Il fantasma di Robert Mugabe non lascia in pace lo Zimbabwe

di claudia

Il defunto leader a capo dello Zimbabwe dal 1980 al 2017 ha mantenuto la promessa di governare il Paese anche da morto. Ad oggi rimangono tutti i drammi, le povertà e il disastro economico che Mugabe ha provocato. Il suo fantasma è andato a infastidire anche la moglie, condannata da un tribunale tradizionale al pagamento di cinque mucche e due capre per aver seppellito il marito in modo inappropriato.

di Angelo Ravasi

Il vecchio Robert Mugabe lo aveva promesso: “Il mio fantasma vi perseguiterà per sempre”. E, infatti, per lo Zimbabwe non c’è pace, il disastro economico provocato dal vecchio dinosauro sembra essere insanabile e anche il suo successore Emmerson Mnangagwa – che poi era vicepresidente di Mugabe – prosegue con politiche dissennate. Ma il fantasma del vecchio leader è andato a infastidire anche la vedova, Grace, che si è vista condannare da un tribunale tradizionale a un pagamento di cinque mucche e due capre per aver seppellito il marito in un modo ritenuto inappropriato.

Questo tribunale, tuttavia, non può costringere nessuno a ottemperare alle sue decisioni, ma ha un forte significato simbolico. Ecco perché è bene che la vedova paghi ciò che deve per evitare che il fantasma del vecchio continui ad aleggiarle intorno. Grace è accusata di aver seppellito il marito, morto nel 2019 all’età di 95 anni, nel cortile della sua casa natale a Kutama, 90 chilometri dalla capitale Harare.  Il capo del tribunale, Zvimba – ai natali Stanley Mhondoro – ha stabilito che Mugabe avrebbe dovuto essere sepolto in un luogo scelto da sua madre o dalla sua famiglia natale. Zvimba è arrivato a chiedere l’esumazione del corpo e una sepoltura secondo tradizione. Il nipote del defunto leader sostiene che, per quanto riguarda la sepoltura, non c’è stato nessun conflitto all’interno della famiglia. Il cugino, Dominic Matibiri, ha voluto specificare che Mugabe “non è stato sepolto a casa di Grace, ma nella sua proprietà e lo abbiamo accettato come famiglia”. Dopo i conflitti dovuti all’eredità, e qui i soldi frutto delle ruberie erano davvero tanti oltre alle numerose proprietà immobiliari, prima tra tutte quella a Singapore – dove è morto – adesso la famiglia è alle prese con il cadavere e le disposizioni di un tribunale tradizionale.

Robert Mugabe e sua moglie Grace, nel 2015

Il fantasma di Mugabe non darà, dunque, pace allo Zimbabwe. Defenestrato con un colpo di stato militare nel 2017, morto nel 2019, per il Paese rimangono tutti i drammi, le povertà, il disastro economico provocato proprio da Mugabe che, solo alla metà degli anni Novanta predicava ricette maoiste per il suo paese, modello economico abbandonato dallo stesso Deng Xiaping. Il brutale dittatore non c’è più ma ha lasciato un monito inquietante che peserà, forse, per lunghi anni sul paese. In un’occasione di un suo compleanno, celebrato con gradi sfarzi nella capitale Harare – alla vigilia dell’anno che ha visto la sua destituzione – aveva assicurato che avrebbe governato il paese anche da cadavere: “L’opposizione – ha detto Mugabe – non governerà mai questo paese, né mentre sono in vita né dopo la mia morte. Giuro che il mio fantasma vi perseguiterà per sempre”. Nonostante la scomparsa del brutale dittatore, chi ne ha preso le redini – Mnangagwa – prosegue nel solco tracciato dal “vecchio”: mantiene lo Zimbabwe nel suo perpetuo disastro economico.

Lo strapotere di Mugabe

Eppure, in Africa, l’anziano despota aveva suscitato grandi speranze per il suo paese, l’allora Rhodesia del Sud, e per tutta l’Africa. Il periodo delle ribellioni e delle indipendenze. Studia in Sudafrica scienze politiche ed è qui che entra in contatto con le aspirazioni di libertà per i popoli africani, veicolate da idee marxiste della società. Non fa mistero della sua adesione alla lotta armata come strumento di liberazione e, infatti, nel 1964 viene arrestato e condannato a 10 anni di reclusione. Nel 1976, dopo la sua liberazione, si rifugia in Mozambico. Qui prende il comando dell’ala paramilitare dell’Unione nazionale africana dello Zimbabwe (Zanu). Anni di lotta armata e negoziati con i leader della Rhodesia del Sud portano alla proclamazione dell’indipendenza del suo paese, nel 1980, che viene battezzato Zimbabwe. Mugabe diventa primo ministro e primo presidente Canaan Banana. La figura di primo ministro viene abolita e nel 1987 inizia la carriera presidenziale dell’uomo che fino al 2017 guiderà il paese con pugno di ferro, 37 anni di indiscusso potere. Ma non solo: di ruberie, corruzione arricchimento personale. Il paese crolla sotto questo strapotere. Il collasso arriva con la riforma agraria. Le terre dei farmer bianchi vengono espropriate e regalate agli amici e dignitari del presidente.

L’economia del paese, considerato il granaio dell’Africa, è in ginocchio e non si è ancora rialzata. Dai grandi ideali di liberazione che hanno guidato le indipendenze africane – l’allora presidente dello Zimbabwe era considerato un padre nobile di questi ideali – si passa alla stagione dell’appropriazione indebita, della malversazione di denaro pubblico unicamente a beneficio della famiglia Mugabe. Un’escalation politica che in breve si è trasformata in bulimia di potere e denaro. Si discute ancora oggi dove siano finiti 15 miliardi di dollari, frutto degli introiti provenienti dai diamanti. Di certo sappiamo che il fantasma di Harare ha lasciato ai suoi eredi 10 milioni di dollari in banca e diverse proprietà nella capitale del paese. Un’enormità, in una situazione nella quale più del 73 per cento della popolazione ormai vive al di sotto della soglia di povertà. Un’eredità divisa – insieme alle dieci automobili di super lusso – tra la vedova Grace, una seconda moglie (nota per aver sempre condotto una vita lussuosa e dispendiosa) e i quattro figli.  Grace non avrà di certo difficoltà a onorare l’ammenda che le è stata inflitta da un tribunale tradizionale sulla sepoltura di suo marito ritenuta inopportuna.

In quest’ultima querelle si è infilato anche l’attuale presidente, Emmerson Mnangagwa, secondo il quale Mugabe dovrebbe riposare nella Sala Nazionale degli Eroi della “Lotta di Liberazione” ad Harare. Ma è risaputo che l’anziano leader nutriva non poco rancore nei confronti del suo ex vicepresidente e forse anche Mnangagwa ne teme il fantasma. Ma, vista la continuità di governo, viene da pensare che sia proprio l’attuale presidente il fantasma di Mugabe.

(Angelo Ravasi)

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