La guerra dell’acqua. Strategie e identità del conflitto sul Nilo

di claudia

La disputa sul Nilo fra Egitto, Etiopia e Sudan è una dinamica geopolitica preoccupante. Generatasi dalla costruzione della Diga del Millennio in Etiopia, questo conflitto – per ora diplomatico – potrebbe sfociare in un acceso scontro armato con conseguenze importanti in Africa Orientale. In gioco ci sono, infatti, non solo interessi strategici ma anche ragioni identitarie che i tre Stati intendono difendere.

di Andrea Marco Silvestri

L’acqua, una delle risorse più importanti di cui disponiamo sul nostro pianeta. Risorsa troppo spesso dimenticata e sottovalutata, oggi ci sta sfuggendo. Diverse aree del globo, infatti, sono messe a durissima prova da una situazione senza precedenti: la possibilità di una nuova guerra, non più per il petrolio ma per l’acqua. Fonte simbolica per eccellenza della vita sulla terra, la risorsa idrica è oggi un grande argomento di dibattito e di contesa, soprattutto in Africa, terra in cui i grandi fiumi sono simbolo identitario, storico e asset geopolitico. Simbolo leggendario di prosperità e vita, il Nilo è il fiume per eccellenza nella nostra coscienza collettiva. Culla di civiltà straordinarie ed eventi storici unici verificatisi attorno al suo ampio bacino. In questi anni il fiume è divenuto però anche il simbolo di una disputa, probabile prodromo di un conflitto acceso fra tre Paesi: Etiopia, Egitto e Sudan, gli Stati benedetti dal passaggio del Nilo.

La disputa strategica sul Nilo:

Chi controlla il Nilo, controlla il potere. Questo assioma è ben chiaro ai popoli delle terre interessate fin dagli albori delle civiltà dell’area. L’Egitto, con la sua antichissima storia di sfruttamento delle piene nilotiche, è da molti considerato l’erede legittimo del controllo sul grande fiume e anche se la storia avvalora tale ipotesi, la geopolitica non è assolutamente dalla parte egiziana. Il grande Masr di Al-Sisi rischia infatti di vedere il suo afflusso d’acqua significativamente ridotto già nei prossimi mesi. Il responsabile? Una grande diga che si trova a più di 2000 km verso Sud, in Etiopia, Paese sorgente del ramo orientale del fiume.
La Grand Ethiopian Reniassance Dam (GERD) è un simbolo di orgoglio nazionale per il governo etiope. In questo territorio nasce il Nilo azzurro, il ramo che porta a valle la maggior parte dell’acqua e del limo fertile. Queste risorse, legate a doppio filo al destino dei popoli nilotici, sono irrinunciabili per gli Stati interessati. Pur di mantenere il proprio status quo ed equilibrio sono infatti disposti ad eliminare la concorrenza, anche attraverso una guerra.

Le parti in questione nella disputa sono principalmente tre Stati: Etiopia ed Egitto sono quelli che maggiormente attirano l’attenzione mediatica internazionale, mentre spesso lo Stato arido del Sudan viene dimenticato dalla geopolitica contemporanea. La diga costruita in Etiopia è un’opera di alta ingegneria, una mastodontica impresa capace di contenere un bacino idrico di decine di miliardi di metri cubi. Il progetto è italiano, targato Salini Impregilo ed è costato parecchio (si parla di diversi miliardi, ma la cifra ufficiale non è nota).
Si tratta di una diga a gravità la cui principale funzione sarà quella di imprigionare parte del flusso del Nilo Azzurro con il fine di creare una riserva idrica utile mentre viene generata energia elettrica. Tutto chiaro sulla carta, il problema infatti non è la GERD in sé, il problema è a valle. L’Etiopia si è mostrata determinata fin dal 2011 (data di inizio della costruzione della diga) a modificare il suo stato di Paese poverissimo e bisognoso per trasformarsi in un grande produttore di energia elettrica. La scelta è tecnica da un lato e strategica dall’altro, senza contare l’influenza sull’elettorato del premier etiope, che non gode di ottima fama internazionale dopo il riaccendersi delle ostilità in Tigray. Per questo, un simbolo di orgoglio patriottico ed unitario è ora il bisogno primario in Etiopia, l’acqua è addirittura secondaria.

La Grand Ethiopian Reniassance Dam (GERD)

Scendendo più a valle e verso il centro del continente troviamo Khartoum, la capitale sudanese che si trova in una zona fortunata, alla confluenza fra Nilo Bianco e Nilo azzurro.
I due flussi, tuttavia, non sono di eguale portata e potenza. L’anno scorso, quando la GERD fu riempita per un primo test con appena 4 miliardi di mt cubi d’acqua, nella capitale del Sudan fu registrata una sensibile penuria idrica. E se questo accade in una città come Khartoum, che tocca i 5 milioni di abitanti solo nella sua area metropolitana, immaginiamo cosa queste chiusure della diga possano comportare ancora più a valle, nella gigantesca Il Cairo, dove gli abitanti stimati sono almeno 22 milioni. Le conseguenze di una scelta fatta a monte sono amplificate all’ennesima potenza a valle.
La settimana scorsa, la diga è stata riempita con altri 13 miliardi di mt cubi d’acqua. Secondo molti analisti il problema di scarsità a valle dipende dalla velocità di riempimento. Le minacce di guerra egiziane, infatti, già in atto da più di un anno, non hanno tardato ad arrivare.
I negoziati procedono a rilento fra i tre Stati, con timidi interventi di ONU, UE ed Unione Africana ma una posizione comune non si trova e sembra non esserci perché la questione è identitaria prima che politica.

Fra acqua e identità

Le più importanti civiltà e le grandi città della storia nascono sempre sul corso di un fiume che ne permetta la fioritura. Questa regola naturale valeva secoli fa quanto oggi, chi controlla e gestisce l’acqua nel miglior modo sopravvive ed assume uno status privilegiato rispetto al suo competitor.
Oltre alle ovvie ragioni di natura economico-strategica che stanno alla base del conflitto sull’uso delle acque nilotiche, ci sono altre ragioni (forse più profonde) che disciplinano la rivalità tra i due contendenti principali: Egitto ed Etiopia.
Due grandi civiltà che sono confluite in due grandi Stati moderni, molto diversi tra loro per diverse ragioni oggi si trovano a contendersi il primato dell’acqua, una questione materiale ma ancor prima identitaria.
Gli egiziani parlano del Nilo come se fosse una proprietà esclusiva, un monopolio materiale ed ideologico. La storia di antico splendore dovuto alle inondazioni dà ragione agli egiziani ma la realtà geografica è ben diversa. Una scomoda realtà per la retorica di Al-Sisi, quella che vede il corso del Nilo passare per ben 13 diversi Paesi del continente.

L’atteggiamento negoziale dell’Egitto di Sisi è decisamente aggressivo. L’orgoglio patriottico egiziano vede una sola diga come “centrale” per il Nilo, quella di Assuan, il resto non conta. Se il corso del Nilo al Cairo subirà un decremento del 25% le forze armate egiziane attaccheranno lo sfidante etiope.
Mentre l’Egitto affonda la propria retorica belligerante nelle nobili radici egizie, il governo etiope di Ali vede nella diga una tanto attesa possibilità di rinascita. Questa è l’opportunità del millennio per l’Etiopia di risplendere ed alzarsi finalmente con le proprie gambe. Gli ostacoli e le ingerenze esterne non verranno contemplate. Il piano qui è chiaro.
Infine, c’è il Sudan, contendente di ultima fascia che raramente gode dell’ascolto delle altre parti in campo. A differenza dell’Etiopia, terra degli altopiani da cui tutto origina e dell’Egitto, sede della foce nilotica, il Sudan occupa la porzione mediana del fiume e dei negoziati, poco peso politico e strategico che obbligano il governo a fare pressione sulle Nazioni Unite che proprio in questi giorni discutono ai vertici del Consigli di Sicurezza.

Un futuro incerto

Ciò che resta da capire sul destino del Nilo e di chi fa affidamento sulle sue acque per sopravvivere sono gli sviluppi nel prossimo e lontano futuro. Le minacce di guerra sono preoccupanti e credibili, gli sviluppi invece sono ancora incerti.
Secondo una analisi che tenga il benessere umano al centro e quindi legato maggiormente a valori identitari e di sussistenza, le strade possibili sono principalmente tre.
La prima è il conflitto annunciato. Questa ipotesi diventerà la più probabile se i già lenti e difficili negoziati diplomatici dovessero fallire entro il 2023, anno del totale riempimento previsto della diga etiope. Un conflitto armato derivante da questa disputa nilotica vedrebbe sicuramente un acceso intervento egiziano, di cui sarebbe protagonista il temibile e numerosissimo esercito di cui dispone Al-Sisi. Dall’altro lato, l’Esercito etiope, inferiore dal punto di vista militare, avrebbe poche possibilità di difendersi efficacemente. La speranza degli analisti è che un breve intervento iniziale dal lato egiziano porti ad una rinnovata volontà negoziale sul destino della diga dal lato di Addis Abeba.
Un secondo scenario è quello delle interferenze esterne. ONU e UE stanno cercando di influenzare le dinamiche del conflitto da diversi anni. Le parti interessate sono d’accordo sul fatto che tutti “siamo stanchi di vedere problemi africani risolti da potenze straniere”. Soltanto il Sudan, membro subalterno della trattativa, cerca di coinvolgere le Nazioni Unite attraverso le continue segnalazioni da parte di Yasser Abbas, ministro sudanese per l’irrigazione.

Infine, vi è l’ipotesi di un negoziato africano. La realtà meno probabile vede un imminente accordo tripartitico di intesa per delineare e disciplinare l’uso delle dige sul Nilo. L’Egitto perderebbe così il suo primato di grande decisore sulle acque del grande fiume, padre di ogni civiltà. Questo scenario è particolarmente improbabile da qui al prossimo anno.
Le sorti dell’Africa orientale dipendono oggi dalle decisioni di tre governi, molto diversi tra loro e molto lontani nelle vedute. Un esercizio di diplomazia sarà sufficiente per placare le ostilità e valutare modelli di condivisione sostenibile del bene più prezioso?
Le scelte dei leader non sono tutte prevedibili. Gli uomini prendono decisioni ma la legge finale è sempre nelle mani del Nilo.

(Andrea Marco Silvestri – Amistades)

FONTI:

https://www.huffingtonpost.it/entry/la-diga-sul-nilo-che-separa-guerra-e-pace_it_608162fee4b0d405020d5247

https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2021/07/07/fiume-nilo-accesso-guerra

https://www.internazionale.it/notizie/francesca-sibani/2020/07/21/riempimento-diga-etiope

https://www.bbc.com/news/world-africa-53432948

VIDEOGRAFIA:

https://www.youtube.com/watch?v=zdlGMP-0mjQ Will Egypt attack Ethiopia? | Inside Story

https://www.youtube.com/watch?v=PZC-vZPxC_M Tension on the Nile: Could Egypt and Ethiopia really go to war over water?

https://www.youtube.com/watch?v=_BCY0SPOFpE Egypt’s Dam Problem: The Geopolitics of the Nile

https://www.youtube.com/watch?v=5T723gS9BwQ Yasser Abbas: Will there be armed conflict over Nile dam dispute? | Talk to Al Jazeera

(Andrea Marco Silvestri)

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