Zambia, i custodi del Parco Kafue

di claudia

di Giuseppe Taibi – foto di Luca Catalano Gonzaga

In Zambia, una speciale unità della marina combatte ogni giorno una dura battaglia per contrastare bracconaggio e pesca illegale Il Parco zambiano del fiume Kafue, oasi per elefanti e decine di altre specie animali, grande quanto l’Emilia-Romagna, è minacciato da migliaia di bracconieri e pescatori illegali. Per difendere il suo straordinario patrimonio faunistico la difesa del territorio è affidata a un corpo d’élite di ranger tecnologici addestrati a condurre operazioni militari ad alto rischio

Il fiume Kafue, uno dei principali tributari dello Zambesi, fluisce per intero nello Zambia, creando un ecosistema umido ricco di praterie popolato da più di 55 diverse specie animali. All’altezza della diga di Itezhi-Tezhi, nella regione centro-occidentale del Paese, il corso d’acqua si allarga fino a creare un lago che durante la stagione secca rappresenta una fonte unica e vitale di approvvigionamento per la fauna selvatica. Ogni mattina gli elefanti si ammassano per abbeverarsi. Ma queste rive così apparentemente placide possono rivelarsi una trappola micidiale che minaccia la loro stessa incolumità. Quando i pachidermi si mostrano meno guardinghi e più indifesi, diventano facile preda dei bracconieri, che attraversano il lago a bordo di piccole imbarcazioni fingendosi pescatori.

D’altronde i bracconieri usano spesso il lago per contrabbandare le zanne. Una minaccia non solo per gli elefanti, ma per l’intero ecosistema del Paese africano. Una sfida che ha spinto le autorità e le organizzazioni per la difesa della natura a ingaggiare una vera e propria battaglia contro il bracconaggio.

Presidio di legalità

Nel 2017, il Wwf Zambia assieme a un cartello di altri enti e sponsor (Cisco Systems, Flir, Game Rangers International e il Dipartimento dei Parchi nazionali e della fauna selvatica) ha dato vita al Progetto di conservazione del Parco nazionale di Kafue (il secondo parco nazionale più grande in Africa), che impiega l’uso di tecnologie di comunicazione all’avanguardia: da un lato per rilevare e rispondere alle minacce di bracconaggio, dall’altro per aumentare la sicurezza delle guardie durante i pattugliamenti. Un presidio di legalità e sicurezza a difesa del parco, che per inciso è il più antico e più grande dei parchi nazionali zambiani e tra i maggiori dell’intero continente africano. Un’area che si estende per 22.000 chilometri quadrati, grande quanto l’Emilia-Romagna, e che ospita circa un terzo degli elefanti dello Zambia (se ne stimano almeno 5.000 esemplari).

Nella prima fase del progetto è stato installato un sistema di telecamere di sorveglianza collegato in rete che cattura immagini che poi vengono trasmesse ad una centrale operativa attiva 24 ore su 24. A dare supporto al controllo del territorio, un team di risposta rapida, il cosiddetto Marine Anti-Poaching Unit (Unità speciale antibracconaggio della Marina), in grado di intercettare qualsiasi imbarcazione sospetta anche di notte utilizzando telecamere a infrarossi posizionate su uno dei motoscafi. Dal 2017 sono stati condotti oltre 320 pattugliamenti lacustri, che hanno portato a 260 arresti e alla confisca di più di 480 chilometri di attrezzi da pesca illegali.

Migliaia di bracconieri

Inoltre, il programma ha ottenuto una notevole riduzione del bracconaggio di elefanti nel parco creato attorno al Lago Itezhi-Tezhi e al fiume Kafue. A oggi, si è passati dai 15 elefanti bracconati all’anno, rilevati prima dell’avvio del progetto nel 2017, all’attuale media di 2. Nella seconda fase, avviata nell’aprile del 2020, la partnership ha deciso di potenziare la moderna infrastruttura di sorveglianza e comunicazione con l’obiettivo di migliore la sicurezza per gli elefanti, per le altre specie di animali e per i pesci oggetto delle mire dalla criminalità.

La minaccia dei bracconieri a queste latitudini non è da sottovalutare. Anzi. Secondo il ministero del Turismo, si stima che nel Parco nazionale di Kafue operino tra i 4.000 e i 6.000 bracconieri, una sfida continua per la fauna. Questo non è l’unico “santuario” messo in pericolo da cacciatori senza scrupoli. Da tempo l’attenzione in tutto il Paese è cresciuta, tanto che da qualche anno il governo impiega droni per garantire la sicurezza dei parchi nazionali e contrastare la caccia illegale. L’anno della svolta è stato il 2018, quando l’esecutivo centrale di Lusaka si rese conto di come la minaccia all’ecosistema rappresentasse un pericolo per l’intero settore del turismo. Un comparto che nel 2019 ha registrato, in termini di entrate, 820 milioni di euro, cifra importante ma inferiore rispetto ai Paesi vicini, e questo, nonostante le attrattive.

Patrimonio da tutelare

La scelta del 2018 fu assunta sulla spinta dei dati riferiti al 2016, considerato da molti l’annus horribilis: quell’anno – secondo dati raccolti dalla stampa – nello Zambia e in altre regioni d’Africa i bracconieri avevano abbattuto fino al 30% degli animali della savana. A dire la verità, il governo già nel 2013 aveva vietato la caccia dei leoni e dei grossi felini come forma di attività sportiva. In quell’occasione le motivazioni non erano certamente etiche, ma dettate da opportunità: si capì che tutelare il turismo sarebbe stato più vantaggioso dal punto di vista economico. Con quella scelta, il Paese si allineò agli Stati vicini come il Kenya, che aveva vietato la caccia sportiva una decina di anni prima, e il Botswana, che varò una legge simile quasi in contemporanea.

«L’attuazione delle attività è andata come previsto», spiega con orgoglio Brian Chilmbe, coordinatore del programma per la fauna selvatica del Wwf Zambia. «Tuttavia, va ricordato che il programma per la fauna selvatica che racchiude questo progetto ha subito tagli al budget. Questi tagli hanno avuto un effetto a cascata sulla maggior parte delle iniziative previste nell’ambito del programma. E il budget non sarà sufficiente per attuare pienamente tutte le attività previste nell’ambito del piano».

Operazioni a rischio

Che cosa fare per salvare il lavoro fin qui compiuto e non gettare alle ortiche anni di impegno ambientalista, che con coraggio ha tenuto alla larga bracconieri senza scrupoli? Operatori e volontari del Wwf, riconoscendo i risultati e i successi ottenuti, annotano con amarezza i rischi che il lavoro compiuto venga totalmente vanificato. Per evitarlo, il Wwf zambiano ha redatto un vademecum contenente tutte le misure necessarie per salvare gli elefanti e gli animali del Parco nazionale di Kafue. Il finanziamento sostenibile a lungo termine – si legge in un documento dell’organizzazione – è fondamentale per un’efficace attuazione del progetto. A ciò bisogna aggiungere che la manutenzione dell’attrezzatura dovrebbe avere la priorità nel piano, questo se si vuole che il programma funzioni con un’efficienza del 100% in modo da ottenere i massimi risultati attesi. Per la ricerca dei fondi, in assenza di aiuti e sovvenzioni costanti, si guarda con sempre più insistenza verso il governo di Lusaka, al quale si chiede un impegno massiccio.

I volontari sanno benissimo che non è una battaglia che si possa combattere da soli. L’obiettivo è allineare i prossimi passi del progetto alle aspirazioni tecnologiche dell’African Parks Network. Nell’imminente futuro sarà varata una piattaforma per incrementare la raccolta fondi per l’operatività a lungo termine. Necessaria, poi, l’installazione di apparecchiature aggiuntive e di nuove tecnologie. Indispensabili la formazione continua e l’equipaggiamento di una squadra di difesa guidata dall’intelligence per neutralizzare i bracconieri, attuando una migliore capacità investigativa. «Il Wwf Zambia e i suoi partner», promette Brian Chilmbe, «continueranno a concentrarsi sul rendere il progetto di conservazione più operativo coinvolgendo maggiormente il governo.

La necessità è di fornire sorveglianza in tempo reale delle attività illegali sul lago Itezhi-Tezhi, dando supporto alle operazioni delle forze dell’ordine attorno al bacino». A beneficiarne, gli elefanti, i pesci del fiume e quell’intero ecosistema che fa di questo lembo d’Africa uno degli angoli più affascinanti del continente. E a guadagnarci saranno di certo pure le casse dello Stato.

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