Tristi tropici: cresce la pirateria in Africa Occidentale

di Stefania Ragusa

I numeri o, meglio, le percentuali le ha fornite il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo. E sono preoccupanti. Nell’anno appena concluso la pirateria nel Golfo di Guinea ha avuto un incremento del 40 per cento rispetto al precedente. L’attacco dell’altro ieri a una nave da carico turca, costato la vita a un marinaio e conclusosi con il rapimento di altri 15, è solo l’ultimo episodio di una lunga serie. I dati indicano che il Golfo di Guinea è diventato di fatto la zona marittima più pericolosa del mondo nel 2020. Gli attacchi alle petroliere sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi mesi e i Paesi della regione stanno lottando per contenere i danni.

Nel mondo sono complessivamente diminuiti i “crimini nel mare”, dicono le statistiche, ma le acque che lambiscono l’Africa Occidentale fanno eccezione. Il trend va avanti da almeno un paio d’anni. Si parla infatti di almeno 121 marinai rapiti nel Golfo di Guinea nel 2019, quasi il doppio rispetto all’anno prima. Le aree più colpite sono di fronte alle coste del Benin, del Camerun e, soprattutto, della Nigeria. Ma le attività piratesche si spingono anche a nord, in Ghana e Costa d’Avorio, e a sud, nei mari di Guinea Equatoriale e Camerun. In totale, nella prima metà del 2020, il Centro di segnalazione della pirateria dell’International maritime bureau (Prc – Imb), ovvero l’organismo internazionale per la lotta ai crimini connessi al commercio e al trasporto marittimo globale, ha registrato 98 episodi di pirateria e rapine a mano armata, rispetto ai 78 del secondo trimestre 2019, con in tutto 49 membri dell’equipaggio rapiti e trattenuti anche sei settimane. Il 90% di questi attacchi è avvenuto nel Golfo di Guinea.

«Gli assalti dei pirati, ma sarebbe meglio definirle rapine a mano armata, sono da sempre frequenti nei porti dell’Africa occidentale, con un picco a Lagos in Nigeria, ma il fenomeno attualmente più preoccupante sono gli abbordaggi molto distanti dalla costa, sino a duecento miglia, con rapimento degli equipaggi a scopo di riscatto», spiegano Nicolò Carnimeo e Samuel Oyewole nell’approfondimento “Noi contro i petropirati del Golfo di Guinea” pubblicato su un recente numero della rivista di geopolitica Limes. Come avvengono gli attacchi? Anche nell’Africa occidentale oggi vengono adoperate “navi madre”, per lo più pescherecci sequestrati in precedenza o piccoli cargo dai quali, una volta individuato il bersaglio, partono scafi veloci con un commando di quattro o cinque unità armate di mitragliatori e lanciagranate, si legge nell’articolo, che mette anche in luce l’importanza strategica del Golfo di Guinea a livello commerciale. Da parte loro, i governi africani lamentano da anni la mancanza di mezzi per combattere il fenomeno nelle acque del Golfo dove, a fronte di un’area così vasta, hanno a disposizione guardie costiere con un’insufficienza di armamenti, imbarcazioni e personale.

(Valentina Milani)

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