Il coronavirus minaccia la natura

di Enrico Casale
lemuri

Un terzo di tutte le specie di lemuri, un piccolo primate che vive in Madagascar, è «a un passo dall’estinzione». A lanciare l’allarme è l’Unione internazionale per la conservazione della natura. Nella la sua lista rossa degli animali in pericolo ha inserito 33 specie di lemuri. Le minacce più grandi per questi piccoli animali sono la deforestazione e la caccia. Pericoli che si sono accentuati con la pandemia di coronavirus, durante la quale sono aumentati esponenzialmente i casi di disboscamenti illegali e di bracconaggio.

I lemuri non sono l’unica specie a rischio in Africa. Secondo un recente studio condotto da esperti delle Nazioni Unite, entro il 2100 potrebbero estinguersi, a causa dell’opera dell’uomo, metà delle specie degli uccelli e dei mammiferi africani. Il rapporto, condotto da 550 esperti di tutto il mondo, afferma che una ridotta biodiversità potrebbe avere conseguenze pesanti sulla qualità della vita delle persone.

Circa 100 anni fa, la fauna selvatica era molto diffusa in tutto il continente. Centinaia di migliaia di rinoceronti, leoni e milioni di elefanti vagavano per quasi tutte le regioni del continente. Di quella popolazione ne rimane solo una piccola parte. La pressione dell’uomo, attraverso l’allevamento, l’agricoltura, l’industria e la costante crescita delle popolazione (che dovrebbe aumentare da 1,06 miliardi nel 2019 a 1,4 miliardi nel 2030 e 2,12 miliardi nel 2050), ha ridotto il loro territorio a pochi rifugi protetti. Purtroppo anche questi santuari sono costantemente minacciati dal bracconaggio.

La caccia di frodo, che negli anni ha assunto l’organizzazione di una vera industria, rischia di far estinguere rinoceronti, elefanti e altri animali selvatici nei prossimi decenni. Secondo il Wwf, la popolazione di rinoceronti neri è precipitata del 97,6% dal 1960 e la popolazione dei leoni è diminuita del 43% negli ultimi 21 anni. Sempre secondo l’associazione ambientalista, almeno 35.000 elefanti africani vengono uccisi ogni anno. Nel continente rimangono ormai solo 1.000 gorilla di montagna e 2.000 zebre di Grevy.

La domanda crescente dei mercati asiatici per parti dei animali  e il conseguente aumento dei prezzi ha accelerato la caccia di frodo. «Sono professionisti e abili a scappare dopo aver tagliato le corna di rinoceronte in pochi minuti e fuggire così alle forze di sicurezza. Sono maestri nell’evadere il rilevamento. È un affare schifoso e sporco», spigano i ranger africani.

Il turismo, che ha un fatturato di 39,2 miliardi di dollari nel continente grazie a 62,5 milioni di visitatori, ha un ruolo fondamentale nel preservare la natura. I finanziamenti da fonti come le tasse sui parchi nazionali e le escursioni in safari sono risorse indispensabili per mantenere intatta la natura.

L’epidemia di coronavirus ha però avuto effetti disastrosi su tutto il sistema ambientale e turistico. Il blocco dei voli e la chiusura delle frontiere ha drasticamente ridotto il numero dei turisti. Tutti e tre i parchi nazionali in Ruanda sono, per esempio stati chiusi, come il Parco nazionale Virunga nella Rd Congo e il Parco nazionale Kruger in Sudafrica. Oltre a bloccare l’afflusso di valuta estera, ciò ha portato al licenziamento di migliaia di addetti. La povertà ha così portato molte persone a trasformarsi in bracconieri.

Il rischio, segnalano gli ambientalisti, è che il sistema ecologico subisca danni irreversibili. Come l’estinzione dei piccoli lemuri.

(Tesfaie Gebremariam)

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