Il caso letterario di Sabrina Efionayi

di claudia

«Quando scrivo mi sento al sicuro» è il mantra di Sabrina Efionayi, autrice di origine nigeriana nata a Castel Volturno. Ce lo svela nella nostra conversazione sul significato di scrivere e avere doppie radici in Italia oggi. Si sta affermando una nuova generazione di autori e (soprattutto) autrici con background migratorio, che attraverso i libri indagano la propria identità. Da noi è un fenomeno recente rispetto ad altri Paesi, che si fatica a definire fuori dai cliché della letteratura della diaspora e postcoloniale, spesso inadeguati.

di Mariarosa Porcelli – NuoveRadici.world

Se ne parlerà a Torino il 17 giugno nel corso del workshop Diversity leadership nella letteratura, organizzato da Nuove Radici World nell’ambito del ciclo di incontri dedicato alla leadership della multiculturalità, di cui Efionayi sarà una delle protagoniste. A Torino Sabrina Efionayi ci accompagnerà lungo il percorso della sua carriera, già intensa nonostante la giovane età. Quando è stata contattata dalla casa editrice Rizzoli nel 2015, di lei non si sapeva nulla a parte lo pseudonimo Sabrynex.

Strano esordio per un’autrice che ora, con la pubblicazione per Einaudi del suo quarto libro Addio, a domani, è considerata una delle voci rappresentative della generazione Z di origine straniera in Italia. In queste pagine Efionayi ha ripercorso la storia delle sue due madri, quella biologica arrivata in Italia dalla Nigeria e quella italiana della famiglia napoletana che l’ha presa in affido alla nascita, a Castel Volturno. E attraverso quelle storie si è riappropriata della sua identità, dopo averla a lungo negata

Quando Sabrina Efionayi era Sabrynex

«A 14 anni ho cominciato a scrivere racconti sulla piattaforma Wattpad» racconta l’autrice con un marcato accento che sembra un tuffo nel Tirreno. «Mi firmavo Sabrynex e scrivevo storie che non avevano nulla a che vedere con la mia vita a Castel Volturno. Erano ambientate in Inghilterra o negli Stati Uniti con personaggi biondi dagli occhi azzurri».

Grazie a quelle storie di evasione dalla realtà, però, nell’estate del 2015 è stata notata e contattata dalla casa editrice Rizzoli. All’inizio pensava fosse uno scherzo, invece dopo due settimane si è ritrovata a Milano. Così sono nati i due romanzi del 2016 Over e Over 2 e quello del 2017 #TBT Indietro non si torna. «Dopo il terzo libro mi sono presa una pausa di un paio di anni dalla scrittura e mi sono resa conto che con lo pseudonimo Sabrynex mi stavo nascondendo» spiega l’autrice. «In quel periodo ho sentito il bisogno di allontanarmi dalla mia madre biologica, Gladys, e ho iniziato a riflettere su tante cose della mia vita. Solo allora ho iniziato a scrivere Addio, a domani».

Addio, a domani

Mentre scriveva i suoi libri, Sabrina Efionay ha finito il liceo e cominciato la triennale in Culture digitali della comunicazione, che però ci confessa di avere appena accantonato per iscriversi a Scienze politiche il prossimo settembre. Gli ultimi due anni sono stati decisivi per compiere alcune scelte, come l’uscita dall’anonimato che ha coinciso con la riappropriazione delle proprie radici. «In quel periodo la vita mi ha messo davanti parecchi interrogativi che necessitavano risposte» racconta a NRW. «Ho sempre vissuto sul filo della precarietà, una situazione pesante per me e per la mia famiglia italiana perché non essendo stata adottata legalmente, quando Gladys mi prendeva per le vacanze estive o a Natale, a volte pensavo che non mi avrebbe riportata indietro».

Poi, all’inizio del 2020 Efionayi ha dato una taglio netto al rapporto con sua madre e non ha più voluto vederla né sentirla per un paio di anni. «La scrittura di Addio, a domani mi ha aiutata a fare pace con questa situazione. Quando ho finito il libro avevo talmente tanta adrenalina che ho comprato un biglietto senza dirle niente e sono andata da lei, che ora abita vicino a Prato».

Dal libro al podcast di Sabrina Efionayi

È arrivato proprio in questi giorni anche un podcast che dà voce ai protagonisti di Addio, a domani. Si intitola Storia del mio nome, per restare in tema di uscita dall’anonimato ed è prodotto da Spotify e Chora Media. «Efionayi è il cognome dell’uomo che ha accompagnato mia madre in ospedale quando ha partorito e che si è finto mio padre per permettermi di avere i documenti, visto che mio padre non si è presentato», racconta Efionayi anticipando alcuni dettagli di una storia sicuramente fuori dagli schemi. «Il nome Sabrina, invece, è quello della figlia della donna che ha messo sulla strada mia madre Gladys, una bambina che allora aveva circa dieci anni. Penso che mia madre abbia voluto addolcire un po’ questa donna, la sua madame, dato che era fortemente contraria alla mia nascita».

Esiste una letteratura di seconda generazione?

In Italia Efionayi dice di seguire scrittrici come Igiaba Scego e Oiza QueensDay Obasuyi «che ha scritto una storia coloniale dal punto di vista di una persona nera» o Abdou Diouf, che definisce una persona immensa. E, sui contenuti della letteratura firmata da penne di origine straniera, constata il procedere in varie direzioni, che poi è anche la sua ricchezza. «La scrittura per me viaggia su un doppio binario, personale e intimo che riguarda il mio percorso di crescita e dall’altro lato la scrittura come divulgazione» spiega l’autrice.

“Si devono raccontare storie che possano far sentire scomode le persone, perché quando sei scomodo decidi di alzarti e fare qualcosa. È importante riconoscere il diritto a noi ragazzi di seconda generazione non solo di parlare ma di farlo nel modo che riteniamo più giusto. Non dobbiamo permettere agli altri di parlare per noi, dobbiamo farlo in prima persona”.

Quando tocchiamo il tema delle definizioni, che sono state al centro di tanti dibattiti nel periodo caldo dei movimenti di Black Lives Matter, secondo Sabrina Efionayi termini come postcoloniale hanno senso fino a un certo punto. «Non si deve dimenticare ciò che è accaduto storicamente ma bisogna anche liberare i corpi neri da un certo tipo di linguaggio coloniale. Ormai questa generazione ha ricominciato da capo rispetto al passato e stiamo già vivendo in una fase proiettata nel futuro». Ed è proprio da qui che dovrebbero partire i futuri scrittori, ai quali Efionayi suggerisce di «scegliere una storia, custodirla e battersi per lei senza permettere a nessuno di criticare le ragioni per cui si è scelta».

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