Mauritania, il regime Aziz alla resa dei conti

di Celine Camoin

È ormai trascorsa una settimana da quando l’ex presidente della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, è trattenuto in una cella presso la sede della Sicurezza nazionale a Nouakchott. Convocato dall’unità di repressione dei crimini economici per rispondere a un interrogatorio, Aziz non è più uscito. All’ora in cui scriviamo queste righe, non è stato ancora rimesso in libertà, né formalmente imputato.

La morsa che si è stretta attorno all’ex generale arrivato al potere con un golpe nel 2008, successivamente eletto e rimasto in carica fino alle elezioni del 2019, è legata al rapporto della commissione parlamentare che per circa sei mesi ha lavorato su presunti crimini economici commessi sotto il mandato di Aziz. L’inchiesta politica è finita nelle mani della giustizia, e in particolare della Procura finanziaria, che vuole fare chiarezza sui reati elencati. Nell’indagine della commissione parlamentare figurano, tra l’altro, presunti reati di attribuzione irregolare di appalti pubblici nei settori dell’energia, delle infrastrutture, della pesca, irregolarità nella gestione del fondo nazionale dei proventi degli idrocarburi, della Società nazionale industriale e mineraria, in una concessione portuale a Nouakchott, nella gestione di patrimonio fondiario nella capitale e nella vendita di aziende pubbliche.

La vicenda ha portato il 6 agosto scorso alle dimissioni del primo ministro Ismail Ould Cheikh Sidiya, citato nel rapporto, e a un rimpasto del governo con l’esclusione degli altri ministri coinvolti. A un anno dall’entrata incarica del presidente  Mohamed Ould Gazhouani, delfino di Aziz nonché suo ex ministro della Difesa, a Nouakchott sembra suonata l’ora della resa dei conti.

«In base alle nostre informazioni, sarebbero circa 300 le persone oggetto di una procedura in questa vicenda, ma solo Aziz è in manette» precisa ad Africa Rivista l’avvocato David Rajjou, membro del collettivo di avvocati della difesa dell’ex presidente. Appena tornato in Francia da Nouakchott, il legale transalpino denuncia una violazione della Costituzione per quanto riguarda l’incarcerazione di Aziz, che definisce illegale e più simile ad un «sequestro».

Ricca di risorse naturali, la Mauritania è il secondo produttore di ferro in Africa, possiede giacimenti di oro e rame, giacimenti di idrocarburi, e acque molto pescose. Un patrimonio importante che potrebbe fare felice una popolazione di soli 4 milioni di abitanti, costretta invece alla povertà. La Mauritania è uno dei Paesi meno sviluppati al mondo, al 161° posto su 189 secondo l’indice di sviluppo umano dell’Onu. La corruzione ai vertici delle istituzioni, la cattiva gestione delle risorse e una pubblica amministrazione dispendiosa sono sicuramente, almeno in parte, cause di questa situazione. L’indagine in corso lascia ben pensare che si voglia cambiare rotta. Sul piano politico, si sta consumando la rottura tra i due ex alleati, Aziz e Ghazouani, che insieme avevano preso parte ai colpi di Stato del 2005 e del 2008.

Dal punto di vista giuridico, tuttavia, il caso è tutt’altro che semplice, almeno per quanto riguarda l’ex presidente della Repubblica. «L’opinione pubblica mauritana e internazionale devono sapere che l’articolo 93 della Costituzione è attualmente violato da parte del potere esecutivo e dal potere giudiziario. Soltanto l’Alta Corte di Giustizia è abilitata a processare un ex presidente, e solo per alto tradimento, non per questo tipo di reati, che sono coperti dall’immunità presidenziale» ha affermato l’avvocato Rajjou. In altri termini, «nel caso dell’ex presidente della Repubblica Aziz, tutta questa procedura, che si basa su presunti reati economici, è illegale, in quanto viola la Costituzione della Mauritania». Secondo il rappresentante legale, membro di un gruppo di difensori intervenuti d’urgenza a sostegno di colleghi mauritani, l’ex presidente è stato vittima di intimidazioni, nella maniera e nella forma della sua detenzione, rinchiuso da giorni in una cella di quattro metri quadrati.

Gli avvocati di Aziz sono al lavoro per un ricorso formale presso le autorità mauritane e un ricorso presso la Commissione consultiva per i diritti umani, accreditata presso le Nazioni Unite.

La procura locale, dal canto suo, ha scelto il pugno duro, forse per evitare che Aziz tentasse di lasciare il Paese indisturbato. La nuova amministrazione, con questa inchiesta, vuole aprire un nuovo capitolo, ma le maniere forti, al contrario, rischiano di gettare ombra su un tentativo di giustizia utile al bene della nazione.

(Céline Camoin)

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