Il “giro di valzer” del Senegal tra Ecowas e l’Alleanza degli Stati del Sahel

di claudia

di Rocco Forcellino

L’inesorabile frattura interna all’organizzazione dell’Africa Occidentale pone il Senegal di fronte a una delicata sfida: mantenere buoni rapporti con l’Occidente e i suoi partner senza rinunciare alla collaborazione con i regimi golpisti: il tandem Sonko-Faye alla prima prova di “Realpolitik”.

Vi è un divorzio in atto nella Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), una tra le più importanti Organizzazioni sub-regionali del continente. La coalizione composta dalle tre giunte militari di Mali, Niger e Burkina Faso sembra ormai irreversibilmente decisa a imboccare una direzione strategica autonoma rispetto al resto dell’organizzazione: I tre Paesi saheliani, in aperto conflitto con l’antico patron coloniale francese, sembrano guardare a oriente per sostituirlo con nuovi partner: prevalentemente la Russia per le questioni securitarie e la Cina per quelle economiche. E quella che ad alcuni sembrava inizialmente una vuota, anche se dovuta retorica antioccidentale si è trasformata presto in un dato di fatto: Un’ulteriore prova solo pochi giorni fa, con la notizia dell’acquisizione, da parte di Guanfeng China, dei diritti di sfruttamento della più grande miniera di litio del Mali, a discapito della Australiana Leo lithium, spinta a cedere la sua quota a causa delle crescenti sfide securitarie nel sud del paese.

Il progetto Goulamina porterà allo stato maliano, partecipante per il 30 %, 165 milioni di dollari all’anno. Si tratta della più grande riserva di litio dell’Africa Occidentale, e per esaurirsi impiegherà 23 anni. Non sarà sfuggita, altresì, la violenta espulsione dei militari francesi e americani dal Niger, le cui imponenti basi, costruite nel decennio caldo della Global War on Terror, sono state progressivamente occupate da militari russi dell’Africa Corps, presenti stabilmente in tutti e tre i Paesi.

Anche l’Unione Europea sembra ormai rassegnata alle riconsiderazioni strategiche dell’alleanza saheliana, come si evince dalla decisione congiunta dei Paesi Membri di non rinnovare la missione EUTM, terminata ufficialmente questo 18 maggio.
Chi sembra invece non rassegnarsi a questa separazione nell’ECOWAS è il Paese che per sua natura aspira ad assumerne la leadership: la Nigeria, gigante demografico che da solo conta più abitanti del resto dell’Organizzazione, cui per altro spetta la presidenza di turno, nonché principale fornitore energetico della regione, ha tentato in ogni modo di contrastare questo processo, non escludendo, in ultima istanza, soluzioni militari.

Mohamed Bazoum
Mohamed Bazoum

Il momento di massima tensione fu raggiunto nell’estate 2023, a seguito della deposizione da parte della guardia presidenziale del presidente democraticamente eletto del Niger Mohamed Bazoum. La reazione del governo Nigeriano fu immediata: nella cornice di legittimazione giuridica del meccanismo ECOMOG2, Il presidente Tinubu minacciò un intervento armato qualora non fosse stato ripristinato l’ordine costituzionale, con tanto di deadline temporale.
Tuttavia, complici anche i precedenti interventi a guida nigeriana che più di un sospetto sollevarono in termini di neutralità, molti membri minori dell’Organizzazione si mostrarono titubanti nel seguire ciecamente il loro vicino dagli appetiti egemonici. Inoltre, è probabile che a far desistere la Nigeria sia stato anche il mancato appoggio da parte degli alleati franco-americani, preoccupati di vedersi aprire un altro fronte di guerra proxy con la Russia in un momento di alto stress internazionale.

Di conseguenza l’intervento non avvenne e, solo un mese dopo la crisi, i tre paesi a guida militare sottoscrissero una vera e propria alleanza difensiva. La Carta Liptako-Gourma, firmata nell’agosto 2023 da Mali, Burkina Faso e Niger, obbliga le parti al mutuo soccorso nei casi di attacco alla sovranità territoriale di uno dei tre Paesi. Il riferimento verbale è principalmente alle minacce terroristiche provenienti dal jihadismo islamico, presente in tutti e tre i Paesi, ma è chiaramente leggibile il desiderio comune di creare un deterrente atto a scongiurare potenziali interventi futuri da parte degli stati confinanti.
Curiosamente, l’articolo 11 di questa carta apre alla possibilità, “per tutti gli Stati che condividono le stesse realtà geopolitiche, politiche e socio-culturali”, di entrare a far parte di quella che è ormai conosciuta come l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES).
La proposta, esplicitamente diretta verso gli stati limitrofi, non è passata inascoltata.

Il “giro di valzer” del Senegal

Dal Gennaio 2024, momento in cui, con un comunicato congiunto dei tre capi di Stato militari fu resa pubblica la loro volontà di ritirarsi ufficialmente dall’ECOWAS, le due fazioni convivono da veri e propri separati in casa.
E in mezzo ai due blocchi si muove abilmente un altro attore più che rilevante nel contesto regionale dell’Africa occidentale: Il Senegal. Leader economico e culturale dei paesi francofoni dell’area, il Senegal è sempre stato percepito come oasi di stabilità e democrazia. Mai teatro di transizioni di potere non democratiche, il Paese più a ovest dell’Africa continentale ha sempre mantenuto buoni rapporti con l’ex potenza coloniale Francese. Tuttavia, da due anni a questa parte, qualcosa è cambiato.

Alla radice un uomo, Ousmane Sonko, e un movimento, il Pastef (Parti patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’ethique et la fraternité), alla guida del quale Sonko lanciò l’attacco alla decennale presidenza di Macky Sall. Tra il 2021 e il 2023 portò avanti un’aspra campagna contro le limitazioni alla sovranità provenienti dagli istituti finanziari internazionali, denunciando pratiche “neocoloniali” esercitate dall’esagono attraverso la manipolazione della politica monetaria, nonché pratiche di corruzione imputate al Presidente Sall, in carica dal 2012 e colpevole, a detta di Sonko, di eccessiva deferenza nei confronti dell’Esagono.

Ousmane Sonko

Nel giugno 2023 Sonko viene condannato a due anni di reclusione con l’accusa di “corruzione dei giovani”. La risposta dell’opinione pubblica fu immediata e violenta, si contarono già dalle prime manifestazioni più di 20 morti e tutto il mondo temette un’involuzione autoritaria. Poi all’improvviso un lampo di speranza. Nel febbraio 2024 la corte costituzionale dichiara illegittima la decisione presa da Sall di rinviare le elezioni, previste a marzo, e il presidente è costretto a tirasi indietro concedendo l’amnistia a Sonko. Le elezioni premiano il Pastef portando Sonko al premierato e Diomaye Faye, alleato e volto del Pastef durante la prigionia di Sonko, alla Presidenza della Repubblica.
Successivamente alle elezioni di aprile, i toni nei confronti dell’esagono si sono prevedibilmente abbassati.
I due leader, con grande coordinazione e abilità politica, hanno proceduto in tandem a effettuare un vero e proprio giro di walzer tra ECOWAS e AES.

Tra il 16 e il 17 maggio, il Presidente della repubblica Faye si è recato in visita ufficiale in Nigeria e Ghana, al fine di “consolidare la cooperazione con due paesi fratelli”. Accolto con grandi onori, ha rinvigorito vecchi partenariati e ne ha annunciati di nuovi. Per comprendere la necessità senegalese di mantenere buoni rapporti con la fu Costa d’Oro basta il dato della percentuale di petrolio non raffinato che importa dalla Nigeria: 99,9% del totale.
Nel frattempo, all’università Cheikh Anta Diop di Dakar, il primo ministro Sonko, in occasione dell’incontro con il leader de La France Insoumise Jean-Luc Mélenchon, non ha esitato a lanciare ripetute stoccate contro la Francia, in continuità con i toni accesi risalenti alla militanza politica. Denuncia l’immobilismo di Macron di fronte alla persecuzione del suo partito nell’ultimo anno, accusandolo, non infondatamente, di aver tollerato un certo grado di autoritarismo purché controbilanciato da maggiore stabilità.

Diomaye Faye

Ed è su questo trade-off tra stabilità e democrazia che Sonko porge un’esplicita mano ai vicini Saheliani: “Coloro che oggi condannano i regimi considerati militari o dittatoriali sono comunque propensi a recarsi in altri Paesi non democratici quando è nel loro interesse negoziare su petrolio e mercati”, dichiara con enfasi. Ha inoltre criticato aspramente le sanzioni della stessa ECOWAS nei confronti dell’ AES, concludendo con un solenne: “Nous ne lâcherons pas nos frères du Sahel”.
Ultimo ma non meno importante, Sonko ha ribadito il più ambizioso e controverso obiettivo della sua campagna elettorale: L’uscita dal franco CFA, considerato “incompatibile” con la piena sovranità del Paese dei baobab.

Anche su questo punto, le convergenze politiche tra il Senegal e l’AES risultano evidenti: Solo due settimane dopo l’annuncio del ritiro dall’ECOWAS, le tre giunte esplicitarono la loro intenzione di sostituire la moneta stampata in Francia con una valuta comune, che prenderà il nome di SAHEL. Benché complesso e rischioso, il processo di uscita dalla moneta potrebbe certamente avere più speranze di successo se espressione di una volontà congiunta di più paesi.

Le ragioni della realpolitik senegalese: tra bilanciamento regionale e sfide geopolitiche

Come sempre, affianco ad un’ideologica convergenza sul discorso panafricanista e anti-imperialista, vi sono anche ragioni strettamente geopolitiche a spiegare le mosse dei due giovani leader. Potremmo qui riassumerle in tre punti fondamentali: questione diplomatico-culturale, esigenze securitarie, opportunità strategiche:
In primis, il Senegal non intende rinunciare alla notevole influenza culturale esercitata nei tre paesi dell’ex francafrique, tenendo conto della mai sopita ostilità, acuità dall’esperienza post-coloniale, tra paesi francofoni e anglofoni nella regione. La notevole migrazione tra i paesi della striscia saheliana si è tradotta in una situazione di elevata interdipendenza, che vedrebbe sopraggiungere non poche complicazioni qualora l’accordo ECOWAS per la libera circolazione delle merci e delle persone venisse meno. Parallelamente, l’ingombrante figura della Nigeria e le sue velate ambizioni alla leadership regionale hanno sempre provocato una naturale esigenza di controbilanciamento da parte del resto dell’Organizzazione; Senza poter più contare sull’AES, il Senegal teme di vedere la sua capacità negoziale ridursi a vantaggio del gigante anglofono.

Terrorismo

Successivamente, un altro dossier su cui il Senegal giudica indispensabile collaborare con le giunte, specialmente col Mali, è la lotta al terrorismo: Nel desertico vicino orientale operano attualmente numerosi gruppi terroristici transnazionali. Benché la porzione Maliana limitrofa al Senegal sia per lo più sotto il controllo delle forze governative, il Senegal ha ragione di pensare che una serie di ingredienti quali l’estrema porosità dei confini saheliani, la presenza di numerosi safe havens fuori dal controllo statale, uniti al ritiro delle missioni di partenariato franco-americano in tema di counterterrorism, siano la ricetta perfetta per costituire un serio rischio di spillover terroristico all’interno del paese.

E’ proprio sul terrorismo di matrice islamica, minaccia che accomuna i paesi saheliani quanto quelli del golfo di Guinea (si pensi a Boko Haram in Nigeria), che il Senegal si sta spendendo per fare da mediatore tra i due blocchi in vista di una collaborazione comune. Ciò che si teme, qualora ciò fallisca e le tensioni crescano tra le due fazioni, è il fenomeno, in Africa molto comune, che Errol Henderson chiama “neopatrimonial balancing”: Paesi limitrofi in un conflitto indiretto potrebbero tentare di strumentalizzare i gruppi ribelli presenti nel paese nemico. Questo tit-for-tat support avrebbe l’infausta conseguenza di inserire questi gruppi terroristici in un più ampio sistema di conflitto, accrescendone le capacità e, anziché collaborare alla loro soppressione, legittimarne il ruolo.

mali

Infine, un’ultima osservazione che aiuta a comprendere il giro di valzer Senegalese è puramente geografica: I tre Paesi dell’AES hanno la comune sfortuna di essere land-locked. Non disponendo di diretti accessi al mare, restano vulnerabili a potenziali sanzioni o embargo doganali nella loro capacità di esportare e importare materiali. Vulnerabilità che è stata evidenziata proprio dal colpo di stato nigerino dell’anno scorso, che ha provocato la dura reazione del Benin. Convinto sostenitore dell’intervento militare fin dalla prima ora, il piccolo stato longilineo, che collega il Niger al golfo di Guinea, ha deciso di sospendere l’esportazione di petrolio grezzo Nigerino tramite il gasdotto di fabbricazione cinese Agadem-Seme Kpodji.

Soltanto la recentissima mediazione del Dragone, favorita dalla distensione tra Niger e Banca Mondiale, che ha annunciato il 17 maggio all’agenzia AFP10 l’imminente sblocco dei fondi verso il regime, è riuscita a far riprendere le esportazioni.
Ai policymaker Senegalesi non sarà certo sfuggita questa peculiarità geografica che sembra offrire al Senegal l’opportunità di candidarsi come direttrice per collegare l’entroterra saheliano al porto di Dakar e ai traffici marittimi internazionali. La linea ferroviaria Dakar-Bamako, che quest’anno compie cent’anni, fu nel 2015 oggetto di un accordo senegalo-Maliano di rinnovo ed estensione, dal valore complessivo di 3,5 miliardi di dollari. A vedersi affidare il progetto, guarda caso, la China Railway Construction Corporation. Sebbene il progetto fosse stato congelato da Sall in attesa di osservare i risvolti del confronto franco-maliano, tutto lascia pensare che il nuovo governo Senegalese darà il via libera a questa colossale via della seta nel deserto.

Per approfondire
https://gga.org/nigerias-crucial-role-in-navigating-the-niger-coup-crisis/
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/05/08/ue-missione-europea-in-mali-terminera-il-18-maggio_b2abf7e2-eb23-43b1-b0c6-b1b1e8e6b096.html
https://www.lindipendente.online/2024/02/15/stop-al-franco-cfa-mali-niger-e-burkina-faso-progettano-la-nuova-moneta-anticoloniale/#:~:text=Le%20giunte%20militari%20al%20potere,immediato%2C%20dall’organizzazione%20regionale.
https://mjp.univ-perp.fr/constit/sahel2023.htm
https://www.africarivista.it/quali-conseguenze-dopo-luscita-dallecowas-dellalleanza-degli-stati-del-sahel/228086/#:~:text=Essere%20cittadini%20Ecowas%20significa%2C%20come,diritto%20di%20residenza%20e%20il

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