La francese Total sotto processo per accuse da ambientalisti ugandesi

di claudia
oleodotto

Il colosso petrolifero francese Total è convocato oggi al tribunale di Parigi. La compagnia è stata denunciata, nell’ottobre 2019, da sei associazioni in merito al dovere di vigilanza sociale e ambientale della società. Friends of the Earth France, Survie e quattro associazioni ugandesi (Afiego, Cred, Nape e Navoda) ritengono che il gigante dell’energia non stia adempiendo al proprio dovere di vigilanza in merito alle violazioni dell’ambiente e dei diritti umani in Uganda e in Tanzania, dove la Total investirà 10 miliardi di dollari. I querelanti ritengono che l’identificazione dei rischi legati alle attività di TotalEnergies, così come le misure per farvi fronte, siano insufficienti.

Survie e Friends of the Earth hanno da poco pubblicato un rapporto sull’Eacop, il progetto di oleodotto gigante di Total in Uganda e Tanzania. Il rapporto è il risultato di un’indagine sul campo senza precedenti in Tanzania e dà voce alle comunità coinvolte. “Dalle sponde del Lago Vittoria all’Oceano Indiano, in tutte le regioni interessate da questo futuro oleodotto, le popolazioni colpite esprimono sentimenti di impotenza e ingiustizia di fronte alle pratiche dei promotori petroliferi che violano i loro diritti più fondamentali”, scrive Thomas Bart, autore della relazione.

L’Eacop, un progetto di oleodotto riscaldato, attraverserà la Tanzania per trasportare il petrolio estratto in Uganda al porto di Tanga, prima di essere esportato. Questo mega-progetto petrolifero, “fondamentalmente incompatibile con l’urgenza di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, è un’aberrazione ambientale”, denuncia il rapporto. “Attraverserà molti ecosistemi protetti, corridoi faunistici e il bacino del Lago Vittoria (da cui dipendono 40 milioni di persone), mentre ad oggi Total non ha pubblicato alcun piano di gestione del rischio di fuoriuscita di petrolio”. Peggio ancora, la costa tanzaniana essendo molto vulnerabile ai rischi di tsunami e cicloni, “le infrastrutture petrolifere che verranno costruite e le petroliere che verranno ad imbarcarsi rischiano di provocare fuoriuscite di petrolio nel cuore di una biodiversità eccezionale. Metà del massiccio corallino della Tanzania è riparata in questo parco marino protetto”.

Inoltre, secondo le associazioni, la Total “cerca di ridurre al minimo gli impatti del progetto sottovalutando il suo contributo al cambiamento climatico. Eacop significa è 379,4 milioni di tonnellate di Co2 che verranno rilasciate nell’atmosfera, fino a 34 milioni di tonnellate all’anno, più delle emissioni combinate di Uganda e Tanzania”.  Contando solo le emissioni causate da parte della costruzione del gasdotto e dal suo utilizzo (meno del 2% delle emissioni totali), Total “ignora volutamente le quantità catastrofiche di emissioni di CO2 legate al trasporto marittimo, alla raffinazione, ma anche e soprattutto, all’utilizzo del petrolio”.

Non solo: il progetto “prevede un massiccio accaparramento di terre lungo il percorso dell’oleodotto. Le terre di oltre 86.000 persone, di cui quasi 62.000 in Tanzania, sono interessate”.  Le popolazioni colpite testimoniano una totale assenza di consultazione e una sistematica mancanza di informazioni. “Ci dicono che hanno ceduto la loro terra a Total sotto costrizione, in cambio di un compenso finanziario sottovalutato che, per la maggior parte delle persone colpite in Tanzania, non è stato ancora pagato. Risultato: le popolazioni colpite, che vivono principalmente dei loro raccolti, non possono più coltivare liberamente la loro terra e aspettano ancora (a volte per 3 o anche 4 anni) il pagamento di un magro compenso economico. Dicono di soffrire di una grave carenza di cibo e di non poter nemmeno riparare le loro case, che sono sull’orlo del collasso”. 

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