Sahel: la Francia, dopo il Mali, perde “pezzi” anche in Burkina Faso

di claudia

di Angelo Ferrari

La Francia è sempre più in difficoltà nel Sahel. La sua presenza traballa anche in Burkina Faso dove il sentimento francese continua a montare. La gente scende per le strade della capitale Ouagadougou e chiede a gran forza la partenza dei francesi. Insomma, sembra ripetersi ciò che è accaduto in Mali con la rottura, orami definitiva, tra il governo di Bamako e Parigi. Rapporto che sembra essere irrecuperabile.

Il governo burkinabé, infatti, ha stralciato l’accordo che regola sin dal 2018 la presenza delle Forze armate francesi sul proprio territorio e ha dato alla Francia un mese per lasciare il territorio del Burkina Faso. Lo riporta l’Agenzia di informazioni del Burkina (Aib), che cita fonti governative.

Da diversi mesi molti cittadini burkinabé manifestano regolarmente per chiedere la partenza dei soldati francesi dell’Operazione Saber, di stanza a Kamboinssin, a nord-est di Ouagadougou, e anche venerdì scorso diverse centinaia di manifestanti sono scesi nelle strade della capitale per chiedere la partenza dell’ambasciatore francese in Burkina Faso, Luc Hallade, e lo smantellamento della forza militare francese nel paese. Manifestanti che scendono per le strade della capitale “armati” di bandiere russe. Dal 20 dicembre scorso, e in varie altre occasione, il governo ha ripetuto che il Burkina Faso “non ha più fiducia nell’ambasciatore francese Luc Hallade” e ha chiesto alle autorità francesi la sua sostituzione.

Dal colpo di Stato del 30 settembre scorso, il secondo in otto mesi, le relazioni diplomatiche tra Burkina Faso e Francia, già colpite dall’aumento del sentimento antifrancese in Africa, si sono ulteriormente deteriorate: il 3 dicembre il governo ha deciso di sospendere fino a nuovo avviso la trasmissione dei programmi di Radio France internationale (Rfi) e pochi giorni dopo, due cittadini francesi sono stati arrestati per attività di spionaggio da parte delle forze di difesa e di sicurezza ed espulsi dal territorio burkinabé nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 2022.

Dal canto suo il presidente francese, Emmanuel Macron, resta prudente e attende che “il presidente di transizione Ibrahim Traorè” si esprima sul punto. Questa è l’unica razione della presidenza francese agli annunci riportati dall’agenzia di informazione bukinabè Aib, secondo la quale il Burkina Faso avrebbe “preso atto della partenza dell’esercito francese dal suo territorio”. I 400 militari delle forze speciale dell’Operazione Saber avrebbero quindi un mese per fare le valige, ma per Macron questo annuncio richiede chiarimenti da parte del presidente burkinabè: “Aspetto che possa prendere la parola il presidente di transizione Traoré, perché ho capito che i messaggi usciti in questa fase facevano parte di una grande confusione – ha detto Macron -. Quindi, penso che dobbiamo stare molto attenti e fare attenzione a quella che è una specialità di alcune persone nella regione, che potrebbe avere qualcosa a che fare con ciò che stiamo vivendo in Ucraina”. Il riferimento è alla rinnovata presenza russa nella regione.

Milizie jihadiste nei Sahel

Così come è stato per il Mali, la decisione di Ouagadougo di “rinunciare” alla presenza francese nella lotta al terrorismo, abbandonando il suo storico alleato, coincide con un avvicinamento sempre più marcato alla Russia di Putin, alla quale le autorità burkinabè fanno appello per “sostenerle” nella lotta al terrorismo. Anche il governo del Burkina Faso nega, come fa quello del Mali, ma si parla già di una presenza nel paese dei mercenari russi della Compagnia Wagner, il braccio operativo di Mosca. 

Tra Russia e Burkina Faso si sta stringendo un rapporto che l’agenzia di stampa Aib definisce “strategico per combattere i terrorismo”. Il primo ministro burkinabé, Apollinaire Kylem de Tembela e l’ambasciatore russo accreditato nel paese, Alex Saltynov, si sono incontrati nei giorni scorsi per definire i contorni dell’accordo: “Svilupperemo una tabella di marcia per la cooperazione bilaterale e, da questa, vedremo cosa potrebbe portare la Russia al Burkina Faso nel quadro della sicurezza e della lotta al terrorismo”, ha detto diplomatico russo dopo l’incontro. Se questa partnership dovesse diventare strutturale questo significherebbe che un altro pezzo di impero della galassia ex coloniale francese andrebbe nelle mani di Mosca.

Il Burkina Faso, tuttavia, rimane un paese tra i più insicuri della regione con i vari gruppi jihadisti che non danno tregua al governo. Esecutivo che sembra essere impotente di fronte a questa minaccia e, nonostante il cambio di regime, con al governo i militari, sembra non avere portato, fino a ora, benefici alla popolazione. Lo dimostra anche il fatto che i rifugiati interni sono cresciuti, alla fine del 2022, del 19% rispetto all’anno precedente. Donne e bambini rimangono i più colpiti dall’insicurezza. La metà degli sfollati interni registrati (50%) ha un’età compresa tra 0 e 14 anni, di cui oltre 216mila sono bambini sotto i 5 anni. Il governo, inoltre, non è in grado di prendersi cura degli sfollati. Il fabbisogno alimentare per la loro cura è stimato in 504 tonnellate di cibo, mentre il Burkina Faso ha stock per solo 82mila.

Il Burkina Faso, inoltre, si sta trasformando in una piattaforma dalla quale i jihadisti partono per espandere la loro influenza a sud del Sahel, nei paesi del Golfo di Guinea, già colpiti da numerosi attacchi, come il Benin e il Togo, e questo è ciò che fa tremare i polsi alla Francia, ma anche all’intero occidente. 

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