Camerun, capo secessionista retrocede: “autonomia e non violenza”

di claudia

di Céline Camoin

Viene visto come un cambio di rotta radicale l’appello di uno dei leader secessionisti per le regioni anglofone del Camerun a un cessate il fuoco, alla non violenza e a discussioni franche con lo Stato centrale per l’autonomia.

L’appello è stato lanciato questo fine settimana da Emmanuel Ngong, meglio noto come Capo Daniel, ora a capo di un gruppo che si fa chiamare Peoples rights advocacy platform, e delle Ambazonia dark forces. Fino all’anno scorso, era il portavoce delle Ambazonia Defence Forces (Adf), braccio armato del Consiglio di governo dell’Ambazonia, un istituto autoproclamato nell’altrettanto autoproclamata, e legalmente inesistente, repubblica dell’Ambazonia. Alcune fonti dicono che ha operato principalmente dall’esilio a Hong Kong.

Capo Daniel chiede “la fine delle ostilità contro lo Stato” per “negoziati diretti” per raggiungere un accordo per l’autonomia delle due regioni anglofone, il Nord-Ovest e il Sud-Ovest. “Chiediamo alle nostre forze di mantenere le armi solo per l’autodifesa fino a quando non avranno luogo i negoziati con Yaoundé”, ha detto. Il leader separatista sembra aver preso consapevolezza che non c’è speranza per un riconoscimento né nazionale, né internazionale, per l’indipendenza dell’Ambazonia, e che l’opzione del conflitto è stata fallimentare.

Il movimento secessionista anglofono è frammentato e non è detto che la nuova linea della Peoples rights advocacy platform sia seguita dalle altre fazioni. Alcuni hanno già commentato che l’appello di Daniel non ha alcun peso, poiché non guida alcun gruppo armato.

Il conflitto nel Noso (acronimo generalmente usato per le due regioni anglofone) è scoppiato nel 2016 dopo un lungo braccio di ferro e una serie di rivendicazioni. Da sempre Nord Ovest e Sud-Ovest si sentono trascurati e discriminati. Le proteste erano partite dal corpo docente e dall’apparato giudiziario.

Dal punto di vista internazionale, si tratta di un conflitto dimenticato, eppure è uno dei più violenti, segnato da attacchi indiscriminati anche a scuole e luoghi di culto, rapimenti, attentati e un’enorme pressione sulla popolazione locale.

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