Per la prima volta nella storia, il Benin alla Biennale d’arte di Venezia

di claudia

Per la prima volta il Benin parteciperà alla Biennale di Venezia che aprirà i battenti il 20 di aprile, fino al 24 novembre. Se la presenza di artisti africani in questa edizione è piuttosto corposa, molta attenzione è puntata in particolare sulla Repubblica del Benin, indipendente dal 1960. Il filo rosso del Padiglione è il femminismo, tra storia, spiritualità e arte.

Il Paese entra in scena alla Biennale con una mostra intitolata “Everything Precious Is Fragile”, Qualsiasi cosa preziosa è fragile. Al centro c’è la storia del Benin, con approfondimenti circa in temi come la tratta degli schiavi, le Amazzoni, e il Vodu.

Il curatore del Padiglione è Azu Nwagbogu (nella foto), fondatore e direttore dell’African Artist Foundation, che guida un team di cui fanno parte anche la curatrice Yassine Lassissi e lo scenografo Franck Houndégla. Gli artisti che rappresenteranno il Paese sono: Moufouli Bello, Ishola Akpo, Romuald Hazoumè e Chloé Quenum.

Il filo rosso che unisce le tematiche espresse dagli artisti (schiavitù, Amazzoni, spiritualità) è quella del femminismo, nella specificità del femminismo beninese. Tra i temi più interessanti emerge un focus sul ruolo fondamentale delle donne che hanno combattuto contro la schiavitù e sulla spiritualità Gèlèdé, che simboleggia il potere spirituale delle madri nella società beninese, senza dimenticare il racconto sul potere politico e militare di cui godevano le donne durante il regno di Dahomey.

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