Marocco, 14 migranti condannati per violenze al varco Melilla

di claudia

Il tribunale di primo grado di Nador, vicino al varco di confine tra il nord del Marocco e l’enclave spagnola di Melilla, ha condannato ieri a otto mesi di carcere 14 migranti subsahariani, per uso di violenza, disobbedienza e insulto a pubblici ufficiali. Gli imputati erano stati arrestati, assieme ad altri, durante il cosiddetto “black Friday”, il venerdì 24 giugno segnato da un inedito e vasto tentativo di circa 2.000 migranti di oltrepassare forzatamente il valico di confine con Melilla.

Quel giorno, le violenze tra migranti e forze di sicurezza hanno provocato 23 morti e 77 feriti tra i migranti e 140 feriti tra gli agenti marocchini, secondo il rapporto ufficiale.

Il 19 luglio scorso, lo stesso tribunale aveva condannato complessivamente 33 migranti a 11 mesi di reclusione ciascuno, per “ingresso irregolare nel territorio nazionale, violenze contro pubblici ufficiali, disobbedienza e assemblea armata”, sempre in merito alla vicenda del 24 giugno.

L’Associazione marocchina per i diritti umani (Amdh), sezione Nador, sottolinea che i processo a migranti e richiedenti asilo a Nador non sono una novità ma esistono da diversi anni. Sono generalmente migranti arrestati in mare oppure al valico con Melilla. Secondo Omar Naji  dell’Amdh Nador, una sessantina di migranti sono attualmente reclusi nel carcere di Nador e condannati in via definitiva, a pene che possono arrivare fino a dieci anni di detenzione.

L’Amdh di Nador ritiene molto duro il verdetto pronunciato ieri nei confronti dei 14 condannati. In un rapporto diffuso a metà luglio, il Consiglio nazionale per i diritti umani (Cndh) del Marocco, aveva ritenuto che gli scontri senza precedenti del 24 giugno scorso al valico di Melilla “mettono in discussione il partenariato marocchino-europeo e fanno emergere la necessità di un suo rilancio, sotto la forma di un partenariato reale ed egualitario, in particolare in termini di responsabilità e gestione congiunta dell’afflusso dei migranti”.

In merito agli elementi fattuali e quantificati degli eventi del 24 giugno, la missione conoscitiva ha indicato nel suo rapporto di aver raccolto le testimonianze di alcuni dei migranti feriti ricoverati in ospedale a Nador. Secondo loro, “il gran numero di persone, la loro volontà di oltrepassare la recinzione con qualsiasi mezzo e nel contempo e il mantenimento della chiusura del varco a livello dei cancelli hanno causato la caduta di molti migranti, che (.. .) sono caduti o sono stati calpestati”.

La missione ha raccolto anche testimonianze, in particolare di organizzazioni non governative, che segnalano l’ipotesi di violenze dietro la recinzione e la riluttanza delle autorità spagnole a prestare assistenza e soccorso. Riguardo ad alcuni dei migranti feriti, il Cndh ha indicato di non essere in grado di determinare l’origine delle ferite, “tra l’ipotesi di caduta dalla recinzione, il sovraffollamento e la possibilità di un ricorso sproporzionato alla forza”.

Tuttavia, le morti registrate “sono state causate da asfissia meccanica per soffocamento causato dallo spintonamento e dall’agglutinazione del gran numero di vittime in uno spazio ermeticamente chiuso, e con movimento di folla in preda al panico”.  Dalle interviste alle autorità, alle Ong e ai migranti feriti in ospedale, risulta che “tutti all’unanimità hanno sostenuto che non c’era ricorso ai proiettili” da parte marocchina. “La polizia ha usato manganelli e gas lacrimogeni”, mentre “l’autopsia resta l’unico modo per verificare con precisione le cause della morte in ogni caso”. 

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