Protezione speciale… non più così speciale

di claudia

di Meraf Villani

Il “decreto Cutro” non ha abolito, ma l’ha reso inutile, uno strumento che favoriva un processo di integrazione. Ma il governo vuole debellare l’immigrazione irregolare o incrementarla?

Si chiama, o meglio si chiamava, protezione speciale perché il nome stesso racchiude l’eccezionalità del provvedimento, la necessità di dare protezione a coloro che non rientrano nei procedimenti tradizionali per ottenere una protezione internazionale, che sia questa una sussidiaria o il riconoscimento dello status di rifugiato.

Con il “decreto Cutro” diventato legge, concepito dopo l’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo, la protezione speciale non è stata abolita, a differenza delle aspettative, ma è stata resa inutile rispetto allo scopo stesso per cui era stata concepita. L’abolizione sarebbe forse stata una scelta più coerente che non lasciare una forma di protezione che non può essere né rinnovata né convertita in permesso per lavoro, com’era previsto precedentemente, e che sarà fonte di un’immigrazione irregolare ancora più cospicua. Un provvedimento così concepito, che non toglie tutto ma non lascia nulla, è in coerenza con una politica di destra che ha sempre visto nell’immigrazione l’emergenza costante dell’Italia, tanto da nominare un commissario apposito. Pone inoltre un ulteriore ostacolo a un sistema di accoglienza e protezione che, nonostante i suoi limiti, toglieva molti stranieri da una situazione di clandestinità e ne favoriva l’integrazione nel territorio.

Il permesso di soggiorno con protezione speciale permetteva al titolare dello stesso di rimanere legalmente in Italia per un periodo di un anno o due con possibilità di rinnovarlo laddove permanessero le ragioni che ne avevano motivato la concessione. È stato uno strumento che ha favorito un processo di integrazione significativo in modo accelerato.

La protezione speciale, inoltre, così come poi era stata prevista nel decreto della precedente ministra dell’Interno Lamorgese, del 2020, richiedeva di tenere conto anche dei legami personali e familiari del richiedente stesso; si è deciso invece di eliminare tale possibilità permettendo l’espulsione o l’allontanamento, così violando il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Al di là delle modifiche apportate da questo governo, la protezione speciale ha sempre rappresentato importanti sfide nella sua concreta attuazione: a partire dalle questure, presso le quali la stessa deve essere richiesta, che sono ostili a rilasciarla. Alcune prefetture hanno adottato prassi illegittime, non rispettando né la legge nazionale né quella internazionale e lasciando molti in un limbo giuridico che dura anni. Altrettanto problematica è sempre stata la questione legata al rinnovo della stessa, con domande che rimanevano in attesa per mesi, lasciando di fatto lo straniero in uno stato di impotenza davanti alla possibilità di avanzare nell’integrazione sociale anche attraverso il lavoro.

Una delle giustificazioni presentate dall’attuale governo per modificare in modo così significativo tale forma di protezione è l’affermazione per cui l’Italia sarebbe l’unico Paese europeo a prevederla; i dati chiaramente lo smentiscono, dal momento che il provvedimento è vigente in 18 dei 27 Paesi che compongono l’Ue. Come altrettanto non veritiero è che i permessi speciali sarebbero un pull factor che attrarrebbe gli stranieri verso l’Italia, in quanto i numeri stessi dimostrano che le richieste sono maggiori in altri Paesi non di prima accoglienza come l’Italia.

È evidente che ciò verso cui si dovrebbe andare non è togliere norme già esistenti senza offrire un’alternativa, come in questo caso, ma favorire un sistema di integrazione sociale che riconosca i diritti a quanti già sono presenti nel territorio, al di là delle modalità in cui vi abbiano fatto ingresso. Questo dovrebbe essere nell’interesse anche dell’attuale governo, dato che ha l’obiettivo primario di debellare l’immigrazione irregolare. E invece adotta provvedimenti che vanno nella direzione opposta.

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