Il Camerun a Venezia con il “Padiglione delle meraviglie”

di claudia

Si è aperta da poco la 60ª edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia che resterà aperta fino al 24 novembre 2024. La Biennale quest’anno è sotto la direzione artistica del brasiliano Adriano Pedrosa. Vi abbiamo già parlato del Padiglione del Benin, per la prima volta presente alla manifestazione. Oggi vi portiamo alla scoperta di quello del Camerun, soprannominato padiglione delle meraviglie, “uno spazio in cui le differenze verranno accolte come fonte di ricchezza”.

Al suo debutto nel 2022, il Camerun è stato il primo paese a mostrare una mostra NFT ufficiale. Nel suo padiglione quest’anno i curatori Paul Emmanuel Loga Mahop e Sandro Orlandi Stagl presentano una mostra Carbon Net Zero. Le emissioni saranno ridotte, i materiali saranno riutilizzati e gli alberi saranno piantati in Camerun per compensare le emissioni di CO2 durante la mostra. Tredici artisti sono in cartellone, cinque dei quali sono artisti locali, tra cui il collettivo emergente Kendji & Ollo Arts, lo scultore organico Jean Michel Dissake, l’artista di ispirazione barocca Patrick-Joël Tatcheda Yonkeu e Hako Hankson. Altri includono Guy Wouete, Angelo Accardi, Julia Bornefeld, Cesare Catania, Adélaïde Laurent-Bellue, Franco Mazzucchelli, Rex e Edna Volcan, Giorgio Tentolini e Liu Youju.

Per una Biennale che ha come tema centrale “Strangers Everywhere”, il Camerun è in mostra con un padiglione che lascia riflettere su queste tematiche così profonde, identitarie e attuali. Il progetto espositivo – si legge sul sito – guidato dal commissario Serge Achille Ndouma e dai curatori Paul Emmanuel Loga Mahop e Sandro Orlandi Stagl approfondisce un tema che trova diffusione ovunque e caratterizza ogni epoca. Il detto latino “Nemo Propheta in patria” (Nessuno è profeta nella propria terra) evidenzia la circostanza che raramente una persona gode di prestigio e riconoscimento nel luogo in cui è nata e dove tutti la conoscono. Al contrario, è più probabile che accada altrove, tra sconosciuti. In questo contesto, un profeta è semplicemente una persona incompresa dai suoi contemporanei e compatrioti a causa della sua natura dissonante. Questa figura si distingue per qualcosa, non necessariamente a livelli estremi o di genio, ma per la capacità di vedere oltre, di vedere ciò che gli altri non vedono, di anticipare i tempi e di pensare diversamente dalle masse. È per questo motivo che spesso vengono fraintesi, soprattutto nella comunità di origine, dove c’è una maggiore aspettativa di conformità alle “norme” del gruppo.

Tra gli artisti presenti nel Padiglione del Camerun alla  Biennale d’Arte di Venezia, ricordiamo la figura di Hako Hankson.

Negli anni ’90, Hako Hankson ha acquisito una certa notorietà in Camerun, che gli ha permesso di guadagnarsi da vivere con la sua pratica, ma anche di confrontarsi con formati più grandi e sperimentare altri mezzi, in particolare la scultura.

Panafricano e libero pensatore, Hako Hankson cita volentieri i grandi indipendentisti – Thomas Sankara, Ahmed Sekou Touré, Kwame Nkrumah – e si ispira al pensiero di Cheikh Anta Diop, aderendo a una visione afrocentrica che attribuisce un luogo primordiale alla cultura dell’Africa subsahariana e incoraggia la solidarietà nel continente. Il suo lavoro è stato esposto in Camerun, Italia, Francia, Portogallo, Svizzera e in Senegal, in particolare con una selezione alla Biennale di Dakar.

Foto di apertura: Rex and Edna Volcan, Offline

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