Italiani in Kenya, Andreina Iorio e la casa famiglia Furaha

di claudia

Di Margherita De Gasperis NuoveRadici.world

La storia di Andreina Iorio, italiana nata nella provincia di Benevento è emigrata in Kenya nel 2013, dove ha deciso di dedicare la vita ai minori più vulnerabili e fondare la casa famiglia Furaha.

«La mia storia inizia con l’arrivo in Kenya, il 23 agosto del 2013», Andreina Iorio, italiana emigrata da Buonalbergo, in provincia di Benevento, in Kenya e (quasi) mai più tornata, inizia così il suo racconto di rinascita, di nuove radici, ma anche molte sfide. È la titolare di un piccolo ristorante di cucina italiana che ha allestito nel suo giardino e qui in Kenya ha costruito la sua famiglia e soprattutto dirige una casa famiglia per bambini, la Furaha Foundation, nata un po’ per caso, che oggi ospita circa 50 minori.

La sua è una storia di migrazione europea atipica. Come nel passato, oggi in Kenya ci sono moltissimi occidentali benestanti che qui conducono una vita florida. Andreina Iorio invece ha un trascorso diverso: «Prima di arrivare in Kenya non avevo mai viaggiato, non avevo mai preso un aereo e non conoscevo niente al di fuori della realtà italiana. Perché ho scelto di venire in Kenya? In quel momento non mi sentivo nel posto giusto della vita, fisicamente e spiritualmente. Sono arrivata qui come i migranti di un tempo, senza sapere la lingua. Non parlavo neanche l’inglese».

L’impegno contro le droghe tra i giovani

Andreina Iorio prende così contatto con persone conosciute solo virtualmente, su Facebook e si ritrova in un Paese straniero, senza certezze sul suo futuro. «Il mio viaggio da Nairobi a Nanyuki, a bordo del matatu su cui viaggiavo, è stato un susseguirsi di emozioni. Mi chiedevo il perché di questa scelta folle. Però guardavo l’orizzonte e mi sentivo a casa, nel posto giusto», ricorda Iorio. Inizia quindi come volontaria in un centro per bambini di strada a Nanyuki, città popolosa epicentro di diversità culturale in cui convivono tribù keniote, expat occidentali e persino una base dell’esercito britannico.

“Quando il progetto, l’anno dopo, è stato chiuso, ho dovuto cercare delle alternative. Ho lavorato in un ristorante e cucinavo a casa per le famiglie… per fortuna la cucina italiana è molto richiesta anche qui! Nel tempo libero incontravo i bambini di strada”, spiega Andreina.

Iorio inizia a preparare dei pasti da distribuire ai giovani all’interno di una chiesa protestante, una struttura in lamiera. Si guadagna la fiducia dei ragazzi, e comincia il suo lavoro di contrasto all’uso della colla, droga tristemente diffusa tra i giovani in Kenya, delineando quello che poi sarebbe diventata la futura Furaha.

“Furaha non è nata come un progetto, è nata per caso ma nella vita il caso ha sempre il suo scopo. I ragazzi che incontravo erano soli, arrivavano fatti di colla. Un po’ alla volta si è creato un legame di fiducia e abbiamo cominciato a dare regole graduali: da ‘Oggi la colla rimane fuori’ siamo passati a ‘Non dovete venire con la colla’”, racconta Andreina.

Nasce Furaha

Il progetto Fuaraha comincia a prendere forma quando Iorio decide di aprire una pagina facebook, chiamata “La ricerca della felicità” con l’obiettivo di trovare degli sponsor per pagare le spese scolastiche dei giovani di strada. Grazie all’aiuto di un’associazione italiana, riesce ad affittare una casa in cui ospitare i ragazzi durante il giorno. «Venivano per mangiare, fare una doccia, studiare. Poi però la sera tornavano in strada e ricadevano nell’uso della colla». La rete di solidarietà partita dall’Italia continua, con l’associazione Col cuore per l’Africa che decide di supportarli e affittare una ex nursery che aveva chiuso da poco.

“La struttura era in lamiera, ma era quello che bastava. Il 1 giugno del 2015 siamo entrati con 14 bambini. A luglio i bambini erano diventati 40”, racconta Andreina Iorio.

Nel 2018 Iorio torna in visita in Italia, per la prima e unica volta da quando è atterrata in Kenya. Un gruppo di amiche decide di garantire un supporto mensile alla Fondazione Furaha, ma anche i concittadini di Buonalbergo si mobilitano. Creano un’associazione, La ricerca della felicità, e con i fondi stanziati Iorio riesce ad acquistare una nuova struttura, che tutt’oggi ospita circa 50 bambini.

“Sos solidarietà Salerno ci aiuta invece a trovare sostegno a distanza per i bambini, sostenendo le spese scolastiche. Ad oggi su 50 bambini, 12 hanno del sostegno a distanza”.

I giovani di Furaha

Se il progetto Furaha è iniziato con l’accoglienza dei bambini di strada, la collaborazione con le istituzioni locali ha portato nella casa famiglia bambini con storie diverse, «a volte bambine sottratte a matrimoni forzati, altre bambini con i genitori in carcere. Spesso sono gli insegnanti a segnalarli, a volte vengono assegnati dai tribunali». Entrano a Furaha e rimangono finchè non sono in grado di sostenersi o, quando possibile, fino alla reintegrazione nelle famiglie d’origine.

“Furaha rimane la loro casa. Abbiamo una ragazza che adesso sta facendo il tirocinio da un parrucchiere, che dopo il periodo di apprendistato la assumerà. È maggiorenne e potrà sostenersi da sola, ma Furaha rimarrà sempre la sua famiglia, visto che lei non ne ha una. Il padre l’aveva promessa in sposa da piccola in cambio di una remunerazione, come da tradizione masai”.

“Christian è il mio orgoglio. È arrivato da noi a 11 anni senza parlare il kiswahili – la lingua nazionale del Kenya – né l’inglese, parlava solo il dialetto masai. Fin da piccolo ha badato alle pecore del padre e in più soffriva di cataratte infantili, quindi era quasi totalmente cieco. È arrivato a Natale, quando le scuole erano chiuse. Ci siamo accorti che era un ragazzino curioso, desiderava  fortemente imparare a scrivere. Ha iniziato il suo percorso scolastico dall’inizio dalla materna, con gli altri bambini che lo portavano per mano, poi abbiamo pagato per la sua operazione oculistica. In poco tempo ha saltato alcune classi e adesso è sponsorizzato per frequentare una scuola privata qui a Nanyuki. Dopo solo una settimana prende voti altissimi, perfino in francese che non aveva mai studiato”.

“Jasmine è una delle bambine di strada con cui abbiamo iniziato. Faceva un massiccio uso di colla, ma da quando è entrata nel 2015 nella casa, non è più uscita, anzi ci ha chiesto di cercare i suoi fratelli. Siamo riusciti a rintracciare la sorella, Linda, che adesso è con noi. Altri dei nostri ‘primi’ sono già fuori, uno è diventato cuoco e uno elettricista e così tante altre soddisfazioni.”

Le sfide

Un amore infinito per questo Paese, per i bambini a cui offre un futuro, ma di certo non una vita semplice. Racconta Iorio che in Kenya, «la vita è una lotta quotidiana. Io non sono arrivata da bianca ricca, all’inizio ho vissuto in un villaggio senza acqua, in una casa con pavimenti di terra».

“Da quando ci sono il covid e la guerra in Ucraina ricevere donazioni è difficile… Il mondo sviluppa nuovi problemi, ma quelli vecchi rimangono”.

Una ricerca continua di fondi e sponsor, ma non in Europa, «perché l’Europa oggi è diventata un posto davvero duro». Non mancano però le ambizioni. Oggi il sostegno che Iorio riesce ad ottenere, soprattutto grazie all’associazione Noi con voi che garantisce il pagamento dello staff, non basta per arrivare a fine mese. Ma qual è il sogno per Furaha? «Raggiungere la sostenibilità. Vorrei un giorno comprare una terra più grande, con del prato per costruire un’area giochi per i bambini, e magari costruire una piccola fattoria. Ma sono grata già per quello che abbiamo, mi basta andare lì e guardarli per ritrovare forza e capire che i sacrifici sono serviti».

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