Kristah, la rapper che canta la sua emancipazione (e la sua fede)

di claudia

Kristah, 25 anni, è una giovane rapper bergamasca di origine ghanese che ha cominciato scrivendo poesie e canzoni per esprimere e dare forma alle emozioni negative che l’hanno attraversata in una fase delicata della sua vita. Con la sua musica Kristah riesce a trasmettere spiritualità e ricerca interiore, un approccio quasi inedito sul panorama rap italiano.

di Mariarosa Porcelli

L’ultima cosa cui si penserebbe, quando si parla di rap, è a una bergamasca venticinquenne dai modi posati, di origini ghanesi e assidua frequentatrice della chiesa pentecostale. Eppure il nome che si sta facendo strada sulla scena musicale underground di Bergamo è quello di Kristah, arrivata in Italia dal Ghana con la madre e la sorella una quindicina di anni fa. Trap The Wave è il suo terzo singolo, uscito all’inizio di settembre 2020 per l’etichetta indipendente The Key Entertainment, accompagnato dalle foto scattate all’aeroporto di Bergamo da Julia Hautojärvi, una cara amica finlandese di Kristah, e con un video disponibile in rete. Girato appena è terminato il lockdown da Coronavirus, questo video, il primo della sua carriera, ha segnato la fine del distanziamento sociale da amici e colleghi e l’investimento delle energie creative incanalate nei mesi in casa. 

Dal Ghana a Bergamo

Kristah ora vive ad Azzano San Paolo. «Mio padre si era già stabilito in Italia. Lui è originario del Burkina Faso. Quando da giovanissimo è rimasto orfano si è messo a viaggiare in Africa e in Europa, cercando fortuna. In Italia ha fatto varie tappe ed è arrivato a Bergamo dove ha iniziato a lavorare nei ristoranti. Poi, un mese prima che io nascessi 25 anni fa, ha ottenuto un contratto per l’azienda dove lavora tuttora. Aveva anche comprato casa con un mutuo». Sua madre, invece, nel 2005 ha trovato un impiego a Orio al Serio come addetta alle pulizie. Ma una decina di anni dopo sono subentrate difficoltà economiche ed è arrivato il divorzio dei genitori. Così Kristah si è dovuta rimboccare le maniche per aiutare sua madre, rinunciando all’università.

Gospel versus rap

Nel raccontarsi, la cantante usa spesso espressioni come menzogna, purezza e innocenza, lontane dal circo mediatico dai mille filtri cui siamo abituati. Aprendo il capitolo sulla musica, ci racconta della contrapposizione tra quella del mondo (per indicare rap e hip hop) e quella dello spirito (il gospel), secondo la visione della chiesa pentecostale che ha frequentato sin da ragazzina. «Con la musica ho cominciato da piccola, quando canticchiavo inventando le parole. Negli anni successivi, ho attraversato un periodo difficile in famiglia e il mio modo di sfogare le emozioni era cantare a squarciagola per non venire influenzata dagli eventi negativi intorno a me». In un flusso di parole sincere ma controllate, Kristah dice di essersi dovuta misurare subito con le difficoltà della vita e di essere cresciuta in fretta, perdendo la serenità di bambina che aveva in Ghana. «Sono cambiata radicalmente rispetto a quando ero in Africa. In Italia sono diventata introversa e solitaria e ho iniziato a comunicare attraverso le poesie. “Nel 2009 ho cominciato a scrivere canzoni pop e rap in cui esternavo il mio disagio, la rabbia verso mio padre, le incomprensioni che avevo per la situazione in casa. Ho iniziato ad andare in chiesa, ho gestito prima il coro dei bambini e poi sono entrata nel coro degli adulti. Dopo la scuola passavo il mio tempo a fare le prove”.

The Key Entertainment

Nel 2012 ha incontrato Derek, il fratello musicista di un’amica. Lui faceva rap ed era in cerca di una voce femminile. Assieme a un altro ragazzo, IBM, hanno formato il trio Master DNA. «Abbiamo fatto un sacco di live, nel circuito hip hop e underground di Bergamo, Lecco e Milano. Abbiamo organizzato delle battle di freestyle mettendo in palio alcune basi preparate da nostri amici musicisti o a volte dando aiuti economici per pagare le spese degli studi di registrazione o dei video». È nata così The Key Entertainment, una label discografica indipendente creata per includere artisti emergenti di qualsiasi  provenienza sociale e geografica sprovvisti di una base economica per investire sulla musica. “Anche se non avevamo molto sapevamo che il nostro piccolo contributo poteva fare la differenza”.

Rap e spiritualità 

A ottobre 2020 ha visto la luce il suo primo ep, che, oltre a Trap The Wave, contiene altri quattro singoli.

“Musicalmente il pezzo Trap The Wave è una sperimentazione. Il testo, invece, si riferisce al mio percorso personale di crescita, ci sono frasi che dicevo a me stessa per incoraggiarmi ad andare avanti – spiega Kristah – In sostanza, il concetto è di credere nella propria natura, scegliendo le proprie regole e avendo il coraggio di essere se stessi senza nascondersi. Spero che queste parole possano essere di ispirazione per chi sta cercando di emanciparsi dai condizionamenti che impongono gli altri.”

La giovane cantante ghanese trasmette spiritualità e ricerca interiore da ogni sillaba che pronuncia, portando un approccio quasi inedito sul panorama rap italiano, dove troppo spesso il valore artistico è misurato in base al brand che si indossa o all’arroganza dei testi. «Ho smesso di frequentare la chiesa perché lavoravo la domenica. Ma appena ho un giorno libero ci vado e durante la giornata ho sempre dei momenti in cui prego e leggo la Bibbia o il Corano. Ho molti amici con un credo diverso dal mio e amo le religioni in generale». L’unico momento di esitazione Kristah lo mostra di fronte alla richiesta di definire il genere di musica che fa. «Il mio genere deve ancora nascere! Ho avuto tante influenze, dal soul al rock, ma posso dire di essere un’artista senza genere. Non amo le definizioni di nessun tipo, neanche per i sentimenti, preferisco semplicemente viverli».

(Mariarosa Porcelli – NuoveRadici.world)

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