Swiss Leaks, i conti correnti segreti dell’Africa

di Enrico Casale

swissleaks1C’è molta Africa nelle liste di Swiss Leaks, il vasto sistema di evasione fiscale operato attraverso i conti della filiale svizzera della Hsbc, la banca multinazionale britannica. Secondo i 180 giornalisti del Consorzio internazionale di giornalismo investigativo che hanno rivelato nei giorni scorsi le liste di Swiss Leaks, nella filiale dell’Hsbc di Ginevra sarebbero transitati complessivamente, tra il novembre 2006 e il marzo 2007, 203 miliardi di dollari che facevano capo a circa 100mila clienti e a 20mila società offshore. I dati sono stati estrapolati dai file rubati dalla Hsbc dall’ex impiegato Hervé Feliciani che li aveva poi consegnati alle autorità francesi nel 2008.

Il Paese africano più coinvolto è l’Egitto (20° posto assoluto) con depositi per 3,7 miliardi di dollari effettuati da 700 clienti. Seguono Sudafrica (31° posto), due miliardi e 1.787 clienti; Marocco (37°), 1,6 miliardi e 1.068 clienti; Eritrea (53°), 700 milioni e 24 clienti (quello dell’Eritrea, uno dei Paesi più poveri dell’Africa, è forse il dato più curioso e preoccupante); Algeria (55°), 671,1 milioni, 440 clienti; Kenya (58°), 559,8 milioni, 742 clienti; Tunisia (59°), 554,2 milioni, 256 clienti; Libia (60°), 522,9 milioni, 190 clienti; Seychelles (63°), 506,4 milioni, 85 clienti; Liberia (75°), 287,9 milioni, 58 clienti.

Sono molti gli uomini d’affari e i politici africani coinvolti nello scandalo. Il più noto è certamente re Mohamed VI che, oltre a essere il sovrano del Marocco e il discendente diretto del Profeta, è anche il principale uomo d’affari del Paese. Dall’ottobre 2006 al marzo 2007, periodo per il quale l’inchiesta ha potuto avere accesso ai conti, il montante massimo raggiunto dal deposito del monarca è stato di 7.9 milioni di dollari, briciole rispetto alla sua fortuna complessiva stimata dalla rivista Forbes a 2 miliardi di dollari. Tra i politici o personaggi legati in qualche modo alla politica vanno annoverati anche Johnson Muthama, deputato keniano, presidente della Gemstones, una società che gestisce miniere e commercia pietre preziose; Patrick Bédié, figlio dell’ex presidente ivoriano Henri Konan Bédié, imprenditore nel settore agroindustriale e, in particolare nei settori zucchero, riso, cacao e caffè; Belhassen Trabelsi, cognato dell’ex presidente tunisino Zine el Abidine Ben Ali, e leader indiscusso del clan familiare che si è mosso, fino alla Primavera araba, tra politica e affari non sempre leciti; Rachid Mohamed Rachid, ex ministro del Commercio egiziano, al vertice di molte aziende, condannato dopo il 2011 per corruzione, affari illeciti e distrazione di fondi pubblici; Said Ali Coubèche, politico gibutino, imprenditore e uomo d’affari.

Tra le liste di Swiss Leak spuntano anche i nome di famosi imprenditori. Come Aliko Dangote, nigeriano, il più ricco uomo d’affari africano e il 16° al mondo, fondatore del Dangote Group, che opera in 16 Paesi africani, presidente della Borsa nigeriana. Oppure Roger Boka, morto nel 1999, il primo zimbabwiano a possedere un aereo privato e una Rolls Royce, ha lasciato una fortuna grazie alla sua impresa che opera nel tabacco. La sua ricchezza è stata gestita dai figli che hanno investito in tutto il mondo.

Ci sono anche imprenditori controversi. Come Aziza Kulsum Gulamali, burundese, chiamata la «Regina del coltan». Le Nazioni Unite l’hanno accusata di armare i ribelli burundesi e la Svizzera l’ha accusata di riciclaggio. Oltre a lei c’è Abdul-Karim Dan Azoumi, il principale trafficante di diamanti della Repubblica centrafricana. Secondo l’Onu finanzierebbe i ribelli Seleka che hanno sconvolto il Paese negli ultimi due anni.

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