Niger: strage in una “no man’s land” che luccica come l’oro

di Valentina Milani

Otto civili sono stati uccisi a Wour, a 200 km a est del villaggio di Seguidine, nel dipartimento di Bilma, nel nordest del Niger, non lontano dal confine con il Ciad. Lo ha riferito ieri il giornale nigerino Aïr Info Agadez, precisando che l’attacco sarebbe avvenuto domenica. Tra le vittime c’è un noto negoziante di Dirkou. Secondo un resoconto, dopo l’uccisione, gli aggressori hanno preso la direzione del vicino Ciad, come testimoniano le tracce lasciate dai veicoli. Contattato da Aïr Info, Boubacar Jarom, sindaco di Dirkou conferma i fatti e precisa che gli assalitori “hanno preso i due veicoli e lasciato sul posto i cadaveri degli occupanti”. Dopo l’identificazione, tutti gli otto corpi sono stati sepolti sul luogo della tragedia, ha detto il sindaco.

La testata giornalistica, che ha sede nel nord del Niger, riferisce che la lunga striscia di confine tra Niger, Libia e Ciad è diventata negli ultimi anni una terra di nessuno dove brulicano banditi di ogni genere, dove uomini armati  rubano, violentano e uccidono viaggiatori. “Questi abusi sono aumentati con l’euforia dell’estrazione dell’oro nel nord del Niger, si sono formati gruppi armati non statali, coinvolti in saccheggi che costano la vita ai poveri cittadini”, scrive Aïr Info.

Nonostante l’esistenza di diversi rapporti sulla presenza nel nord del Niger di questi gruppi armati non statali e non nigerini, che a volte attaccano persino le forze di sicurezza in missione nell’area, “nulla è cambiato. I loro luoghi di ritiro e persino di riposo sono noti a tutti, ma curiosamente non viene intrapresa alcuna azione per rimuoverli”, denuncia il giornale, che teme una sorta di impunità. “Fanno quello che vogliono, quando vogliono e dove vogliono in questa zona. Tutti i viaggiatori che hanno avuto la sfortuna di attraversare la loro strada hanno affermato che non sono nigerini. Le nuove autorità del Niger devono chiarire questa situazione”, dice Mahamat Laouel, residente a Dirkou.

“A nostro modesto parere – scrive il giornalista di Aïr Info Ibrahim Manzo Diallo – se  non si interviene, il Niger rischia di diventare la retroguardia di gruppi armati senza fede né legge che potrebbero, a lungo andare, rivendicare un’egemonia che metterà a repentaglio la coesione tanto cara alle popolazioni locali”.

Nell’Africa sahariana-saheliana, alcuni dei Paesi più poveri del pianeta hanno un grande potenziale in termini di risorse minerarie e in particolare di oro: secondo una ricerca di Emmanuel Grégoire e Laurent Gagnol dedicata all’estrazione artigianale dell’oro nella zona, su migliaia di chilometri, dal Senegal al Sudan, si estendono su immensi bacini e catene montuose sedimentarie potenzialmente aurifere. Negli ultimi anni, a causa del prezzo elevato dell’estrazione industriale, la prospezione dell’oro  clandestina si sta moltiplicando e si è estesa nelle regioni desertiche. I Paesi saheliani e talvolta maghrebini stanno così vivendo la realtà della corsa all’oro: Sudan settentrionale, Tibesti in Ciad, Aïr e Ténéré nel nord del Niger,  Hoggar nel sud dell’Algeria e Mauritania. Una corsa all’oro che ha avuto origine in un contesto caratterizzato da una forte insicurezza nata dalla presenza di gruppi salafiti e jihadisti nella regione.

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