Bagno di sangue in Sudan. Corpi gettati nel Nilo per occultare il massacro

di Raffaele Masto

In Sudan è l’ora del massacro. I conti dei morti continuano a salire e siamo nell’ordine delle centinaia. Migliaia gli arrestati in vere e proprie retate a Khartoum e nella vicina città gemella sull’altra sponda del Nilo, Omdurman.

Come in tutti i massacri non sono graditi occhi indiscreti. Il paese è oscurato: chiusi i social, non c’è internet, di fatto è in vigore anche il coprifuoco. Insomma il regime ha gettato la maschera e nonostante tutto l’opposizione, riunita nell’Alleanza per la Libertà e la Democrazia, ha già annunciato che le proteste continuano. Lo testimoniano alcune immagini che malgrado la censura dei generali escono dal paese. Una mostra il quartier generale delle forze armate, dove c’era il presidio dei dimostranti, difeso da decine di veicoli militari carichi di soldati con le mitragliatrici rivolte verso la piazza dove ci sono numerose donne sedute in gruppo davanti ai militari pronti ad arrestarle e alle spalle decine di morti e feriti; le tende allestite dai dimostranti nella piazza completamente distrutte.

Il grande fiume Nilo che qui ricongiunge i suoi due rami, quello azzurro proveniente dai Grandi Laghi, e quello bianco che arriva dall’Etiopia, è stato usato come luogo nel quale occultare i morti, un modo per evitare che i curiosi vadano poi a contarli negli ospedali o negli obitori. E per compiere questo massacro il regime non ha esitato ad usare, anzi a ripetere i metodi usati nel Darfur dove una milizia pro-regime, i Janjaweed, i diavoli a cavallo, dieci anni fa tentarono la pulizia etnica definitiva per la quale il dittatore ora spodestato, Omar al Bashir, fu accusato di genocidio e crimini di guerra dalla Corte Penale dell’Aja.

Il massacro, o meglio i massacratori, hanno dei padrini: Egitto, Emirati e Arabia Saudita. Riad ha gonfiato, due giorni fa, le casse dei generali con ben tre miliardi di dollari, un “via libera” più che esplicito che i militari si sono affrettati ad onorare. Hanno anche chiuso al Jazeera, la TV del Qatar, grande nemico di Riad e disturbatore delle strategie saudite nella regione.

Il bagno di sangue voluto dai generali è il segno che la trattativa, per il regime, è un affare chiuso. Si va avanti ed è per questo che c’è il timore più che concreto che i morti aumenteranno, che le galere si riempiranno e che il Sudan, che ha sponsor potenti e una Europa silenziosa e succube, non vuole mediazioni.

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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