Un giudice federale a Boston ha ordinato lo stop immediato a qualsiasi deportazione di migranti verso Paesi terzi non d’origine, come Libia e Arabia Saudita, senza adeguate garanzie legali. La decisione è arrivata dopo le voci su un volo militare imminente destinato alla Libia.
Un giudice federale statunitense ha lanciato ieri un severo monito all’amministrazione Trump, ordinando lo stop immediato a qualsiasi deportazione di migranti verso la Libia, l’Arabia Saudita o altri Paesi terzi non d’origine, senza adeguato rispetto del diritto al giusto processo. A riportarlo è oggi il Washington Post, precisando che l’ordine emesso dal giudice Brian E. Murphy a Boston è arrivato in risposta a una richiesta d’urgenza presentata dagli avvocati di un gruppo di migranti, dopo che erano cominciate a circolare notizie su un imminente volo militare statunitense destinato a deportare immigrati verso la Libia.
Secondo le informazioni riportate, le autorità statunitensi non avevano infatti chiarito a sufficienza quali fossero le nazionalità dei migranti coinvolti, né se esistesse un accordo formale con la Libia. La pianificazione dell’operazione, riferisce a sua volta il New York Times, è avvenuta in modo riservato, con numerosi ostacoli legali e diplomatici apparentemente irrisolti.
In Libia, la notizia ha provocato una forte reazione. Una ventina di partiti politici hanno definito l’iniziativa “una palese violazione della sovranità nazionale” e chiesto formalmente a Parlamento e Consiglio presidenziale di opporsi. Il premier del governo di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibeh, ha dichiarato che “la Libia rifiuta di essere una destinazione per deportazioni”, posizione condivisa anche dall’amministrazione rivale di Khalifa Haftar, a est del Paese.
Murphy ha ribadito che il Dipartimento per la sicurezza interna (Dhs) non può delegare deportazioni ad altri enti, come il Pentagono, per aggirare gli obblighi costituzionali. La sua ordinanza impone che i migranti vengano informati per iscritto del Paese di destinazione e abbiano la possibilità reale di opporsi, soprattutto nei casi in cui esistano rischi concreti per la loro vita.
Washington non ha confermato né smentito ufficialmente l’esistenza del volo, ma secondo Reuters, tre funzionari Usa hanno confermato la possibilità di deportazioni imminenti, nonostante le condizioni disumane nei centri di detenzione libici, più volte denunciate anche dallo stesso Dipartimento di Stato.
La mossa, se confermata, segnerebbe una pericolosa escalation nell’approccio restrittivo dell’amministrazione Trump in materia migratoria, già criticata per deportazioni precedenti verso Paesi come El Salvador, dove alcuni migranti sono finiti in carceri di massima sicurezza destinate a membri di gang.
Nei giorni scorsi, inoltre, il ministro degli Esteri ruandese Olivier Nduhungirehe ha confermato all’Associated Press che anche il governo di Kigali starebbe discutendo con gli Stati Uniti un accordo simile. Le trattative, ancora in fase iniziale, potrebbero prevedere l’accoglienza di migranti deportati in cambio di finanziamenti Usa per programmi di integrazione, secondo fonti locali. Il Rwanda ha già avuto esperienze simili: nel 2019 ha collaborato con l’Unhcr per accogliere migranti evacuati dalla Libia. Tuttavia, un accordo con il Regno Unito per la gestione delle richieste d’asilo è fallito lo scorso anno dopo dure critiche internazionali, accuse di violazioni dei diritti umani e costi pubblici esorbitanti.