Centrafrica – «Si disarmino i ribelli»

di Enrico Casale
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«Continuano a dilagare violenza e orrore nella Repubblica Centrafricana. Aumentano i crimini e il Paese sprofonda in una miseria che va oltre ogni umana comprensione», dice all’Agenzia Fides padre Donald Zagore, teologo della Società per le Missioni Africane, in merito ai massacri di Alindao e ai crimini che non risparmiano neanche la Chiesa locale.

«Eppure, di fronte a tale scenario, l’intera comunità internazionale non sembra essere seriamente impegnata per il disarmo di questi ribelli e l’arresto di tutti i principali responsabili di questa guerra. Al contrario, stiamo assistendo ad azioni selettive che, lungi dal consolidare la pace, la mettono sempre più a rischio», aggiunge il teologo ivoriano.

È stato arrestato e trasferito alla Corte Penale Internazionale (ICC) Alfred Yekatom, comunemente noto come il «colonnello Rambo», ex caporale dell’esercito della Repubblicana Centrafricana, ex deputato ed ex leader della milizia anti-Balaka opposta alle milizie Seleka, e condannato per crimini contro l’umanità, torture, mutilazioni e reclutamento di bambini-soldato.

«Questa è sicuramente un’azione che porta fiducia alla popolazione ma rimane in sostanza un segno di ingiustizie e di pregiudizi giudiziari che, lungi dall’allentare le tensioni, aggraveranno ulteriormente la situazione socio-politica già caotica nella Repubblica Centrafricana – prosegue -.
Il suo arresto è espressione di una giustizia selettiva. Non è solo il leader dell’ala armata anti-Balaka che sta imperversando nel Paese, c’è anche la Seleka, la principale forza ribelle. Per la cronaca, le forze anti-Balaka sono state costituite in risposta alla violenza, ai crimini contro l’umanità compiuti della Seleka».

E conclude con un appello: «Finché le milizie Seleka continuano a rimanere impunite e a imperversare nel suolo centrafricano indisturbate, la pace rimarrà lontana. Per il bene dei nostri fratelli e delle nostre sorelle della Repubblica Centrafricana, stanchi della sofferenza, non trasformiamo la giustizia in uno strumento di ingiustizia”.

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