Processo al Bashir: “ricevette 90 mln di dollari dall’Arabia Saudita”

di AFRICA

L’ex presidente del Sudan, Omar al-Bashir, deposto dai militari ad aprile, ammise di aver ricevuto 90 milioni di dollari in contanti dall’Arabia Saudita. E’ quanto denunciato ieri dagli investigatori in una deposizione avvenuta durante l’udienza del processo per corruzione nei confronti dell’ex capo dello Stato, che si è aperto ieri dopo un rinvio nella capitale Khartoum. L’investigatore Ahmed Ali lo ha affermato in apertura dell’udienza al tribunale a Khartum, nell’ambito del processo per corruzione di al-Bashir.

Secondo Ali, l’ex presidente gli disse che il denaro era stato “consegnato da qualcuno degli inviati di Mohammad bin Salman”, principe ereditario saudita “per essere utilizzata al di fuori del bilancio statale”. Bashir non ha commentato le accuse nei suoi confronti. La prossima udienza del processo è prevista per sabato prossimo, 24 agosto.

Bashir, 75 anni, è in arresto fin dalla sua destituzione avvenuta lo scorso 11 aprile dopo mesi di proteste ed è comparso per la prima volta davanti ai pubblici ministeri lo scorso 16 giugno, quando è stato formalmente incriminato con l’accusa di corruzione e riciclaggio di denaro dopo che nella sua residenza sono stati sequestrati più di 113 milioni di dollari in contanti. Nel maggio scorso Bashir aveva ammesso di essere responsabile dei casi di corruzione e riciclaggio che gli sono stati imputati dalla procura generale di Khartoum, rivelando anche i nomi delle persone coinvolte.

La scorsa settimana Amnesty international ha fatto appello al governo militare del Sudan affinché consegni al Bashir alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, dove è incriminato e ricercato dal 2009 per crimini di guerra e genocidio legati ai massacri nella provincia del Darfur avvenuti nei primi anni 2000.

Il processo si è aperto mentre la transizione verso un potere civile attende il primo atto concreto, cioè la designazione dei membri del Consiglio sovrano. La formazione del Consiglio ieri è slittata di 48 ore. La decisione sarebbe stata presa su richiesta delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc), il cartello che racchiude le sigle dell’opposizione, perché “avrebbe ritirato alcuni candidati designati per il Consiglio e chiesto altre 48 ore di tempo per consegnare la lista finale”, come annunciato dal rappresentante del Consiglio militare di transizione (Tmc).

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