Kenya, coltivazioni di khat in ginocchio ma i contadini non si arrendono

di Valentina Milani

Anche se la pioggia ha iniziato a cadere sulle colline fuori dalla città di Maua, nella regione keniana dell’altopiano di Meru, famosa per la qualità del khat che vi si coltiva, le speranze dei contadini locali sono state disattese. La siccità, infatti, ha rappresentato un duro colpo per le coltivazioni di khat già in ginocchio a causa della pandemia da Covid-19. I contadini speravano quindi un cambiamento del tempo e delle condizioni di mercato. Non è stato così, ma loro non si arrendono.

A focalizzare l’attenzione sul fenomeno è un ampio reportare pubblicato da Al Jazeera nel quale viene spiegato, tramite diverse interviste raccolte sul campo, che il mercato del khat keniano non si è ancora ripreso dalla battuta d’arresto iniziata con la pandemia di coronavirus del 2020. “Durante la pandemia, gli affari erano molto bassi”, ha detto Eric Mwiti, contadino intervistato dall’agenzia internazionale francese. “A volte non riuscivamo a vendere il nostro raccolto. Ora le cose vanno meglio, ma non è più come prima”, ha aggiunto con amarezza.

Il khat, una foglia stimolante con un effetto energizzante e leggermente euforico quando viene masticata, viene coltivato nell’Africa orientale e settentrionale, dove viene consumato localmente e spedito nel Corno d’Africa e in alcune parti del Medio Oriente.

Il più grande cliente all’estero per i coltivatori di khat keniano è stata la Somalia: i coltivatori spediscono grandi quantità di foglie e steli freschi, raccolti e trasportati alla massima velocità verso gli aeroporti, per essere inviati all’estero prima che inizino a perdere la loro potenza.

Per due anni, l’esportazione di khat keniana in Somalia è stata ufficialmente vietata, apparentemente per motivi di salute. Molti l’hanno vista come una mossa politica, parte di un presunto litigio tra gli allora presidenti Uhuru Kenyatta e Mohamed Farmaajo. Il divieto fece crollare il mercato keniano e indusse gli agricoltori a licenziare i lavoratori e a lasciare le fattorie incolte.

Quando l’anno scorso il commercio è stato ripristinato, molti hanno pronosticato un nuovo boom per questa coltura da reddito. Finora, però, i coltivatori e i commercianti di khat affermano che ciò non si è concretizzato e, nella speranza di rilanciare la produzione, chiedono il sostegno del governo keniano.

“L’attività non ha più senso”, ha dichiarato ad Al Jazeera Kimathi Munjuri, presidente di Nyamita, un’organizzazione commerciale che rappresenta i coltivatori, i commercianti e gli esportatori di khat del Kenya. Secondo lui, l’accordo per la ripresa del commercio tra Kenya e Somalia è stato affrettato ed è stato uno stratagemma per ottenere la benevolenza politica. “Il governo non si è preso il tempo necessario per un accordo fattibile”, ha aggiunto Munjuri.

I contadini dicono di sentire ancora la pressione del mercato del khat. Durante i lunghi mesi di siccità a Meru, la maggior parte delle aziende agricole non ha potuto produrre ad alti livelli. L’area non è stata colpita dalla siccità come il Kenya settentrionale, ma gli agricoltori hanno atteso con ansia l’inizio delle piogge alla fine delle ultime due stagioni secche. Ma anche le piogge tanto attese non sono state sufficienti. “Ora c’è un sole cocente, quindi è più difficile coltivare”, ha detto Gilbert Kimathi, uno degli agricoltori. “Anche i pozzi si prosciugano”.

Kimathi, 45 anni, coltiva khat nella zona da più di due decenni, osservando il mercato salire e scendere, mentre le stagioni secche si allungano. “La pandemia è stata di gran lunga il periodo peggiore che ricordi, ma non è ottimista sul fatto che altre piogge possano risolvere tutto. Un’improvvisa ondata di raccolti freschi che inonda il mercato abbassa i prezzi”, ha spiegato. Le sue preoccupazioni immediate sono quelle degli agricoltori di tutto il mondo: i prezzi degli input agricoli. “Abbiamo bisogno che il governo ci aiuti a costruire pozzi e dighe per l’irrigazione”, ha detto. “Che si organizzi per l’acquisto di fertilizzanti”.

Il presidente keniano William Ruto ha promesso molte di queste cose. In un discorso agli agricoltori della zona prima del suo insediamento, l’anno scorso, Ruto ha detto che il ministero dell’Agricoltura avrebbe ridotto i prezzi dei fertilizzanti di quasi la metà, una potenziale manna per gli agricoltori di tutto il Paese.

Ha anche annunciato un piano per la costruzione di 100 dighe su piccola scala per migliorare l’irrigazione degli agricoltori keniani. Ma l’iniziativa è rivolta soprattutto alle colture di base, apparentemente per aumentare la sicurezza alimentare di una nazione che importa più di 1,3 milioni di dollari di cibo all’anno. Le colture da reddito come il khat non sembrano rientrare nel piano.

I commercianti di khat pagano una commissione di 4,50 dollari al chilogrammo per le esportazioni, una tassa che secondo gli addetti ai lavori ostacola la capacità di competere con la vicina Etiopia.

Durante l’esclusione del Kenya dal mercato durante il Covid-19, i commercianti etiopi hanno preso il sopravvento e secondo alcuni osservatori i coltivatori kenioti non saranno in grado di rientrare pagando ulteriori commissioni.

L’anno scorso, Ruto ha incontrato il nuovo presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud per affrontare la questione della nuova commissione che i commercianti di khat avrebbero pagato alle compagnie aeree per esportare il loro prodotto. Secondo Nyamita, i colloqui non hanno prodotto risultati tangibili, poiché i commercianti continuano a pagare le commissioni per spedire il loro prodotto fuori dal Kenya.

Secondo Ahmed Koshin, ricercatrice e dottoranda presso le università di Copenhagen e Nairobi molti commercianti locali, per lo più donne, sono stati costretti a lasciare l’attività durante le precedenti chiusure e non sono più tornati. “Ora, con la siccità, il consumo è rallentato e i prezzi sono aumentati. Cinque chili di khat vengono ora venduti a 58 dollari”, ha dichiarato ad Al Jazeera. “È soprattutto l’élite che può permettersi di masticare khat in questi giorni”, ha detto Koshin. “Questo business persiste. Ma invece di ridurre i prezzi in situazioni di siccità, accade il contrario: diventa molto costoso”.

Ma i prezzi elevati sul lato somalo del confine non sono di grande aiuto per i coltivatori keniani, osserva Al Jazeera. Ostacolati dalla tassa sull’importazione e dalla diminuzione delle forniture, stanno lottando per produrre e spedire il khat con profitto.

Per Hassan Abdi, 33 anni, commerciante di khat, nemmeno le basse commissioni di importazione saranno sufficienti. Vuole che il governo keniota assuma un ruolo più attivo nel proteggere e promuovere il commercio del khat. “Vogliamo che il governo trovi altri mercati, come Londra, i Paesi Bassi, Gibuti, il Congo e persino il Mozambico”, ha detto. “Vogliamo che il governo lavori per creare accordi commerciali”.

Il khat è illegale in molti Paesi, tra cui l’Inghilterra e i Paesi Bassi, dove la diaspora somala costituisce la grande maggioranza dei consumatori. Il prodotto arriva comunque a questi consumatori, ma i coltivatori ritengono che il governo kenyano dovrebbe promuovere la legalizzazione per espandere il proprio mercato.

Attualmente, il khat viene spedito in Somalia soprattutto attraverso voli charter privati, permettendo alle compagnie aeree di dettare i prezzi. Abdi spera che la Kenya Airways istituisca invece voli cargo giornalieri per Mogadiscio.

Gli agricoltori e i commercianti si lamentano abitualmente della volatilità del mercato dovuta al clima, al costo dei fattori di produzione, al commercio internazionale e alla geopolitica. Sperano che il governo keniota istituisca un prezzo fisso per il khat, come ha fatto l’Etiopia nel 2022.

Ma, nonostante le difficoltà, i contadini kenioti continuano a coltivare quello che possono. Ogni sera, a Maua, portano i loro raccolti freschi alle bancarelle del mercato illuminate da luci fluorescenti, impacchettando il prodotto prima in foglie di banano per preservarne la freschezza, poi in grandi sacchi sul retro dei camion, per le corse notturne verso l’aeroporto per la spedizione. Anche se – come si legge nel reportage – operano con margini ridotti, c’è ottimismo per il futuro del loro prodotto.

La coltivazione del khat è una tradizione di lunga data negli altopiani del Kenya e c’è un senso di orgoglio duraturo per ciò che i coltivatori ricavano dal ricco suolo montano.

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