I ribelli ugandesi dell’Adf nella galassia dello Stato Islamico

di claudia

di Angelo Ferrari

Il terreno di battaglia privilegiato dello Stato Islamico è diventato l’Africa, dopo la perdita del suo califfato tra Iraq e Siria. L’appoggio dell’Isis a svariate formazioni jihadiste africane è orami una realtà. Anche l’Adf (Allied democratic forces) – ribelli ugandesi – che imperversano nel nord-est della Repubblica democratica del Congo – in particolare nell’Ituri – responsabile del sanguinoso attentato a una scuola in Uganda del 17 giugno, ha giurato fedeltà nel 2019 all’Isis e riceve fondamentali finanziamenti per la sua opera di semina del terrore in tutta l’area. Un rapporto delle Nazioni Unite, reso pubblico all’indomani dell’attento, analizza la ramificazione dell’Isis in Africa e il sostegno dello stesso alla galassia di gruppi affiliati. La rete dell’Adf si estende ben oltre le sue roccaforti. Gli esperti dell’Onu, infatti, rivelano i collegamenti tra il gruppo terroristico e lo Stato Islamico in Somalia, Mozambico e Sudafrica. 

Attraverso un complesso circuito di intermediari, aziende e sistemi di trasferimento di denaro, la filiale somala dell’Isis è stata in grado di inviare 400mila dollari all’Adf tra il 2019 e il 2020. In Uganda sono arrivati ​​circa 60mila dollari. Si tratta di uno dei finanziamenti diretti al gruppo, sostengono gli esperti dell’Onu, attraverso un complesso sistema finanziario che coinvolge “individui di più paesi del continente: dalla Somalia e passando dal Sudafrica, dal Kenya e dall’Uganda”. 

Il Sudafrica non è mai stato veramente colpito dagli attacchi jihadisti, tuttavia è considerato una roccaforte per il finanziamento del gruppo dello Stato Islamico e di altre organizzazioni islamiste, tanto che gli Stati Uniti, nel 2022, hanno sanzionato società e cittadini sudafricani sospettati di facilitare trasferimenti di fondi a favore dell’Isis. Ma non solo. Alcune di queste persone sono andate in Uganda a combattere nelle file dell’Adf, prima di essere arrestate dai congolesi. 

Negli ultimi tre anni, poi, ci sono stati incontri ad alto livello tra funzionari dell’Adf e dell’Isis in Mozambico. Questi incontri hanno coinvolto anche i leader militari e spirituali di questo ramo dell’Isis, che avrebbero incontrato di persona esponenti dell’Adf all’inizio dell’anno, nel Sud Kivu, nella Repubblica democratica del Congo. Altri contatti sono stati stabiliti anche nel territorio di Shabunda, alla fine del 2022, ma anche a Kigoma, in Tanzania.

Queste relazioni farebbero parte della strategia di espansione dell’Adf – presente in Congo dagli anni ’90 – un gruppo armato che ha dimostrato la sua capacità di resistere anche a importanti missioni militari, come Shuja, messa in capo dagli eserciti congolese e ugandese. Kampala ha utilizzato anche la sua aviazione in azioni contro l’Adf in territorio congolese. La pressione sul gruppo è notevole, così come la capacità dei jihadisti di muoversi costantemente, spostando i suoi campi base anche ogni giorno. Secondo il rapporto dell’Onu l’attività dell’Adf è stata indebolita dall’azione degli eserciti regolari, ma nel 2022 la sua attività è ripresa nonostante le significative risorse militari messe sul terreno dagli eserciti di Kampala e Kinshasa, l’operazione Shuja, appunto, ma il gruppo jihadista ha dimostrato la sua capacità di resistere.

Il gruppo si sta adattando, dunque, anche dal punto di vista organizzativo, con attacchi più mirati e brevi e con il coinvolgimento di meno combattenti, così da limitare la possibilità di controffensiva militare e la possibilità di essere catturati. Il gruppo inoltre ha accresciuto la sua capacità di utilizzare ordigni esplosivi improvvisati, a volte rudimentali, in particolare nelle aree urbane. Come è successo il 15 gennaio con una bomba davanti a una chiesa a Kasindi, cittadina al confine con l’Uganda, non lontana dalla scuola di Pondwe teatro dell’attento di sabato scorso.

Nonostante la pressione degli eserciti di Uganda e Congo, il reclutamento continua. L’Adf, per esempio, ha inviato i suoi combattenti in missioni di ricognizione per capire se il movimento jihadista potesse espandersi oltre il Nord Kivu e l’Ituri. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, Adf cerca di “reclutare e portare a termine attacchi a Kinshasa”, così come nelle provincie di Tshopo, Haut-Ulele (nord este del Congo) e Sud Kivu. E, contemporaneamente, prosegue la sua attività di reclutamento nelle moschee di Uvire e Kalemie. Tutto ciò grazie alla sua capacità operativa e ai finanziamenti dello Stato Islamico, che rivendica alcune delle loro azioni e li presenta come la sua “provincia dell’Africa centrale”. 

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