Sudan | Si prepara la pace in Kordofan?

di Enrico Casale
Hamdok in kordofan

Visita a sorpresa del premier sudanese Abdalla Hamdok al bastione ribelle di Kauda nei Monti Nuba nella regione del Kordofan meridionale. È il primo viaggio ufficiale di un membro del governo di Khartoum da quando nell’area sono ripresi sono ripresi gli scontri otto anni fa. Nel 2011, con l’indipendenza del Sud Sudan, gli Stati del Kordofan meridionale e del Nilo azzurro sono rimasti all’interno del territorio sudanese. Poco prima della separazione tra Sudan e Sud Sudan, nelle due regioni sono scoppiati incidenti.  I bombardamenti sostenuti dagli aerei da guerra sudanesi hanno causato la fuga di decine di migliaia di civili. Il presidente Omar al-Bashir, costretto ad aprile a lasciare, aveva promesso di schiacciare i ribelli, ​​ma questi erano riuscita a resistere ai suoi attacchi.

Kauda, ​​90 km a Est di Kadugli, capitale dello Stato del Kordofan meridionale, è la base del Sudan People’s Liberation Movement North (Splm-N), gruppo che combatte il governo nelle province meridionali del Blue Nile e del South Kordofan. A settembre, durante i colloqui di pace con altre milizie ribelli a Juba, Abdelaziz Al-Hilu, leader della Splm-N, aveva invitato Hamdok a Kauda.

L’Splm-N di al-Hilu è il più grande gruppo ribelle del Sudan ed è attivo nelle province del Nilo azzurro e del Kordofan meridionale, dove controlla parti significative del territorio. La milizia chiede che si affermi uno Stato laico nel quale la religione non abbia un peso nel processo legislativo, lo scioglimento delle milizie di al-Bashir e un nuovo ruolo dei militari nel Paese.

Hamdok, un ex diplomatico dell’Onu entrato in carica in agosto in virtù di un accordo tra i partiti militari e civili in Sudan, ha accettato l’invito e ieri si è recato a Kauda.

«Questa è una straordinaria opportunità per assicurare al vostro popolo e a tutti i sudanesi che il governo di transizione cerca di raggiungere una pace giusta –  ha detto Hamdok di fronte a una grande folla -. Questo è particolarmente vero per le regioni devastate dalla guerra che sono state emarginate per decenni».

(Enrico Casale)

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