Centrafrica: coalizione ribelle Cpc, in corso inchiesta su coinvolgimento Bozizé e opposizione

di Valentina Milani
Repubblica centrafricana

Un’indagine giudiziaria è in corso per far luce sulla creazione della ribellione della Coalizione dei Patrioti per la Repubblica Centrafricana (Cpc). Come precisa Jeune Afrique dopo aver avuto accesso al dossier, l’inchiesta, che inizialmente era concentrata sull’ex presidente François Bozizé, sta cercando ora di stabilire il legame tra l’ex presidente e gli oppositori Anicet-Georges Dologuélé, Martin Ziguélé e Karim Meckassoua.

Jeune Afrique fa sapere che il giudice istruttore speciale dell’Alta Corte di Bangui, Narcisse Ted Issa Bedengba, sta lavorando per chiarire nello specifico quale ruolo abbia avuto l’opposizione nella creazione del Cpc, che ha riunito i principali gruppi ribelli armati centrafricani dal dicembre 2020. Su richiesta del procuratore Laurent Lengande, il magistrato ha effettivamente aperto un’inchiesta giudiziaria l’8 gennaio 2021 sui legami tra il Cpc e alcuni membri dell’opposizione. Secondo Corbeau News, l’indagine era inizialmente rivolta all’ex ministro Thierry Savonarole Maleyombo, un alto membro del Kwa Na Kwa (il partito di François Bozizé) che è stato arrestato il 31 dicembre 2020 e successivamente messo in prigione. I documenti in possesso di Jeune Afrique, testimonierebbero che Maleyombo era sospettato di complottare contro lo Stato ed era sospettato di associazione a delinquere, ribellione, cospirazione, partecipazione o appartenenza a movimenti di disordine o ribellione e distruzione volontaria di beni.

Stando alla ricostruzione di Jeune Afrique, il procuratore Lengande ha detto che i documenti sequestrati dalla polizia giudiziaria durante la perquisizione dell’hotel La Ouangolaise, di proprietà dell’ex ministro Maleyombo, “mostrano l’effettiva partecipazione criminale di Maleyombo” alle attività del Cpc. L’8 gennaio, in una dichiarazione di apertura al giudice istruttore, il procuratore ha quindi detto di avere abbastanza prove contro l’ex ministro per sporgere denuncia, soprattutto sulla base di conversazioni avvenute su WhatsApp che testimonierebbero come l’ex ministro avesse ricevuto aiuto da Jean-Eudes Teya, consigliere di François Bozizé, e Abakar Sabone, stretto collaboratore del leader ribelle Noureddine Adam. Il 20 gennaio, in una domanda supplementare al giudice, il procuratore ha aggiunto alla sua lista di sospettati – che comprende 21 persone – i figli dell’ex presidente, Jean-Francis, Rodrigue e Papy, così come suo nipote Maxime Mokom, leader anti-balaka, e il generale Sylvain Beorofei.

In un documento consultato da Jeune Afrique, il giudice spiega che François Bozizé sarebbe stato colpevole di cospirazione insieme alle persone menzionate. “Nel novembre 2020, convinto della possibilità dell’invalidazione della sua candidatura alle elezioni del 27 dicembre 2020, Bozizé ha lasciato Bangui per l’interno del Paese per firmare con alcuni capi di gruppi armati la creazione del Cpc il cui scopo non è altro – ha scritto il giudice nel dossier – che destabilizzare le istituzioni repubblicane attraverso un movimento insurrezionale armato”. Il magistrato aggiunge, facendo eco alle argomentazioni del procuratore: “Bisogna notare che accanto a François Bozizé sul campo non c’erano solo i suoi figli e nipoti, ma anche alcuni membri del partito Knk e dei gruppi armati, come Jean-Eudes Teya e altri, il tutto con la complicità dei loro mentori, tra cui Abakar Sabone e Serge Simon Bozanga, rispettivamente responsabile della comunicazione e portavoce del Cpc”.

“Non ci sono dubbi sulla responsabilità penale di François Bozizé e di altri”, conclude Narcisse Ted Issa Bedengba che – sottolinea Jeune Afrique – ha recentemente accettato di espandere ulteriormente le sue indagini ad altri partiti di opposizione oltre al Knk. Il 2 aprile ha infatti chiesto al presidente dell’Assemblea nazionale, Laurent Ngon-Baba, di revocare l’immunità parlamentare di Karim Abdoul Meckassoua, Anicet-Georges Dologuélé, Martin Ziguélé e Simplice Aurélien Zingas.

L’8 aprile, il ministro della Giustizia ad interim, Arnaud Djoubaye Abazene, fratello minore dell’ex presidente Michel Djotodia, ha chiesto all’assemblea di permettere ai quattro oppositori di essere ascoltati nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria.

Meckassoua, Dologuélé, Ziguélé e Zingas hanno il divieto di lasciare il Paese su decisione del procuratore Laurent Lengande dal 18 gennaio.  Secondo le informazioni raccolte da Jeune Afrique, nessuno di loro è stato ancora ascoltato dai tribunali e tutti denunciano accuse politiche volte, nelle parole di Martin Ziguélé, a “liquidare ogni opposizione”.

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