Informazione o propaganda? Come la politica ci racconta la migrazione

di claudia
tecnologia media

di Valentina Geraci  Centro studi AMIStaDeS

Il tema della migrazione è ormai da circa un decennio un punto saldo delle campagne elettorali, molto spesso manipolato a fini strategici per ottenere consenso. Ma tra quello che leggiamo nei canali mainstream e quanto invece presentato da studiosi e ricercatori c’è una bella discrepanza.

La presenza degli stranieri in Italia è di gran lunga minore rispetto a tanti altri Paesi europei. La scelta di descrivere con termini univoci i percorsi migratori e le scelte delle singole persone non offre certo una panoramica reale di quello che accade attorno a noi. Oggi quando si parla di migrazione, i contenuti sono spesso riduttivi e tanto forzati da far sì che la percezione dei lettori, di fronte a fenomeni complessi e poco conosciuti, non può che alterarsi.

Ne ho parlato con Anna Meli, Direttrice dell’ Ufficio Comunicazione di COSPE onlus e Vice Presidente di Associazione Carta di Roma, realtà nata per dare una informazione corretta sui temi dell’immigrazione e oggi un punto di riferimento per giornalisti, istituzioni, associazioni e attivisti impegnati nel mondo dell’informazione e della migrazione.

Quale è stato il peso del tema migrazione nell’ultima campagna elettorale secondo te?

Direi che in generale, e parecchi Osservatori lo confermano, nel corso degli ultimi dieci anni il tema della migrazione è spesso stato usato per scopi di propaganda politica e di consenso politico. Dagli studi curati da DEMOS i picchi di attenzione rispetto alla tematica migratoria si son manifestati in occasione delle campagne elettorali e, una volta concluse le elezioni, il numero di notizie sul tema si è affievolisce notevolmente.

Nel corso di questa ultima campagna elettorale, ci sono stati altri punti da affrontare con particolare impellenza rispetto alla questione migratoria e, tra questi, la guerra in Ucraina e il rincaro bollette, che tocca molto più da vicino i cittadini. È in questi casi che, ritornando a parlare di questioni reali e di problematiche di fatto, dovremmo capire come il tema della migrazione spesso sia solo impiegato per distrarre da altri aspetti che dovrebbero interessarci maggiormente.

Protezione”, “Identità”, “Emergenza” i termini alla base dello storytelling che negli ultimi anni ha costruito il racconto della migrazione. Che ne pensi?

A metà dicembre uscirà il nostro decimo rapporto con Associazione Carta di Roma, un appuntamento annuale che vede media ed esperti a confronto sulla rappresentazione dell’immigrazione in Italia.

Sarà interessante condividere una fotografia del tema migrazione nei media in Italia ma anche avere una panoramica dei cambiamenti vissuti nel corso degli ultimi dieci anni.

Anticipo due questioni importanti. La prima è sicuramente legata al numero di notizie e all’attenzione dedicata al tema nelle diverse stagioni politiche, ma anche l’elemento costante di una voce dei migranti sempre molto bassa, anche rispetto agli argomenti che li riguardano direttamente. In molti rapporti degli anni precedenti sappiamo però che a parlare maggiormente di migrazione nel nostro Paese è proprio la politica con i suoi rappresentanti.

Anche nei fatti di cronaca la voce primaria sui media è sempre quella della politica e proprio sui fatti di cronaca i toni allarmanti e preoccupanti hanno spesso descritto l’immigrazione.

I sociologi dei media spiegano bene come i media contribuiscono a influenzare le nostre percezioni rispetto ai temi affrontati e ai contenuti che si dimostrano “notiziabili”.

Ti faccio l’esempio dello sbarco a Catania degli ultimi giorni. Si tratta di un fenomeno frequentissimo con sbarchi quasi quotidiani, ma che oggi è presentato come caso quasi esemplare e del quale se ne parla in ogni dove. È un esempio di come partendo dalla classe politica e andando nella comunicazione, si finisca per strumentalizzare una notizia in un gioco di forza, per dimostrare una presa di posizione o affermare dei caratteri identitari, ma sicuramente non servirà a gestire o a conoscere meglio cosa e perché si migra irregolarmente. Si guarda allo sbarco e quasi mai alle cause.

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Soluzioni o riflessioni che proponi per contrastare queste disinformazioni?

Con l’Associazione Carta di Roma offriamo continui momenti di formazione rivolti a giornalisti, e non solo, per comprendere e comunicare responsabilmente le migrazioni. Come COSPE abbiamo sostenuto l’iniziativa della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio per chiedere a tutti i candidati e a tutte le candidate di fare proprio il vademecum in 5 punti per una comunicazione pubblica e politica libera dai discorsi d’odio e discriminatori.

Il mio punto di vista è sicuramente parziale, interessandomi di questi temi e lavorando in questo ambito da tanti anni, però credo che per decostruire queste false narrazioni sia particolarmente efficace fare del fact checking. Bisogna smontare pezzo alcune false notizie con i dati reali.

Questo non vuol dire certo contrastare pienamente gli stereotipi, che sappiamo essere conditi – oltre che di mancata conoscenza – anche di aspetti emotivi che viaggiano oltre i numeri, ma è un approccio che potrebbe funzionare bene anche con target diversi. “Conosci la percentuale di popolazione straniera in Italia?” “Quante persone che arrivano in Italia ci restano?” “Quali sono le nazionalità di cittadini stranieri più presenti nel Paese?”. Dare numeri reali e condividere racconti e storie sono risposte che possono accendere una lampadina, facendo sì che ciascuno si renda conto della discrepanza che c’è tra la sua percezione delle cose e la realtà.

Quale la novità rispetto agli anni passati che secondo te è decisiva per cambiar rotta?

Penso alle seconde generazioni. Sono convita che queste siano la cartina di tornasole più evidente per mostrare quanto esista uno scollamento fra il Paese reale e le sue domande da un lato e quel che la politica discute attorno al tema della migrazione dall’altro.

Purtroppo, in Italia il tema della migrazione è ancora raccontato male, ed esclusivamente in ottica emergenziale e di gestione degli arrivi senza mai dare attenzione a politiche serie e lungimiranti.

Per questo giustamente le cosiddette seconde generazioni cercano di prendersi il loro spazio. In occasione delle elezioni, ad esempio, con la campagna Dalla Parte giusta della storia e l’iniziativa Il mio voto vale, questi giovani hanno raccolto i voti di tanti italiani senza cittadinanza per confrontare l’esito del voto finale delle elezioni e il peso dei voti negati tanto a loro quanto ai giovani studenti fuorisede.

Sono persone che non hanno barriere linguistiche, che hanno conquistato i loro spazi e che, essendo cresciuti qui, conoscono i codici culturali italiani. Questo facilita sicuramente, rispetto a tanti migranti, il loro posizionamento e il dibattito rispetto a certe comunicazioni. Sanno meglio come porre delle questioni. Sicuramente anche su questo fronte c’è ancora tanto da fare, ma li ritengo la speranza per il futuro di questo Paese.

Quindi parliamo anche di partecipazione alla vita pubblica

Assolutamente. Con COSPE onlus abbiamo anche un progetto su questo tema.

Nella partecipazione alla vita pubblica esiste una dimensione politica molto importante ma che non può essere esclusivamente ricondotta ai luoghi della politica, i consigli comunali, il parlamento ecc. Partecipare alla vita pubblica significa anche far parte di associazioni, a gruppi di volontariato o ancora nei consigli scolastici dei propri figli. Sono tutte dimensioni che spesso sottovalutiamo ma che sono altrettanto importanti e permettono di promuovere una cittadinanza piena e attiva, oltre che una narrativa diversa, più reale, della quotidianità. Possiamo pensare a un genitore di origine straniera che in Italia è molto attivo nei rapporti con la scuola del figlio o nei consigli scolastici. È giusto che ciascuno si senta titolato di poter partecipare attivamente alla vita pubblica in tutti i livelli così da favorire una partecipazione più ampia e dare un messaggio positivo e inclusivo, oltre che meno stereotipato, del quotidiano.

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