Nigeria | Tangenti petrolio, Eni alla sbarra

di Enrico Casale
De Scalzi Eni

Claudio Descalzi, amministratore delegato della compagnia petrolifera Eni, dovrà comparire in tribunale a Milano per rispondere a gravi accuse di corruzione in Nigeria. Nel processo, che è entrato nel vivo in questi giorni, oltre a Claudio Descalzi e Paolo Scaroni, il suo predecessore (ora alla presidenza del Milan), sono undici gli imputati chiamati a rispondere di corruzione internazionale (comprese le società Eni e Shell, sotto accusa per responsabilità amministrativa).

Il caso risale al 1998, il governo nigeriano sostiene di essere stato vittima di una grave frode, sebbene le società continuino a operare nel Paese dell’Africa occidentale. I pubblici ministeri italiani chiedono una pena detentiva di otto anni per l’amministratore delegato di Eni e un maxi-risarcimento, con un «acconto» da pagare subito pari a 1 miliardo e 92 milioni di dollari, somma che equivarrebbe alla presunta tangente che nel 2011 Eni e Shell avrebbero versato a favore di una cerchia di politici del governo di Abuja per ottenere «senza gara» i diritti di esplorazione del giacimento petrolifero Opl 245, al largo del delta del Niger. Oltre al pagamento della provvisionale immediatamente esecutiva (termine tecnico che indica una sorta di acconto da versare al termine del processo penale in caso di condanna degli imputati in attesa che un Tribunale civile quantifichi l’esatto ammontare del risarcimento), l’avvocato di parte civile Lucio Lucia, che rappresenta governo nigeriano, si è inoltre associato alla richiesta del Pm di confiscare ai due gruppi petroliferi la stessa somma equivalente al presunto profitto del reato.

l legale è convinto che la Repubblica nigeriana abbia subito «un enorme danno patrimoniale» da quell’operazione: «La mancanza di gara ha privato la Nigeria di un’offerta competitiva», ha affermato il legale illustrando i risultati di una consulenza tecnica di parte da cui emerge il valore per i diritti di sfruttamento di Opl 245 era «almeno di 3,5 miliardi di dollari». E che perciò il prezzo pagato da Eni e Shell, pari a 1 miliardo e 300 milioni di dollari, «è stato vantaggiosissimo» per i due gruppi petroliferi. Altra anomalia messa in luce dal legale della Nigeria è quella che riguarda le clausole contrattuali vantaggiose per Eni e Shell che di fatto ottennero «condizioni di estremo favore» per lo sfruttamento del giacimento «e la sua reddittività per i successivi 30 anni». Le clausole contrattuali non prevedevano infatti a favore nessun profit oil a favore della Nigeria, che perciò non beneficia di nessuna percentuale sui profitti realizzati dai due gruppi in quel giacimento. 

Claudio Descalzi sarà difeso da Paola Severino, già ministro della Giustizia italiano durante il governo di Mario Monti dal 2011 al 2013.

(Tesfaie Gebremariam)

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