La percezione degli italiani sulla cooperazione

di claudia
cooperazione

di Tommaso Meo

Gli italiani conoscono poco i temi della cooperazione e hanno atteggiamenti ambivalenti verso l’aiuto. Queste sono solo due delle conclusioni a cui è giunta una ricerca sulla percezione della cooperazione allo sviluppo condotta da Pierangelo Isernia, professore di Scienze politiche dell’Università di Siena, in collaborazione con l’Istituto Affari Internazionali e il Laboratorio Analisi Politiche e Sociali.

Isernia ha presentato nei giorni scorsi questa indagine presso la sede di Roma dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) durante un seminario, fruibile anche online, con l’obiettivo di comprendere meglio cosa pensano gli italiani delle politiche di aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) dell’Italia che sono rivolte in particolare all’Africa, ma anche all’America latina, al Medio oriente e ad altre aree in via di sviluppo.

Introducendo la conferenza Emilio Ciarlo, responsabile delle Relazioni esterne e della comunicazione dell’Agenzia, ha sottolineato come l’Italia sconti un’informazione carente sui temi della cooperazione e degli esteri, fatto che si evince anche dall’annuale rapporto Illuminare le periferie. “La cooperazione italiana è invece parte integrante e qualificante della politica estera del nostro Paese. Non solo aiuto, ma investimento e risposta alle sfide globali”, ha ricordato.

La conferenza di Isernia, partendo anche da altri dati e sondaggi, ha tracciato una panoramica dell’aiuto allo sviluppo nel secondo dopo guerra e il suo rapporto con l’opinione pubblica e le elite politiche. L’Italia, che attualmente impegna in Aps lo 0,28% del Reddito nazionale lordo, è sempre stata sotto la media dell’investimento di altri grandi Paesi europei come Gran Bretagna, Germania e Francia, avvicinandosi solamente a metà degli anni Ottanta in concomitanza con la legge 49 e la campagna contro la fame nel mondo, ha fatto notare il professore di Siena.

Dall’indagine, condotta online nel settembre del 2022 su un campione volontario di 3.000 persone, emerge, tra le altre cose, che l’interesse per questi temi è limitato. Gli italiani oggi raramente sanno quanto spende il loro Paese per la cooperazione, ma non sono in linea di principio contrari a investire di più, tutt’al più si dicono incerti. Investirebbero però più volentieri denaro nella cooperazione che nelle spese per la difesa. Molto alta la percezione della corruzione nei Paesi beneficiari come ostacolo allo sviluppo, oltre alle guerre e a politiche che non valorizzano gli aiuti. La parte finale dell’indagine ha quindi fornito un profilo degli italiani disposti ad aiutare i Paesi partner: istruiti, informati, di sinistra e tendenzialmente cattolici praticanti.

Alla luce di questi dati, nelle sue conclusioni Isernia ha affermato di ritenere oggi “difficile proporre la cooperazione come un prodotto unico e attraente di fronte a un’opinione pubblica distratta e frastornata da molti altri problemi, a causa dei tanti tipi di aiuto e dei diversi contesti in cui opera”. Inoltre, “il rischio è che qualsiasi campagna di comunicazione finisca per rivolgersi a chi è già favorevole”, ha proseguito. Secondo Isernia, infatti è la politica a dover cambiare per prima il proprio discorso. “Da parte sua, poi, l’accademica può contribuire con più studi per andare oltre la superficie e ragionare su cosa pensano gli italiani di questi temi”, ha concluso.

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