I sigari di Maputo

di claudia

di Fernando Vieira

Nella capitale del Mozambico, la Bongani Cigars produce avana realizzati a mano con tabacco locale. In pochi anni di attività la compagnia ha conquistato decine di migliaia di clienti in tutta l’Africa e ora spera di portare i suoi prodotti di qualità nel resto del mondo

«Aspira e trattieni il fumo per alcuni secondi, prima di buttarlo fuori. Non inalarlo. Un sigaro non è una sigaretta, il fumo va assaporato, mai spinto nei polmoni». Un uomo distinto insegna a fumare all’amico, mentre assieme sorseggiano rhum a un tavolino all’aperto di un locale alla moda.

Capita sempre più spesso di assistere a scene come questa in una città imprevedibile come Maputo. L’incipiente classe media mozambicana dimostra di apprezzare i piaceri conquistati con il crescente potere d’acquisto. E il sigaro è diventato uno status symbol, emblema di prestigio sociale e segno distintivo di uno stile di vita esclusivo. La moda, per così dire, si è diffusa grazie alla Bongani Cigars, la prima fabbrica africana di sigari di lusso, che ha aperto i battenti quattro anni fa, non lontano dalla capitale del Mozambico.

Artefice di questa avventura è Kamal Moukheiber, imprenditore libanese, cinquant’anni, che nel 2013 si è trasferito a Maputo. A lui va il merito di aver intuito le potenzialità di un’attività su cui ha investito tutti i suoi risparmi. Dalla Repubblica Dominicana ha ingaggiato un esperto della lavorazione per formare i suoi dipendenti. Dal Camerun ha importato speciali foglie usate per il rivestimento esterno dei sigari. Ma l’ingrediente principale, il tabacco, è rigorosamente del Mozambico. Proviene dalle floride piantagioni della provincia centro-orientale di Manica, che assicurano l’approvvigionamento della materia prima.

Progetti ambiziosi

«Senti l’aroma della nostra terra!», mi invita a provare con malcelato orgoglio la coppia di amici di Maputo. Una boccata, e mi metto a tossire come un novellino. In bocca però resta un sapore gradevole, delicato e persistente: segno distintivo di qualità. I sigari mozambicani sono arrotolati a mano, come i cubani e i migliori sigari del Sud America. Non è un dettaglio: la lavorazione meccanica avviene necessariamente con foglie di tabacco triturate, mentre il procedimento artigianale permette di mantenere le foglie intatte. Ciò rende l’esperienza del fumo più piacevole e appagante.

Ogni mese, dalla Bongani escono diecimila sigari. Vengono venduti in Mozambico, ma anche in Sudafrica e Kenya. «Presto sbarcheremo in Nigeria raddoppiando la nostra rete di distribuzione, che già oggi conta trecento punti vendita – annuncia Kamal Moukheiber –. Poi puntiamo a conquistare la diaspora africana negli Stati Uniti, decine di milioni di potenziali clienti, nonché la borghesia cinese e quella russa». Il mercato dei sigari è in pieno sviluppo e, malgrado la contrazione dei consumi registrata negli ultimi due anni, complice la pandemia di coronavirus e l’incertezza internazionale, gli analisti prevedono una crescita annua del 3% per un valore globale che supererà i 20 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.

La concorrenza a livello mondiale è fortissima. Impossibile, al momento, competere coi cubani (leader indiscussi del mercato con 582 milioni di dollari di vendite nel 2022), la partita si gioca con i prestigiosi marchi nicaraguensi, dominicani e honduregni. I minori costi di produzione giocano a favore del Mozambico: un Bongani costa 12-14 dollari, il 10% meno di un avana. Ma la qualità del gusto dovrà essere affinata per varcare i confini continentali. «Bongani, termine zulu, significa “essere grati” – rivela un’operaia, Eugénia António, impegnata a rullare un sigaro –. I dipendenti della Bongani sono una grande famiglia, che lavora con passione e affetto. Sono i sentimenti che trasmettiamo nei nostri prodotti a renderli speciali. Speriamo che possano essere apprezzati in tutto il mondo».

Questo articolo è uscito sul numero 4/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’eshop.

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