2012, i colloqui di pace con l’Mfdc. Ma le divisioni interne al movimento e il suo indebolimento hanno spostato a favore di Dakar gli equilibri di potere, rendendo alla fine superflua ogni trattativa.

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