Centrali galleggianti, il futuro dell’energia africana?

di Marco Trovato

La nuova frontiera per produrre energia elettrica in diverse città africane viene dal mare: grandi navi attrezzate (tecnologia e proprietà turche) con potentissimi generatori sono attraccate nei porti di molte metropoli alimentando la rete locale senza la necessità di costruire centrali.

Ancorata nel porto di Tema, alla periferia di Accra, c’è un’enorme nave che non salpa mai.

I fumaioli sempre accesi e una miriade di cavi collegati a tralicci sulla terraferma lasciano intendere che non si tratta di un cargo qualsiasi ma di una “Powership”, una grande centrale elettrica galleggiante che alimenta dal mare la rete locale.

L’idea di installare generatori sulle navi per far fronte alle emergenze non è nuova ma è soltanto da una decina d’anni che questa soluzione ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio soprattutto grazie all’impulso di una società turca, la Karpowership, oggi leader indiscusso di mercato.

courtesy Karpowership

Un mercato che cresce vertiginosamente proprio nel continente africano a causa della domanda di energia e di stabilità delle linee sempre maggiore a cui la compagnia turca offre una risposta poco impegnativa, estremamente rapida e relativamente economica.

La società dichiara infatti di essere in grado di garantire la fornitura di energia in un tempo medio di circa tre mesi, necessari per allestire l’unità, raggiungere la destinazione e approntare i collegamenti alla rete. Briciole rispetto agli anni necessari alla progettazione e realizzazione di impianti tradizionali e proprio la flessibilità e la rapidità sono la chiave della fortuna di questa soluzione che non richiede espropri e costosi interventi infrastrutturali se non una piccola centralina sulla terraferma a cui collegare i cavi provenienti dalle navi.

I numeri fanno impressione: secondo le dichiarazioni della compagnia turca in un paese leader continentale nella produzione di elettricità come il Ghana, l’energia proveniente dalla centrale da 480MW ancorata al porto di Tema coprirebbe ben un quarto del fabbisogno energetico; in paesi come la Guinea Bissau o la Sierra Leone si arriverebbe addirittura all’80%.

Le capitali e le grandi città che hanno contatti in essere con la compagnia turca sono molte, da un lato all’altro del continente: Dakar, Accra, Banjul, Port Sudan, Freetown ma le commesse più importanti sono quelle in arrivo dal Marocco e dal Sudafrica, altro storico produttore di energia da fonti fossili o rinnovabili che nel 2022 vedrà l’approdo di ben tre centrali attraccate a Cape Town, Port Elizabeth e Richards bay, non lontano da Durban.

Anche la presenza del mare non sembra più essere un ostacolo tanto che la centrale galleggiante attraccata a Nacala, nel centro-nord del Mozambico raggiunge grazie alla rete locale addirittura lo Zambia, a oltre 700 km dalla costa.

Un settore strategico anche per rafforzare e ampliare le ambizioni geopolitiche di Istanbul: l’amministratore delegato di Karpowership è ormai una presenza fissa al fianco di Erdogan nelle missioni nel continente africano mentre alcuni commentatori ipotizzano un intervento diretto del governo turco negli affari di un’azienda medio-piccola in grado improvvisamente di far fronte a enormi investimenti.

Se le Powership sembrano essere una boccata di ossigeno provvidenziale per molte metropoli cresciute troppo in fretta e incapaci di far fronte a una domanda che aumenta di giorno in giorno, gli effetti sull’ambiente non sono altrettanto positivi dato che le turbine che alimentano i generatori perennemente in funzione sono spesso alimentate a olio combustibile pesante, un sottoprodotto della raffinazione del petrolio tanto economico quanto inquinante.

Per ovviare a questo problema è già in fase avanzata nella centrale di Dakar una riconversione sperimentale dei generatori, sostituendo l’olio combustibile con il gas. Una soluzione che punta a tagliare in maniera consistente le emissioni in atmosfera aumentando la sostenibilità della produzione ma che garantirebbe anche una maggiore autonomia delle centrali, che potrebbero collegarsi a gasdotti o a impianti di gassificazione anch’essi montati su grandi navi da affiancare alle Powership.

Nate come risposte provvisorie a problemi temporanei queste soluzioni sembrano invece sempre più stabili e definitive; la convenienza economica e politica nell’immediato nasconde però i rischi connessi a sub-appaltare a società estere la produzione di energia e a lungo termine la perdita di interesse verso gli investimenti nelle fonti pulite e rinnovabili.

Il futuro dell’energia sarà sul mare? Difficile a dirsi, di certo il fenomeno delle Powership ribalta le concezioni classiche del rapporto fra centri urbani e centrali e fra mare e terraferma, proponendo inoltre un modello flessibile ed estremamente dinamico da osservare con grande attenzione nel pensare alle città del futuro.

(Federico Monica – Taxibrousse)

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