Genocidio in Ruanda, presto un film grazie al crowfunding

di Enrico Casale

«Nessuno vorrà darci una mano, nessuno ci aiuterà a sviluppare il nostro progetto». Marco Cortesi e Mara Moschini, attori e autori teatrali, non erano fiduciosi. Raccogliere fondi per un film sul genocidio in Ruanda sembrava impossibile. Almeno in Italia dove, secondo la vulgata comune, la gente è disinteressata a qualsiasi tema internazionale. Eppure ce l’hanno fatta. Sono riusciti a raccogliere 29mila euro, grazie a una campagna di crowfunding (raccolta fondi per un progetto), e 43mila euro da donazioni di associazioni e sponsor. Un risultato insperato che ha garantito loro le risorse per partire con le riprese il 1° agosto e con il montaggio a settembre. «Se tutto andrà bene – spiega Marco Cortesi – il nostro film sarà pronto per l’inizio del 2017. Come verrà distribuito? Noi puntiamo inizialmente sul canale cinematografico e su quello televisivo. Successivamente pubblicheremo un libro al quale allegheremo il dvd della pellicola».

Marco Cortesi e Mara Moschini

Marco Cortesi e Mara Moschini

L’idea di un film, anzi di una fiction, sul Ruanda viene a Marco Cortesi e Mara Moschini dopo il successo di uno spettacolo teatrale che i due portano in giro per l’Italia da qualche tempo. «Alcuni anni fa – prosegue Cortesi -, abbiamo raccolto storie del genocidio ruandese da testimoni che lo avevano vissuto sulla loro pelle. Sulla base di quei racconti abbiamo allestito una pièce teatrale che, a oggi, ha avuto più di 400 repliche». Il copione ricalca lo stile del teatro civile, come quello portato in scena da Marco Paolini, autore e attore del celebre «Vajont». «Il genocidio del Ruanda – sottolinea Cortesi – è una pagina di storia che parla di economia e crisi, di differenze e razzismo, di sfruttamento e interessi internazionali, ma anche del coraggio, della fratellanza e dell’amicizia di migliaia di persone unite da una sola consapevolezza, quella di essere parte di un’unica grande famiglia: la famiglia umana. Una consapevolezza per la quale varrà la pena lottare fino in fondo». Sono temi che toccano la coscienza di ciascuno e pongono interrogativi profondi. È forse per questo motivo che lo spettacolo teatrale piace al pubblico.

Il successo convince i due autori a realizzare un film. La trama c’è: la storia (vera) di un ragazzo hutu, arruolato nelle milizie estremiste, che, ribellandosi ai suoi ufficiali, salva una ragazza tutsi e suo figlio e, con lei, protegge altri tutsi e hutu perseguitati. Per realizzare la pellicola mancano però le risorse. Decidono quindi di chiedere finanziamenti attraverso il crowfunding e chiedendo donazioni ad associazioni. «All’inizio – conclude Cortesi – non ci credevamo. Ma adesso possiamo dirlo: ci sbagliavamo di grosso!».

 

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