Catherine Nakelembe, la scienziata ugandese che protegge i raccolti africani dallo spazio

di claudia
Catherine Nakelembe,

di Tommaso Meo

I satelliti della Nasa e i campi coltivati da un agricoltore del Corno d’Africa. Due mondi distanti decine di migliaia di chilometri e apparentemente non comunicanti che invece hanno un punto di contatto in Nasa Harvest, un programma dell’agenzia spaziale statunitense che tramite una combinazione di dati satellitari e a terra analizza, monitora e crea soluzioni per proteggere le colture nell’Africa orientale e meridionale. Alla guida del progetto nel continente africano c’è la scienziata ugandese Catherine Nakelembe, professoressa associata e ricercatrice all’Università del Maryland, negli Stati Uniti, e membro del team di scienze applicate Servir della Nasa in qualità di responsabile tematica per l’agricoltura e la sicurezza alimentare. Nakelembe ha anche ricevuto nel 2020 l’Africa Food Prize per il suo lavoro in difesa della sicurezza alimentare da una prospettiva particolare: lo spazio.

La scienziata è intervenuta all’Innovation Open Day organizzato da Fondazione CariploeFondazione Compagnia di San Paolo a Milano il 27 giugno con un keynote speech e ad Africa ha raccontato gli sforzi del suo team per sviluppare strumenti accessibili per agricoltori e responsabili politici locali in un momento in cui la sicurezza alimentare è a forte rischio soprattutto in Africa. “Quello che facciamo” ha spiegato “è fare in modo che questi set di dati raccolti dalla Nasa, dall’Esa e da altri partner, tramite i loro satelliti, siano utili nel processo decisionale in campo agricolo”. Queste informazioni servono per esempio a capire se una produzione in un determinato territorio cala, aumenta o è a rischio di andare distrutta, e perché. “Un agricoltore, vuole sapere quando piantare, cosa piantare, cosa potrebbe influire sul raccolto e qual è il suo potenziale. Un politico vuole sapere le stesse cose, ma su scala molto più ampia”. Mostrando il cambiamento di un’area nel tempo si rende più facile ai governi capire quando intervenire e come. “I dati satellitari” prosegue la scienziata “consentono di monitorare zone in cui non è possibile recarsi tutti i giorni”.

Il lavoro e la ricerca di Nakelembe interseca anche i cambiamenti climatici: “Dopo avere osservato le alterazioni nell’intervallo temporale di cui disponiamo di dati satellitari, integrando questi dati con proiezioni climatiche, possiamo iniziare a prevedere i mutamenti futuri di colture e aree agro ecologiche in un modo che non sarebbe stato possibile sul campo”, spiega la direttrice di Harvest Africa. Su queste proiezioni si basa anche lo sviluppo di sistemi di allerta precoce per eventi meteorologici potenzialmente distruttivi. Grazie a queste informazioni le comunità possono studiare strategie di adattamento, come il passaggio ad altre coltivazioni, e di mitigazione del rischio di alluvioni.

Nel lavoro della scienziata non ci sono però solo i satelliti. Uno dei progetti di Nasa Harvest è Helmets Labelling Crops che raccoglie dati a terra in Kenya, Mali, Ruanda, Tanzania e Uganda tramite piccole videocamere montate su caschi da motociclista o sulle auto guidate da volontari. Spiega Nakelembe che i dati così raccolti vengono quindi confrontati con quelli satellitari e utilizzati per creare mappe di colture specifiche e per valutare con precisione l’insicurezza alimentare e il cambiamento climatico. Il progetto collaterale Street2Sat trasforma queste immagini in grandi set di dati georeferenziati, con informazioni sulla posizione e sul tipo di raccolto. Con tali informazioni vengono addestrati algoritmi per riconoscere colture specifiche come il mais o la canna da zucchero: i dati sono inseriti in modelli di apprendimento automatico per produrre mappe su scala regionale. Si tratta di un sistema che abbatte i costi e tenta di colmare alcune lacune di dati presenti in Africa.

Nonostante il crescente interesse per le immagini satellitari come strumento per affrontare la sicurezza alimentare e le tante iniziative avviate, secondo Nakelembe, sono necessari maggiori investimenti per garantire che i partner in tutto il continente possano sfruttare l’osservazione geospaziale, i dati a terra e l’intelligenza artificiale per proteggere i propri raccolti. Di questo la scienziata ha parlato all’Innovation Open Day di Milano, sottolineando come l’energia e la creatività presenti in Africa debbano essere sostenute finanziariamente in modo che possano diventare agenti catalizzatori per l’innovazione. Nakelembe ha poi rivendicato la necessità di lavorare in collaborazione con soggetti diversi ed eterogenei, siano governativi, accademici o della società civile, per portare avanti insieme iniziative di ricerca. “All’interno del nostro gruppo abbiamo agronomi, informatici, esperti di telerilevamento, di machine learning, e ingegneri che lavorano sull’apprendimento automatico.Solo unendo competenze differenti possiamo affrontare le sfide globali su cui stiamo cercando di intervenire” ha detto ai presenti la direttrice di Nasa Harvest Africa. “Quello di cui abbiamo bisogno sono persone che si approcciano ai problemi in modo creativo per cercare di risolverli”.

Foto afp

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