Migrazione e lavoro, il caso della diaspora senegalese in Italia

di claudia

Tra gli aspetti che più favoriscono l’inclusione della persona migrante gioca un ruolo fondamentale il mondo del lavoro, che contribuisce allo sviluppo socioeconomico tanto dei Paesi di destinazione quanto di quelli di partenza. La comunità senegalese in Italia gode oggi di un buon tasso di occupabilità, ma soffre ancora di alcune incomprensioni o sottostime. Una maggiore circolazione di conoscenze, possibilità, investimenti, di possono beneficiare entrambi i Paesi è possibile e già esiste. A comprenderlo parte delle istituzioni, l’associazionismo migrante e giovani imprenditori, italiani e senegalesi, che stanno creando nuove realtà capaci di abbracciare le trasformazioni in atto nel Paese e rafforzare trend attuali.

di Valentina Geraci

Tanto attuale quanto complesso è, oggi, il tema della migrazione. Tra un problema e un altro, tra una difficoltà e una “minaccia”, spesso il parlare di migrazione rimanda al tema del viaggio, alla documentazione necessaria, all’integrazione e al bisogno del migrante di imparare una nuova lingua. Di fronte a queste difficoltà che certamente esistono, spesso passa in secondo piano il tema del lavoro con i lavoratori migranti internazionali che però costituiscono quasi il 5% della forza lavoro mondiale e rappresentano una parte integrante della nostra economia. Della manodopera e del lavoro migrante, in un mondo sempre più globalizzato, non beneficia infatti soltanto la persona che è inserita nel mercato del lavoro, quanto anche la stessa economia nazionale del Paese ospitante e quella del Paese d’origine.

Che ci siano una serie di difficoltà e un grosso numero di migranti con un lavoro sottopagato e/o non qualificato è purtroppo un dato di fatto ma, per ragioni organizzative e per il focus di ricerca, in questa sede si tenterà di comprendere invece la potenzialità delle interconnessioni tra Paesi geograficamente distanti che nascono proprio dal mondo del lavoro.

Studiare le dinamiche proprie alla diaspora senegalese in Italia, la dodicesima tra le principali comunità straniere nel Paese, permette infatti di prendere un modello che vanta un buon livello di integrazione e un altrettanto livello piuttosto positivo in termini di occupazione nel mercato del lavoro ma che solo di recente comincia a godere di un maggiore ascolto delle proprie richieste e dei rispettivi trend. Per farlo, ripercorrere storicamente l’arrivo della comunità in Italia e i settori di maggior interesse nel mondo del lavoro appare essenziale così da giungere alle più recenti riflessioni sul ruolo delle cosiddette migrazioni circolari e/o transnazionali con un occhio attento alla formazione professionale e ai lavori maggiormente qualificati.

La presenza senegalese in Italia

La comunità senegalese registra 106.198 persone che soggiornano regolarmente nel nostro Paese (dati al 1° gennaio 2020). Prima degli anni Ottanta, oltre ai primi migranti muridi, molti senegalesi soggiornanti in Italia appartenevano al gruppo dei Laobé, professionisti delle costruzioni e venditori di oggetti di artigianato che, a seguito di spostamenti tra il Senegal e alcuni Stati europei, iniziarono a stabilirsi in Italia definitivamente. A questi seguirono altri commercianti provenienti dalla regione Louga e dall’attuale regione Diourbel, prevalentemente agricoltori delle zone centrali del Senegal e, tra questi, alcuni godevano di esperienze nell’ambito del commercio ambulante nel mercato africano. A seguito delle elezioni in Senegal del 1988 si registrarono numerose rivolte popolari ed episodi di violenza presso le scuole superiori delle città di Dakar, Thiès, Louga e Saint-Louis, causando la scelta di alcuni studenti, sopraffatti da un senso di scoraggiamento, di lasciare definitivamente gli studi, per essere economicamente sostenuti dalla famiglia, dal vicinato o dal gruppo religioso e potersi spostare verso l’Europa. Fu proprio per tale ragione che le prime ondate migratorie più numerose verso l’Italia si registrarono nel 1989.Tra il 1989 e il 1990 il numero dei senegalesi che si stabilirono nella penisola fu incrementato da una serie di marce e di scioperi che accelerarono pienamente la regolamentazione dei migranti senegalesi, a loro volta supportati da alcuni sacerdoti in Italia.

Fu così che, negli anni successivi, la presenza senegalese sul territorio si sviluppò al punto di far parlare di una vera e propria ondata migratoria e la comunità senegalese in Italia divenne ben presto la quinta comunità extracomunitaria sul territorio nazionale.

Coinvolti e impressionati dai resoconti positivi dei primi senegalesi rientrati dall’Italia e consapevoli della tutela offerta dalle reti di accoglienza presenti sul territorio nazionale, nel corso degli anni Novanta tanti si mossero quindi in direzione della penisola. Molti di questi integrarono opportunità di impiego nelle fabbriche e nei cantieri alla vendita ambulante. Essendo richiesta mano d’opera a basso costo e poco qualificata, a partire dalla fine degli anni Ottanta, molti senegalesi si mossero dal Sud Italia per avvicinarsi al settore industriale e imprenditoriale delle zone più ricche. Appare considerevole l’aumento dei migranti senegalesi che, a seguito dell’emanazione delle leggi del 1986 e del 1990, si mossero verso il Nord Italia nella speranza di un impiego regolare che potesse fungere da supporto entro i termini previsti per la regolarizzazione. Tuttavia, coloro che raggiunsero l’Italia dopo il 1990 dovettero affrontare maggiori problematicità legate sia alla questione della regolarizzazione del proprio status sia alla possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro e fu così che questi, in via prioritaria, mantennero attività di vendita ambulante e la raccolta stagionale nelle campagne.

La comunità senegalese in Italia e il mondo del lavoro

Oggi la diaspora senegalese in Italia, come accennato, gode di un buon livello di integrazione nel mondo del lavoro. Si tratta però maggiormente di un’analisi quantitativa che nasce dal confronto con le altre comunità straniere residenti nel Paese e critiche sono invece mosse dall’associazionismo migrante tanto a livello qualitativo quanto, più nel dettaglio, rispetto a quelle dinamiche più imprenditoriali o transnazionali che stanno maturando negli anni.

Facendo fede a un’analisi promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche giovanili nel 2020, non considerando cambiamenti legati alla pandemia da Covid 19, emerge una restituzione interessante. Tra i lavoratori senegalesi in Italia, più dell’80% possiede unicamente il titolo della licenza media (81%), intorno al 14% un titolo di scuola secondaria di secondo grado e solo il 6% si è impegnato in studi successivi. Tra i settori delle attività economiche che coinvolgono maggiormente la diaspora senegalese si registrano, in ordine, il settore industriale, il mondo del commercio e della ristorazione, il settore dei trasporti e dei servizi alle imprese e, infine, quello primario. Un buon numero di senegalesi in Italia si registra anche nel settore della sicurezza e della vigilanza presso edifici, banche e negozi. Risulta invece scarso il loro coinvolgimento nei servizi pubblici, sociali e rivolti alle persone.

Lo studio evidenza, inoltre, delle difficoltà quali le questioni puramente salariali, il posizionamento delle donne nel mondo del lavoro e una questione di empowerment femminile, una lotta alle logiche esclusivamente assistenzialiste e la volontà di beneficiare del potenziale frutto delle relazioni transnazionali. Rispetto a queste, le associazioni migranti senegalesi rispondono infatti proponendo e presentando idee, tavole rotonde, progetti e chiedendo maggiore coinvolgimento in risposta alle dinamiche tipicamente transnazionali che interessano il Paese.

Passi avanti tra istituzioni e imprenditoria

A sentir l’eco di queste richieste la Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione che ha organizzato, lo scorso giugno, una serie di incontri con il mondo dell’associazionismo senegalese. L’evento “Voce alla diaspora” ha messo in luce i benefici di una connessione tra l’Italia e le comunità straniere, ricordando le strette relazioni storico-economiche tra i due Paesi.

In questa occasione l’associazionismo senegalese, ponte diretto tra Italia e Senegal, ha avuto la possibilità di condividere idee, progetti e visioni, presentando i frutti delle attività progettuali nati in comunione d’accordi o, ancora, vantando la nascita dell’Istituto di cultura italiana a Dakar. A rappresentare il Senegal il Primo Consigliere Amadou Lamine Cisse in nome dell’Ambasciata della Repubblica Senegalese in Italia.

Sul tema dell’ imprenditoria, Voci Globali ha palesato il risultato degli investimenti di alcuni progetti tra cui il Futurae (siglato in accordo con la Direzione Generale dell’Immigrazione nel 2018 insieme a Unioncamere) e il progetto PLASEPRI-PASPED (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo) che dal 2008 si è mosso per sostenere i cittadini senegalesi migranti soggiornanti in Italia anche con l’intento di raggiungere un maggiore coinvolgimento delle donne in progetti imprenditoriali nel Paese d’origine.

E ancora, nella ricerca Le competenze della diaspora senegalese in Italia. Mappatura ed indicazioni per una trasferibilità e valorizzazione in Senegal[1](2016), l’autrice Anna Ferro ci racconta di MODED, associazione di cui alcuni membri hanno partecipato alle interviste della ricercatrice, scrivendo:

MODED è stata creata in primis per offrire un luogo per quei giovani che si vogliono distinguere dalle generazioni precedenti, esprimendosi come “italiani e senegalesi”. Molta parte di questa partita si gioca infatti in Italia. Tuttavia, i suoi membri sono consapevoli delle risorse e capacità collettive dell’associazione anche rispetto a tematiche di sviluppo in Senegal. La principale risorsa di MODED è raccogliere profili e competenze di alto livello (universitari) che all’occorrenza potrebbero essere attivate per diverse finalità (“multi-competenza, multi-disciplina, polivalenza, intercultura”). In aggiunta, il ruolo di ponte tra mondi e culture diverse mette a disposizione importanti competenze culturali e relazionali: “conoscenza in prima persona dei fenomeni migratori; capacità di favorire la reintegrazione, cooperando nel rapporto tra immigrati e Senegal; conoscenza del territorio; idee da esportare dall’Italia/Europa; fiducia e voglia di cambiamento”.

A questi esempi se ne stanno aggiungendo altri e non solo in Italia. Un tentativo di risposta nasce da Abdoulaye Fall, residente in Spagna, demografo, imprenditore sociale e membro del gruppo di esperti sulla migrazione della Commissione europea che ha studiato i fattori demografici della diaspora in Spagna, interessandosi dell’integrazione dei migranti nel mondo del lavoro. Oggi ha messo in piedi un programma globale per accompagnare i migranti di origine subsahariana nelle procedure di convalida dei loro studi universitari con l’obiettivo di offrire loro opportunità di lavoro qualitativamente migliori e di contribuire alla costruzione di un mondo del lavoro culturalmente diverso.

Conclusione

L’importante cambiamento nella fisionomia della popolazione all’interno di Paesi con una presenza di popolazione di origine migrante suggerisce l’urgenza di adottare politiche diverse in vista della costruzione di una società più coesa. A tal fine, il riconoscimento formativo dei migranti subsahariani e la loro partecipazione nei settori del lavoro maggiormente qualificati rappresentano l’effettivo esercizio di una piena cittadinanza che ben si sposa con la possibilità di nuove condivisioni anche con il Paese d’origine. Si tratta quindi di promuovere un modello di inclusione basato sulla cultura dello sforzo e del merito in contrasto con il paradigma assistenzialista che non è altro che la logica conseguenza e la risposta errata a un crescente allargamento del divario sociale.

Una maggiore consapevolezza di queste dinamiche e una loro migliore comprensione permetteranno di approfondire uno scambio reciproco tra il Senegal e l’Italia che esiste da anni e che, grazie alla cosiddetta migrazione circolare, può provare ad allontanarsi da logiche strettamente unilaterali. Su questa via sarà possibile farsi trovare pronti di fronte a nuove opportunità, maggiori interconnessioni o, più semplicemente, garantendo il riconoscimento di ciascuno nella propria realizzazione personale. Che sia in Senegal, in Italia o insieme in entrambi i Paesi.

(Valentina Geraci – Amistades)

Bibliografia

  • Di Friedberg O. S, Islam, solidarietà e lavoro. I muridi senegalesi in Italia, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1994.
  • Ferro A., Le competenze della diaspora senegalese in Italia. Mappatura ed indicazioni per una trasferibilità e valorizzazione in Senegal, 2016. Il report ha visto la collaborazione di OIM e dell’Associazione senegalese Sunugal.
  • Leogrande A., Uomini e caporali, Milano, Mondadori, 2008.
  • Tall S. M. ,Les émigrés sénégalais en Italie. Transferts financiers et potentiel de développement de l’habitat au Sénégal in M. C. Diop (a cura di) Le Sénégal des migrations. Mobilités, identités et societies, Paris, Khartala, 2008.
  • Tandian A., Des migrants sénégalais qualifiés en Italie: entre regrets et résignation in M. C. Diop (a cura di) Le Sénégal des migrations. Mobilités, identités et societies, Paris, Khartala,2008.
  • https://maingate.social/

[1] Tale ricerca è parte del Progetto West Africa: Promoting sustainable land management in migrationprone areas through Innovative financing mechanism. https://environmentalmigration.iom.int/projects/west-africa-promoting-sustainable-land-management-migration-prone-areas-through-innovative

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