Libia | Erdogan: «Pronti a intervenire»

di Enrico Casale
erdogan e al sarraj

La Turchia è pronta a intervenire militarmente a fianco del governo di Tripoli, in Libia. Ad annunciarlo è stato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in una dichiarazione ufficiale rilasciata martedì 10 dicembre. Ankara potrebbe inviare un suo contingente a fianco delle milizie libiche di Fayez al-Sarraj che stanno combattendo una dura battaglia alle porte della capitale contro le forze del generale Khalifa Haftar, il leader della Cirenaica. Già da mesi, la Turchia sta inviando mezzi e armamenti a Tripoli. L’intervento di truppe di terra (e probabilmente di aviazione e marina) non farebbe che rafforzare il suo sostegno militare al governo libico di unità nazionale, avvalendosi di un recente accordo recentemente firmato tra le due parti.

È la seconda volta in due giorni che Recep Tayyip Erdogan evoca questa ipotesi che sembra, quindi, sempre più probabile. Il presidente turco ha dichiarato in entrambi i casi di essere pronto a inviare personale militare in Libia, se «Tripoli lo richiederà». Il presidente turco sottolinea che le forze di Khalifa Haftar, che sono sostenute finanziariamente e politicamente da Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, sono affiancate sul terreno da un contingente di mercenari russi. Anche se Mosca nega la presenza di propri militari o di soldati di ventura sul suolo libico.

Negli ultimi mesi, pur non dichiarandolo ufficialmente, le autorità turche hanno aumentato il numero di invii di armi alle forze del governo di unità nazionale libica, inclusi carri armati e droni armati. A ottobre, un rapporto riservato di esperti delle Nazioni Unite ha accusato la Turchia di aver violato l’embargo sulle armi imposto dal 2011 alla Libia.

L’intervento di Ankara nella crisi libica è il segno di un nuovo protagonismo turco in Africa. Il governo di Erdogan sta investendo molte risorse nel Corno d’Africa (soprattutto in Somalia), ma anche in altre regioni del continente. Questa politica fa parte di un piano più vasto che vuole riportare la Turchia al centro delle politiche internazionali. Un neottomanesimo che mescola sostegno a governi islamici e affari economici.

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