La delusione dei giovani sudafricani, dieci anni dopo la morte di Mandela

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di Claudia Volonterio

Il 5 dicembre 2013 moriva all’età di 95 anni Nelson Mandela, il primo presidente nero del Sudafrica eletto in un’elezione democratica. Icona della lotta al regime di segregazione dell’apartheid, Mandela dedicò la sua vita alla promozione e alla lotta per liberare le persone da ogni condizione di schiavitù, povertà, discriminazione razziale e di genere. A dieci anni dalla sua morte, il Sudafrica è, secondo un rapporto della Banca Mondiale, il paese con le maggiori disuguaglianze al mondo. Una realtà cruda che appanna il mito di Mandela tra i giovani sudafricani.

Dieci anni dopo la morte di “Madiba” icona del popolo sudafricano per la sua incessante lotta contro il regime segregazionista che l’ha portato a vivere 27 anni di prigionia, l’eredità del primo presidente nero sudafricano risulta in bilico, a giudicare dallo sconforto dei giovani che non vedono realizzati nel Paese gli ideali per cui Mandela aveva lottato.

Sono chiamati “i nati liberi” e sono i sudafricani neri nati dopo che Nelson Mandela divenne il primo presidente democraticamente eletto del paese dopo quasi trent’anni di prigionia. La loro voce oggi, raccolta dai media locali, esprime una precisa delusione e sconforto per il mancato concretizzarsi del sogno di una nazione arcobaleno. Oggi, riporta Cbs news, più della metà della popolazione vive in condizioni di estrema povertà. Alla povertà si aggiunge un tasso di corruzione, scandali, disoccupazione, blackout incessanti: segnali di una crisi che i governi successivi, tenuti da presidenti dell’African National Congress (ANC) non hanno saputo gestire. Secondo alcuni critici, la crisi del Sudafrica è il risultato da una parte del peso della corruzione, dall’altra della difficile eredità dell’apartheid, che ha bloccato il Paese da una vera svolta democratica.

Per la maggior parte dei giovani sudafricani l’università è inaccessibile e molti danno la colpa a Nelson Mandela. “Non credo di essere arrabbiato”, dice lo studente Kgotso Selomah a Cbs News. “Penso di essere molto deluso e che avrebbero potuto fare di più per me.” Alcuni di loro non danno la responsabilità della situazione a Mandela, ma ai governi che son venuti dopo di lui. “Hanno fallito. Vorrei che potessimo semplicemente svegliare Mandela e sistemare tutto… L’economia sta crollando”, ha sottolineato a Cbs Agnes Mashole, proprietaria di un salone di bellezza.

Isaac Rabotapi, una guardia di sicurezza, aggiunge: “Sono molto deluso. Penso che Tata – (“padre”, come veniva chiamato, ndr) – piangerebbe molto nel vedere che il Sudafrica sta crollando. Sta crollando per l’acqua, l’elettricità, la carenza di cibo, il crimine”.

Nelson Mandela si fece promotore di ideali di liberazione da schiavitù, povertà, privazione, discriminazione. Oggi, riporta Aljazeera, “il Sudafrica è il paese con le maggiori disuguaglianze al mondo, dove la razza gioca un ruolo determinante in una società in cui il 10% della popolazione possiede più dell’80% della ricchezza” afferma un rapporto della Banca Mondiale. ”Quasi tre decenni dopo la fine dell’apartheid, “la razza rimane un fattore chiave di elevata disuguaglianza in Sudafrica, a causa del suo impatto sull’istruzione e sul mercato del lavoro”, si legge.

Il tasso di disuguaglianza, spiega il New York Times, non ha fatto altro che peggiorare da quando l’apartheid è formalmente terminato nel 1994. Una situazione che pervade molti livelli: dalla discrepanza tra l’istruzione tra bianchi e neri, basti pensare che il settanta per cento dei dirigenti sono bianchi, al peso della disoccupazione. Quasi due terzi delle persone sotto i trentacinque anni non hanno un lavoro. Da non sottovalutare le conseguenze sulla vita delle persone dei continui blackout elettrici, che rendono problematica la vita quotidiana, rallentando anche l’economia del Paese.

Analizzando i dati riguardanti il lavoro ne emergono evidenti differenze di stampo razziale e discriminatorio. Secondo i dati ufficiali riportati da Aljazeera, quasi il 40% dei neri sudafricani risultavano disoccupati nei primi tre mesi del 2023, mentre il tasso di disoccupazione scendeva al 7,5% tra i bianchi.

Nonostante i neri sudafricani costituiscano l’80% della popolazione in età lavorativa, occupano solo il 16,9% dei posti di top management, mentre i bianchi che costituiscono circa l’8% della popolazione detengono il 62,9% dei posti di lavoro di alto livello menageriale.

Secondo i dati pubblicati da Statistics South Africa, i sudafricani neri guadagnavano in media solo circa un quinto rispetto ai loro colleghi bianchi nel 2015. Secondo l’indagine statistica sulle condizioni di vita del Sudafrica, condotta una volta ogni cinque anni, il reddito familiare annuo dei neri ammontava in media a 92.893 rand (circa 7.000 dollari) rispetto ai 444.446 dei bianchi. Uno squilibrio alle stelle tra ricchi e poveri, con 3.500 adulti che possiedono più dei 32 milioni di persone più povere in un paese di 60 milioni di abitanti, secondo i dati del Times nel 2021.

La delusione dei giovani può nonostante tutto, diventare un punto da cui partire, una rabbia che si fa motore: “Mandela ha mostrato al Sudafrica la strada, ma spetta al Paese e alla sua gente essere all’altezza dei suoi valori democratici. Quello che dobbiamo fare è trovare il Mandela dentro di noi”, chiosa Jay Naidoo, una delle figure politiche che sono state vicine a Madiba nel suo governo.

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