Sudafrica, «L’accusatrice di Ramaphosa è in malafede»

di Enrico Casale
Busisiwe Mkwebane

L’Alta Corte del Sudafrica, la più elevata autorità giudiziaria del Paese, ha decretato che il pubblico protettore – il funzionario statale incaricato di indagare sulla corruzione – ha mentito sotto giuramento e ha agito in malafede. Il durissimo giudizio si abbatte Busisiwe Mkwebane come una mannaia e rafforza le tesi di coloro che la accusano di aver ordito una campagna di trucchi per indebolire il presidente Cyril Ramaphosa e fermare le sue politiche contro la corruzione ad alto livello.

La scorsa settimana, Mkwebane aveva dichiarato che Ramaphosa avrebbe ingannato il parlamento sui finanziamenti alla sua campagna elettorale e avrebbe, quindi, dovuto essere indagato.  Da parte loro, i sostenitori del presidente l’hanno accusata di voler discriminare il nuovo capo dello Stato perché lei è al soldo dell’ex presidente Jacob Zuma (decaduto proprio sotto l’accusa di corruzione).

L’Alta Corte però ha dato ragione ai detrattori della Mkhwebane confermando nei fatti che la funzionaria si è schierata dalla parte di Zuma all’interno del Congresso nazionale africano (Anc, il partito al potere). Ramaphosa non solo ha annunciato che citerà in giudizio la relazione del pubblico protettore ma ha anche affermando che il rapporto era «fondamentalmente e irrimediabilmente scorretto».

Mkhwebane non è nuova a censure da parte dei tribunali. L’Alta Corte l’ha già multata (62.000 euro) in una disputa tra il suo ufficio e la Reserve Bank del Sudafrica. Mkhwebane ha negato qualsiasi illecito.

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