Senegal, Gran Magal a prova di Covid-19

di Stefania Ragusa

La città andava riempendosi da giorni, ma ufficialmente è cominciato ieri sera il Gran Magal di Touba, il raduno che ricorda e celebra la partenza in esilio del fondatore del muridismo, Cheick Ahmadou Bamba, e che richiama annualmente più di quattro milioni di persone. La muridyya è una delle principali confraternite islamiche del paese (si calcola che ne faccia parte almeno un terzo dei senegalesi) e Touba, nella regione di Diourbel, è la città santa sorta per volontà del fondatore, non a caso chiamato anche Serigne Touba.

Il Gran Magal 2020, a lungo in forse a causa del Covid-19,  si sta svolgendo comunque in un clima assai particolare. Anche se i casi sono in netta diminuzione e il Senegal ha obiettivamente gestito bene fino ad ora la situazione, tanto da essersi guadagnato il secondo posto in una classifica dei paesi virtuosi, un raduno di queste proporzioni rimane comunque ad altissimo rischio.

Una ricerca epidemiologica sul Magal di Touba, iniziata ben prima dell’attuale pandemia e condotta in collaborazione dall’Institut de Recherche pour le Developpement (IRD) di Dakar e dall’IHU-Méditerranée Infection di Marsiglia, ha evidenziato vari fattori di rischio generali legati all’evento e, in particolare, un aumento significativo di infezioni respiratorie. Non è stato probabilmente un caso che, subito dopo il Magal del 2018, nella regione di Diourbel si fosse sviluppata a un’epidemia di dengue. In altre parole, al Gran Magal, anche in condizioni “normali”, è facile ammalarsi. Figuraiamoci quando le condizioni normali non sono.

« Il modo abituale di spostarsi, per mezzo di veicoli affollati che partono da stazioni degli autobus piene di gente e percorrono strade congestionate dal traffico, così come l’estrema promiscuità che caratterizza il viaggio verso e da Touba, possono essere fattori rilevanti nella diffusione del virus», osserva Cheikh Sokhna, medico esperto in paludismo, ricercatore accademico e direttore della Ricerca presso IRD. «La stragrande maggioranza dei pellegrini è ospitata in case di parenti o religiosi dove si dorme e si mangia tutti insieme. Durante l’evento, le strade intorno alla Grande Moschea e al mercato generale hanno una densità di popolazione estremamente elevata. È altamente probabile e prevedibile che tutte queste condizioni favoriscano la trasmissione di agenti patogeni respiratori».

Sokhna e altri medici hanno sollevato la questione già da tempo. Un articolo di taglio divulgativo, pubblicato recentemente dallo scienziato su The Conversation, chiarisce i termini della questione. I sondaggi realizzati in queste ultime settimane evidenziano che una parte considerevole della popolazione, pur essendo consapevole del rischio sanitario, non riesce a percepire la minaccia nella sua reale concretezza. In questo giocano un ruolo anche certe credenze religiose, per esempio la convinzione che preghiere e gris gris (talismani) possano preservare dal contagio.

Fortunatamente le autorità religiose sembrano avere preso sul serio l’allarme. L’attuale Serigne di Touba, Mountakha Bassirou Mbacké, ha chiesto ai fedeli “talibés”, come atto di obbedienza (ndiguel) di procurare 5 milioni di maschere in vista dell’evento e ai pellegrini di indossarle obbligatoriamente, rispettando le distanze di sicurezza e lavandosi rietutamente le mani. Più di 500 persone sono state reclutate per supervisionare la moschea e i suoi dintorni al fine di garantire il rigoroso rispetto delle misure di barriera. È stata inoltre istituita un’unità di allerta e prevenzione epidemiologica e due carovane di sensibilizzazione hanno percorso le grandi città mostando ai fedeli i comportamenti da tenere una volta giunti a Touba.
Organizzare il Magal di quest’anno è stata insomma una grande sfida per la comunità murid. Avere zero casi sarà molto difficile, ma puntare a questo è comunque l’approccio più ragionevole, anche in un’ottica di riduzione del danno.

(Stefania Ragusa, credit foto: Marco Simoncelli)

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