Tigray, strage di Axum: la ricostruzione di Addis Abeba

di Valentina Milani
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Le autorità etiopi hanno diffuso i risultati dell’indagine condotta sulla strage di civili commessa lo scorso novembre ad Axum, nel Tigray, denunciata nei mesi scorsi da Amnesty International e Human Rights Watch e attribuita alle forze armate etiopi ed eritree.

L’indagine era stata annunciata dal governo del premier etiope Abyi Ahmed subito dopo la pubblicazione del rapporto di Amnesty, sollevando dubbi sulle conclusioni dell’organizzazione internazionale, accusata di “rafforzare la disinformazione e la propaganda del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf)”. Il governo di Asmara aveva invece respinto categoricamente ogni accusa.

In un comunicato, l’autorità giudiziaria di Addis Abeba precisa che nel corso dell’indagine “sono state raccolte le testimonianze di 95 persone e prove documentali” da cui è emerso che “il Tplf  aveva reclutato, addestrato e dispiegato circa 2.500 paramilitari nelle principali città della regione per lanciare una guerra urbana prima dell’ingresso delle forze armate etiopi nella città di Axum”. Addis Abeba precisa che proprio ad Axum “1.500 giovani erano stati addestrati in una giornata a usare le armi da fuoco”.

Dalle prove raccolte è emerso che le forze etiopi sono entrate ad Axum il 19 novembre e vi sono rimaste fino al 27 novembre” quando hanno lasciato la città e un “piccolo contingente di truppe eritree, su due veicoli, ha preso posizione nella zona montuosa” attorno ad Axum. “A questo punto, i dirigenti del Tplf hanno sparso la voce che l’esercito eritreo era entrato in città per arrendersi e hanno istigato i 1.500 giovani che avevano addestrato a imbracciare le armi e a catturare i soldati eritrei”, si afferma nella nota, secondo cui in città sarebbero poi arrivati anche membri delle forze speciali del Tplf e miliziani, mentre lo stesso sindaco di Axum avrebbe ordinato la distribuzione delle armi presenti in città.

Sarebbe quindi seguito “un attacco ai soldati eritrei” con “violenti combattimenti andati avanti dalle 6 alle 14 fino all’arrivo dei militari etiopi”. Uno scontro in cui avrebbero perso la vita “93 persone, stando alle testimonianze raccolte, tutti membri delle forze del Tplf”.

Nella nota si rende anche conto delle accuse di abusi sessuali, affermando che “sono state raccolte le testimonianze di 116 vittime di stupro e l’indagine ha portato all’identificazione dei membri della polizia federale e delle forze federali coinvolti”.

Le autorità etiopi hanno evidenziato nella nota “la difficoltà di individuare i colpevoli” dei crimini commessi nella regione, perchè il Tplf “ha rimesso in libertà decine di migliaia di criminali a cui sono state fornite le uniformi militari delle forze etiopi ed eritree”. Tuttavia “l’indagine è ancora in corso e gli inquirenti stanno identificando gli autori dei crimini e raccogliendo ulteriori prove per fare luce sui reati e consegnare i responsabili alla giustizia”. In particolare si stanno raccogliendo le testimonianze di “leader religiosi e del personale dei servizi funebri e le prove mediche da parte delle istituzioni sanitarie”.

Addis Abeba ha lanciato lo scorso novembre un’offensiva militare contro il Tplf in risposta all’attacco messo a segno al quartier generale delle forze federali presente nel Tigray. Dopo la conquista di Macallè, a fine novembre, nella regione è in corso un conflitto a bassa intensità.

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