Nelle foreste del Katanga non si placano gli scontri tra i pigmei twa e la popolazione luba. Le ostilitĆ sono iniziate per una manciata di larve. Anzi no: per una storia dāamore. Ma sono altre le vere causeā¦
Ā«Ero nella capanna assieme ai miei due figli quando ho sentito urlare mio marito: āScappa, scappa!ā. Ho capito subito cosa stava accadendo, cosƬ ho preso i bimbi e sono fuggita nella boscaglia. Nascosta tra i rovi, ho visto un gruppo di uomini nellāaccampamento che lo avevano circondato. Indossavano amuleti e brandivano asce e bastoni. Si sono accaniti su di lui come bestie feroci. Lo hanno colpito più volte alla testa e hanno infierito sul suo corpo. Gli hanno tagliato i genitali e lo hanno fatto a pezzi urlando cose terribili. Io e i miei figli abbiamo visto tutto, eravamo scioccati e terrorizzati, ma non potevamo fare nulla. Se ci avessero scoperti, avremmo fatto la stessa orribile fineĀ».
Questa ĆØ la testimonianza di una donna di etnia twa raccolta da Human Rights Watch, una delle poche organizzazioni impegnate a documentare le violenze che stanno sconvolgendo la provincia del Tanganyika (giĆ Katanga settentrionale) nella Repubblica democratica del Congo. Il conflitto in corso vede contrapporsi due gruppi etnici locali: i Twa, pigmei, e la popolazione bantu dei Luba. Pesante il bilancio degli scontri: nellāarco degli ultimi tre anni almeno 250 persone sono state uccise e migliaia costrette a fuggire dalle proprie case.
Stragi silenziose
Ā«Il numero delle vittime in realtĆ potrebbe essere di gran lunga maggioreĀ», fanno presente gli attivisti di Human Rights Watch. Ā«Le autoritĆ locali ostacolano il nostro lavoro di ricerca: vogliono far passare sotto silenzio il terribile massacro che si sta compiendoĀ». Pochissime notizie filtrano dal Tanganyika: una regione isolata (grande quanto lāinsieme di Val Dāaosta, Piemonte, Liguria), ricoperta in larga parte dalla foresta pluviale.
A rompere il silenzio, in ottobre, ĆØ stato un missionario cattolico che, preferendo non rivelare la propria identitĆ , ha documentato e reso pubblica lāultima strage: venti persone sono state trucidate in scontri interetnici avvenuti nella localitĆ di Kabalo. Secondo quanto riportato dal sacerdote (e successivamente confermato dalle autoritĆ locali), le violenze sono esplose a seguito di una disputa sulla raccolta dei bruchi, un alimento comune in questa parte dāAfrica. Persino i più raffinati ristoranti della capitale Kinshasa propongo nei loro menù ādeliziosi spiedini di lombrichi gratinatiā.
Nella dieta dei Twa, larve e vermi garantiscono un fondamentale apporto di proteine. Non solo. La loro raccolta nella foresta rappresenta una fonte di reddito irrinunciabile. Gli insetti vengono catturati ogni giorno in grandi quantitĆ per poi essere venduti ai commercianti bantu che, a loro volta, li smerciano al dettaglio.
Odio e vendette
Lo scorso autunno i Luba, maggioritari nella regione, hanno imposto ai pigmei unāimposta illegale sulla raccolta dei bruchi. La nuova Ā«Caterpillar TaxĀ» (cosƬ lāha definita la Bbc dandone notizia) ha suscitato la reazione sdegnata e rabbiosa dei Twa, che si sono rifiutati di pagare. Ne ĆØ scaturita una disputa ā su cui le autoritĆ locali colpevolmente non sono intervenute ā che ĆØ sfociata in una vera e propria guerra. Due āesattoriā bantu sono stati trafitti dalle frecce avvelenate dei pigmei. La reazione dei Luba non si ĆØ fatta attendere: per rappresaglia hanno attaccato e dato alle fiamme un accampamento twa, uccidendo almeno sedici pigmei con asce e machete. La scia di sangue ĆØ proseguita con assalti e imboscate in un susseguirsi di ritorsioni reciproche che hanno causato decine di altre vittime.
Amori impossibili
La guerra dei bruchi ĆØ solo lāultimo capitolo di un lungo conflitto che ha seminato odio e sete di vendette nel Nord del Katanga. Pare che la vera causa scatenante delle ostilitĆ sia stata una questione di amore. Nel 2013 un luba, padre di famiglia che godeva di buona reputazione, aveva preso in segreto come amante una donna twa. Non appena la tresca fu scoperta, scoppiò il finimondo. Nella cultura luba una simile relazione affettiva era inconcepibile. I pigmei erano (e tuttora sono) considerati degli esseri inferiori, alla stregua degli animali. Unirsi a loro significava disonorare la propria razza. Nemmeno i Twa tolleravano lāidea di mischiarsi con gli āarrogantiā e ādispoticiā bantu. Tra gli abitanti dei due villaggi volarono insulti, intimidazioni, minacce. Poi, i parenti degli amanti passarono dalle parole ai fatti. In breve tempo la faida familiare divenne un conflitto interetnico.
«Solo pretesti»
Ā«Dallāinizio dei combattimenti, nel 2013, tra i gruppi luba e twa si susseguono frequenti scontri che hanno giĆ causato centinaia di civili uccisi, decine di rapimenti, almeno trenta villaggi rasi al suolo e migliaia di sfollatiĀ», riferisce un rapporto stilato dai caschi blu dellāOnu dislocati nella regione. Ā«Dobbiamo al più presto porre fine a questo massacroĀ», asseriva JuvĆ©nal Kitungwa quando ancora era ministro dellāInterno del Katanga.
Ā«La vicenda dei bruchi e la storia dei due amanti sono solo dei pretesti. Alla base delle violenze cāĆØ il diffuso razzismo dei bantu nei confronti dei pigmei. I Twa subiscono da sempre una sorta di apartheid, vivono ai margini della vita sociale ed economica. Ma dopo decenni di angherie e soprusi, hanno deciso di reagire. La loro opposizione allāillecita āimposta sui bruchiā ĆØ il segno di unāesasperazione o forse di un riscatto. Sta a noi, funzionari dello Stato, fare in modo che il conflitto venga risolto assicurando giustizia e diritti a tutti i cittadiniĀ».
(di Marco Trovato)