Il dio saggio del deserto

di claudia
algeria

di Raffaele Masto

Tindouf, Algeria. L’incontro inaspettato e rivelatore tra il giornalista Raffaele Masto, partito con i guerriglieri del Fronte Polisario e l’anziano imam di piccola moschea del villaggio.

Ero partito da Tindouf, nell’ultimo lembo sudoccidentale dell’Algeria, con i guerriglieri del Fronte Polisario, per visitare le loro basi nel deserto. Ero il giornalista bianco che avrebbe parlato della loro lotta e volevano farmi vedere tutto. Allo stesso tempo, ai loro occhi, ero l’europeo delicato non abituato a quei climi estremi. Così mi facevano viaggiare nelle ore più fresche: ci si svegliava prima dell’alba, si montava in jeep e quando il sole era alto ci si fermava.

Da profondi conoscitori del deserto e abili organizzatori quali erano, facevano in modo che le soste cadessero sempre (o quasi) in piccoli villaggi, in accampamenti di nomadi o in insospettabili oasi.

In una di queste mi invitarono a riposare nella tenda più fresca, quella del vecchio imam, guardiano della piccola moschea del villaggio. Era un uomo molto anziano, col viso espressivo solcato da profonde rughe che gli disegnavano un’espressione assorta, da studioso. Nonostante la mia presenza, continuò quella che era la sua attività quotidiana: riceveva abitanti del villaggio o di quelli vicini che gli sottoponevano piccoli o grandi problemi di vita quotidiana e attendevano da lui, profondo conoscitore del Corano, consigli, suggerimenti, indicazioni.

Ero l’ospite d’onore e mi fece sistemare nell’angolo più fresco della tenda dove erano impilate alcune belle copie del Libro Sacro con rilegature impreziosite da filigrane d’oro. Il mio accompagnatore mi tradusse alcuni dei suoi colloqui con la gente e io fui colpito dalla saggezza semplice e dal buon senso dei suoi consigli.

Quando ce ne fu l’occasione, chiesi che gli fosse tradotta tutta la mia ammirazione per la sapienza con la quale aveva affrontato quei problemi che la vita, a tutte le latitudini, sottopone agli uomini. Lui mi guardò, sorrise, fece danzare le rughe sul suo viso e a sua volta fece tradurre per me questa frase che porto ancora scolpita nella mia mente: «Una religione che non fa felici gli uomini non ha niente a che vedere con Dio».

Foto di apertura: Martine Perret / UNMIT

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