Etiopia-Eritrea – I retroscena dell’accordo di pace

di Enrico Casale

Etiopia e Eritrea hanno firmato una dichiarazione congiunta di pace e amicizia lunedì 9 luglio, dopo oltre 20 anni di guerra. Questo accordo storico formalizza il loro riavvicinamento e prevede una ripresa degli scambi, dei trasporti e delle telecomunicazioni, nonché il ripristino dei legami diplomatici e l’attuazione dell’accordo internazionale sul rispetto della frontiera. Una dichiarazione di pace che si inserisce in un piano strategico più ampio.

La dichiarazione è stata sponsorizzata dagli Stati Uniti, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti e fa parte di un ampio piano di stabilizzazione del Corno d’Africa, il cui scopo a livello geopolitico è di liberare la morsa della Cina sull’Africa e consolidare l’alleanza contro l’Iran.

Per mesi, i tre Paesi hanno negoziato una possibile pace tra Eritrea ed Etiopia, per riuscire a superare  questo conflitto e portare stabilità nella regione. Un funzionario americano, secondo quanto riporta il sito www.rfi.fr, ha visitato l’Eritrea lo scorso aprile. Era il primo dal 2004. Donald Yamamoto, sottosegretario di Stato per gli Affari africani, ha incontrato il presidente eritreo. All’inizio di giugno, Issayas Afewerki è stato ricevuto dal principe di Abu Dhabi. Nulla è filtrato sui contenuti di questi incontri.

Una cosa però è certa. L’arrivo di Abiy Ahmed al potere in Etiopia lo scorso febbraio ha dato una spinta al processo di pace. È stata la sua disponibilità a trattare che ha effettivamente chiuso una faida di oltre vent’anni tra il presidente eritreo e il gruppo di potere ad Addis Abeba (composto in maggioranza da tigrini).

Come ulteriore segno di questa pacificazione, l’Etiopia ha chiesto formalmente al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, in visita ad Addis Abeba, lunedì, di revocare le sanzioni Onu contro l’Eritrea. Queste sanzioni sono state adottate nel 2009, principalmente a causa del presunto sostegno di Asmara agli Shabaab somali islamici e consistono nel congelamento dei  beni e nel divieto di viaggio all’estero per funzionari politici e militari eritrei, nonché un embargo sulle armi.

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