Più sfide per i rangers ai tempi del covid

di Celine Camoin
ranger in Kenya

«I casi di bracconaggio stanno chiaramente aumentando. A causa dell’impatto economico del lockdown, sono diminuiti gli introiti per le famiglie. Per sopperire, c’è chi decide di andare a caccia di animali nei parchi, sia in cerca di cibo, che in cerca di prede da vendere». A lanciare l’allarme è stata Dontillah Saru, ranger keniana nel parco di Tsavo-Mkomazi, membro della Comunità per la conservazione della natura di Lumo, durante il webinar organizzato dall’African Wildlife Foundation (Awf) nella Giornata mondiale dei rangers il 31 luglio appena trascorso.

Emblematica è stata l’uccisione in Uganda di Rafiki, uno dei più famosi esemplari di gorilla dalla schiena argentata, capo di un gruppo di 17 membri, chiamato Nkuringo. Rafiki, 25 anni, è stato ucciso da cacciatori il 1° giugno scorso nella foresta impenetrabile di Bwindi, un luogo protetto dall’Unesco. Emblematica è stata anche la pena inflitta all’autore dell’omicidio, Felix Bymukama, arrestato, processato e condannato a 11 anni di detenzione, per essere entrato illegalmente in un’area protetta e avervi ucciso il gorilla, una piccola antilope e un cinghiale selvatico. «Siamo sollevati che giustizia sia stata fatta per Rafiki. Speriamo che questo processo serva d’esempio per chiunque compie atti criminali nei confronti della natura» ha commentato Sam Mwandha, direttore dell’Uganda Wildlife Authority.

Le sfide sono davvero tante in questi mesi per i rangers, uomini e donne incaricati di far rispettare la legge nelle aree protette. «Sono veri e propri eroi della conservazione della natura”, ha insistito durante il webinar Philip Muruthi, vicedirettore e specialista in scienze della conservazione presso l’Awf.

I rangers stanno affrontando rischi enormi nel mezzo della pandemia globale. Lottare contro bracconieri armati, contro ribelli nascosti nelle foreste, ma anche rischiare la propria vita a contatto con animali selvatici, fa parte del quotidiano dei guardiani. «All’inizio dell’anno ho perso due colleghi, uccisi da bracconieri. Stiamo ancora cercando gli assassini» ha raccontato Simon Muchatibaya, un ranger in collegamento dallo Zimbabwe. Il World Rangers Day del 1° luglio è anche dedicato alla memoria di tutti coloro rimasti uccisi o feriti facendo il proprio dovere. «Mi ricordo ancora come se fosse ieri del mio collega Museke Wajaka. Era il 2001, erano segnalati bracconieri e servivano rinforzi. Lui era in turno di riposo, stava tranquillamente con la propria famiglia. Ma sentendo l’appello, decise di prestar man forte ai colleghi. Purtroppo non tornò mai a casa. Lo ammazzarono i bracconieri».

Secondo The Thin Green Line Foundation, un’Ong australiana, sono stati 137 i rangers uccisi nell’ultimo anno sul posto di lavoro, in tutto il mondo. Le cause dei decessi comprendono attacchi di animali, lotta agli incendi, incidenti stradali e omicidi. Nella lista ci sono anche i 13 guardiani del Parco dei Virunga, dal lato congolese, uccisi da miliziani armati il 24 aprile scorso. Un vero massacro, costato la vita anche a quattro civili, che ha scioccato l’opinione e inflitto un duro colpo all’organizzazione che cura il parco e all’istituto congolese per la conservazione della natura (Iccn).

A Philip Muruthi preme sottolineare il ruolo dei rangers anche nell’economia e nella vita delle comunità circostanti. “Sono garanti e protettori delle fonti d’acqua pulita, della flora, delle piante medicinali». Oggi più che mai questo ruolo è in pericolo. I divieti di spostamenti, i lockdown imposti dai governi hanno determinato un impoverimento che si ripercuote sui redditi dei rangers. Buona parte del guadagno di questi guardiani, che spesso sono anche guide, dipendono dal turismo, annientato dalla pandemia. «Stiamo attraversando un momento difficilissimo. Temiamo di perdere il lavoro e di  di non riuscire più a mantenere i nostri cari», lamenta Dontillah, madre di famiglia e ranger dal 2011.

L’auspicio è che si ci possa risollevare presto da questa crisi. «Vedo un futuro luminoso per la conservazione della natura in Africa – rassicura Muchatibaya – perché stiamo assistendo a un riconoscimento e a un coinvolgimento sempre più importante, anche a livello africano. C’è una maggiore consapevolezza. Gli africani conoscono questo loro patrimonio e hanno capito la sua importanza». Continuare a sensibilizzare, per ottenere più sostegni da parte dei governi e dei partner allo sviluppo, è un’altra battaglia da vincere per questi soldati della natura.

(Céline Camoin)

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