L’infanzia annullata dei bambini nei conflitti armati

di claudia

di Luciano Bertozzi

Sono decine le milizie, ma anche alcuni eserciti governativi (Mali, Myanmar, Repubblica Democratica del Congo-RDC, Siria, Somalia, Sud Sudan) che nel mondo in reclutano e utilizzano i bambini come soldati. Lo afferma il recente rapporto del Segretario Generale ONU intitolato Les enfant dans le conflict armè, in cui descrive la drammatica situazione di tanti piccoli innocenti nei Paesi in guerra, tra i quali spiccano alcuni Paesi africani.

Un recente rapporto dell’Onu, intitolato Les enfant dans le conflict armè, stima circa ottomila minorenni utilizzati come guerrieri. I dati raccolti stimano la situazione nel 2022. I Paesi più interessati sono stati RDC, Somalia, Mali e Siria. In Somalia oltre mille piccoli anche di otto anni sono stati reclutati, circa 900 da Al Shabab e in una quarantina di casi da Esercito e Polizia Nazionale. L’utilizzo dei più piccoli nelle guerre è funzionale a terrorizzare le popolazioni nemiche; i fanciulli sono facilmente manipolabili e possono essere trasformati in carnefici. La fame è anche un’altra leva potente, chi ha i fucili può mangiare. Circa quattromila piccoli sono stati rapiti, per lo più da guerriglieri, dalle loro case, dalle scuole o in spazi pubblici, ad esempio nella RDC ed in Somalia, per alimentare le guerre senza fine combattute in molte parti del mondo, soprattutto in Africa.

La crudeltà verso i minori non si ferma qui: quasi novemila sono stati uccisi o feriti; i Paesi più colpiti sono stati Ucraina (477 morti, 909 feriti), Israele e lo Stato della Palestina (55 morti e 1087 feriti), Afghanistan (253 morti e 656 feriti), Siria (309 morti e 409 feriti) e Somalia (166 morti e 546 feriti), In tanti conflitti eserciti e milizie hanno fatto ampiamente ricorso agli stupri. L’ONU ne ha stimati circa mille e duecento casi, per lo più in RDC, Somalia, Sud Sudan, Repubblica Centro Africana e Nigeria. Le fanciulle fungono da “spose” , oppure come cuoche, messaggere, ma anche kamikaze (come fa Boko Haram in Nigeria), in quanto riescono ad eludere i controlli più facilmente dei maschi.

In questo lungo elenco di violazioni vanno considerati anche quasi duemila attacchi a scuole ed ospedali, per lo più in Ucraina, Burkina Faso, RDC, Israele e Palestina e Myanmar. Tali attacchi, così come il loro utilizzo a fini militari, sono notevolmente aumentati rispetto al 2021. In tal modo migliaia di alunni e di malati sono stati privati di diritti fondamentali e hanno condannato i loro Paesi al sottosviluppo. I principali responsabili dell’uccisione e della mutilazione di bambini, degli attacchi a scuole e ospedali e del diniego dell’accesso umanitario sono, secondo il Rapporto, le forze armate e di sicurezza dei Governi.

Tali dati costituiscono, evidentemente solo la punta dell’iceberg e, avverte il Documento, i numeri reali potrebbero essere molto superiori. Dietro queste aridi numeri, purtroppo vi sono tante vite distrutte, un’infanzia annullata e catapultata all’inferno.

ll Rapporto, vista l’autorevolezza della fonte e dato che elenca i nomi delle milizie e degli eserciti responsabili delle predette atrocità, dovrebbe essere alla base delle relazioni internazionali, ma purtroppo non è così. L’Italia fornisce, ad esempio, aiuti militari alla Somalia, sconvolta dalla guerra da decenni e da ultimo dalle milizie di Al Shabab. Nell’ex colonia siamo presenti con le missioni militari EUTM Somalia per addestrare l’esercito di Mogadiscio comandata da un generale italiano con quasi duecento soldati e MIADIT Somalia, il con cui i Carabinieri formano i poliziotti somali. L’Italia non ha condizionato gli aiuti militari al rispetto dei diritti umani e quest’estate il Parlamento ha autorizzato la proroga delle missioni quasi all’unanimità. L’atteggiamento dell’Italia è quindi incoerente, in quanto il nostro Paese è impegnato da tempo nella tutela dei diritti dei minori, a livello internazionale, ad esempio si è attivata per introdurre in convenzioni internazionali che scuole ed ospedali siano considerati luoghi sicuri, anche durante i conflitti.

“Il disinteresse – ha commentato il Rapporto il Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU, Virginia Gamba. – per la protezione delle infrastrutture civili, come scuole e ospedali, spesso tradotto con una mancanza di distinzione tra obiettivi civili e militari e/o un uso militare continuato da parte delle parti in guerra, è profondamente preoccupante. L’uso di armi esplosive, comprese quelle ad ampia area d’impatto, in particolare nelle aree popolate, è diventato una delle cause principali della distruzione di scuole e ospedali, nonché della morte e del ferimento di bambini. Questo impatto è amplificato dalla presenza di lunga durata di questi ordigni esplosivi sul terreno. Gli Stati membri hanno la responsabilità primaria di proteggere, rispettare e realizzare i diritti dei bambini, sia in tempo di pace che in tempo di guerra.”

Il primo passo per contrastare la drammatica situazione dovrebbe essere la smobilitazione di questi piccoli innocenti. L’Unicef ha svolto un prezioso ruolo, riuscendo a smobilitarne molte migliaia, garantendo loro un futuro diverso, fatto di formazione e lavoro. Si tratta di un percorso tutto in salita, viste le profonde ferite causate dalla guerra. Per le ragazzine il recupero è ancora più difficile vista la stigmatizzazione della società, anche per la presenza di gravidanze indesiderate. Il reinserimento di queste creature dovrebbe essere il fine ultimo, in un approccio globale, fondato sul rispetto dei diritti umani per uscire dalla spirale della violenza e, quindi, per porre le basi di una pace duratura per tutti. Dovrebbero farsene carico i Paesi più sviluppati, visto che spesso i conflitti sono combattuti per procura, per il possesso di materie prime fondamentali per le nostre economie e soprattutto dovrebbero porre fine alla vendita di armi che moltiplicano le sofferenze e le distruzioni.

Va registrato, tuttavia, che mentre non ci sono problemi per sostenere le spese militari, al contrario i soldi per lo sviluppo sociale ed economico sono sempre scarsi. Esemplare il caso dell’Ucraina: l’Occidente ha speso decine di miliardi di dollari per la guerra ma lesina i fondi per misure che potrebbero garantire la sicurezza e il benessere delle popolazioni.

E’ anche indispensabile punire questi orrendi crimini, rompendo il muro dell’impunità. Il Tribunale Penale Internazionale, che considera l’arruolamento di minori di 15 anni come un crimine contro l’umanità ha condannato alcuni responsabili, ma molto rimane da fare per restituire giustizia alle vittime.

Sussiste, infine, il problema degli ex minori di 18 anni detenuti in quanto effettivamente o presumibilmente associati a gruppi armati. Secondo il Rapporto si tratta di ben 2.500 persone soprattutto nella RDC ed in Somalia, che dovrebbero essere considerate e trattate, però, come vittime e non come colpevoli, quindi, dovrebbero essere rilasciate ed avviate a percorsi di reinserimento nella società.

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